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Una proteina potrebbe prevenire e sconfiggere il tumore al seno

Una proteina potrebbe prevenire e sconfiggere il tumore al seno

La scoperta di un gruppo di ricercatori statunitensi apre la strada a nuove cure e a una possibile prevenzione

Il nostro sistema immunitario è in grado di distruggere le cellule tumorali.
Ma il meccanismo di segnalazione, innato nel nostro organismo, che attiva il processo di eliminazione del cancro è normalmente disattivato.
Esiste però una proteina che, nel caso del tumore al seno, è in grado di liberare dallo stato di quiescenza i sensori che innescano la risposta immunitaria nei confronti delle cellule già malate o che lo stanno per diventare.
La scoperta, che potrebbe risultare fondamentale nella prospettiva del perfezionamento di nuove cure e addirittura della prevenzione del cancro al seno, arriva dai risultati a cui è arrivato un gruppo di ricercatori statunitensi attraverso una serie di esperimenti sui topi.
Ne consegue infatti che la ricerca può concentrarsi sullo sviluppo di trattamenti e cure incentrati sugli effetti di questa proteina coinvolta nel processo di risposta dell’organismo alla formazione del cancro.

Il sensore “cGas”: la “sentinella” verso i tumori

Il titolo dello studio dell’Università del North Carolina, coordinato da Ming-Guk Cho e Rashmi Kumar e pubblicato ora in un articolo sulla rivista Nature, è estremamente tecnico (“Mre11 libera cGas dal sequestro dei nucleosomi durante la tumorigenesi”).
Così come è tecnica la conclusione: “I nostri risultati sostengono che il rilevamento immunitario innato del danno al dna è un’importante barriera alla trasformazione oncogenica delle preneoplasie carenti di p53”.
Per provare a capirla, vanno chiariti i 2 elementi-chiave della scoperta.
Il primo è il sensore “cGas”, che è in grado di inviare un segnale al sistema immunitario di fronte alla crescita del cancro attraverso la divisione delle cellule tumorali.
Nel processo, il dna di queste cellule infatti si danneggia per lo stress di replicazione indotto dall’oncogene, facendole percepire all’organismo come minacce e attivando quindi le difese per eliminare le cellule prima che diventino tumori.

La proteina “Mre11”: la chiave per attivare la risposta immunitaria

Già nel 2020, però, si era scoperto che il sensore cGas, pur presente, di norma non è attivo, inibito dalla cromatina nucleare.
La risposta immunitaria che coinvolge in massa le cellule di difesa passa infatti attraverso un importante processo infiammatorio, che l’organismo cerca quindi di attivare solo nei casi strettamente necessari.
“Il modo in cui il cGas viene attivato dal self-DNA associato alla cromatina è attualmente sconosciuto”, spiega lo studio.
La nuova scoperta dei ricercatori americani si lega così al ruolo essenziale giocato nel processo dal secondo elemento: la proteina “Mre11”.

proteina
Interagendo con il sensore cGas, la proteina innesca infatti una particolare forma di morte del tumore, la “necroptosi”. E questa, a differenza di altre tipologie di morte cellulare, genera anche quella risposta infiammatoria in grado di attivare l’intero sistema immunitario per sopprimere il tumore già formato o in formazione.

Le possibili conseguenze nella cura del tumore al seno

“L’interruzione della funzione di Mre11 – spiegano gli studiosi – ha provocato tolleranza al danno del dna, soppressione immunitaria e tumorigenesi accelerata”.
“Il nostro studio – prosegue la discussione – ha anche evidenziato il significato della necroptosi dipendente da Zbp1 (un gene coinvolto nell’inizio e la progressione del tumore, ndr) come effettore della soppressione del tumore mediata da Mre11 – cGas”.
“Questi risultati – afferma l’abstract dello studio – stabiliscono che Mre11 è un mediatore cruciale che collega il danno al dna e l’attivazione di cGas, con conseguente soppressione del tumore attraverso la necroptosi dipendente da Zbp1”. “Sulla base di queste osservazioni – si conclude – è plausibile che queste interruzioni specifiche del cancro possano influenzare le risposte alla terapia e all’immunoterapia dannose per il dna, giustificando un’ulteriore esplorazione delle loro implicazioni cliniche”.

Alberto Minazzi

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Tag:  ricerca, tumori