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SPORT COME STRUMENTO DI CRESCITA DELLA PERSONA

SPORT COME STRUMENTO DI CRESCITA DELLA PERSONA


Ne è convinto Monsignor Beniamino Pizziol, vescovo ausiliare di Venezia: “Lo sport aiuta a stabilire relazioni fraterne e solidali tra tutti gli sportivi, di tutte le condizioni economiche, sociali e culturali”
“Lo sport come via singolare alla crescita della persona”. Monsignor Beniamino Pizziol, vescovo ausiliare di Venezia, ne è convinto. Non a caso il Patriarcato dispone di uno strumento apposito, l’Ufficio per la Pastorale dello Sport e del Tempo libero, che promuove la cultura e i valori dello sport. “È un ufficio decisivo, insieme agli altri che si occupano dei giovani, perché aiuta i ragazzi nella crescita e nella maturazione della loro persona”, spiega il vescovo. “Lo sport aiuta a stabilire relazioni fraterne e solidali tra tutti gli sportivi, di tutte le condizioni economiche, sociali e culturali. Offre importanti occasioni di incontro. Lo vediamo – aggiunge Monsignor Pizziol – nei patronati, dove ci capita di sperimentare la dimensione ecumenica ed interreligiosa. Accade infatti che grazie alle manifestazioni sportive si incontrino confessioni cristiane e religioni diverse. Questo rappresenta un grande fattore di fraternità, di socializzazione, di solidarietà”. Sul piano educativo, lo sport “può aiutare la persona a fortificare sia la dimensione fisica che quella spirituale, dimensioni – osserva il vescovo ausiliare – che sono legate tra loro. Elementi quali la costanza, la perseveranza e la rinuncia (nel senso di non esagerare, ad esempio, con il cibo) aiutano la persona nell’autogoverno di se stessa”. Altro elemento imprescindibile nella pratica sportiva è l’apertura all’altro: “L’altro può essere provvisoriamente avversario, ma non è mai nemico”. Anche la dimensione dello sport può così rientrare nella visione cristiana della vita, “perché – è il pensiero di Monsignor Pizziol – l’uomo compiuto si realizza in tutte le sue dimensioni. E in questo senso anche lo sport può rappresentare una via singolare di crescita”. Questo, però, può verificarsi solo se si pone una particolare attenzione nel non rendere lo sport una dimensione assoluta, fine a se stessa. “Il rischio c’è – riconosce lo stesso vescovo – si può rischiare, cioè, che lo sport diventi un “idolo” e che tutte le risorse, umane come economiche, siano asservite al raggiungimento dei risultati. Un rischio che rappresenta una preoccupazione costante per l’Ufficio per la Pastorale dello Sport e del Tempo Libero e che viene considerato con attenzione”. Ecco perché gli eventi di sport promossi dal Patriarcato puntano alla socializzazione, all’amicizia, mai alla ricerca del risultato in sé.
 
Le iniziative dell’ufficio per la pastorale dello sport e del tempo libero, diretto da Don Fabio Mattiuzzi, si realizzano all’interno dei patronati, ma anche, laddove sia possibile, attraverso il contatto con le società sportive che operano nel territorio. E’ il caso dell’accordo siglato nei mesi scorsi dal Patriarcato con la Reyer per portare ogni domenica al palasport Taliercio dei gruppi parrocchiali a tifare per le due squadre di basket, di Legadue maschile e di A1 femminile. Un accordo che si approfondirà con l’avvio del nuovo campionato a settembre, non solo coinvolgendo i gruppi di tifosi provenienti dalle parrocchie, ma anche sviluppando insieme dei progetti di formazione e animazione e in questo senso l’Ufficio del Patriarcato si metterà a disposizione dei tecnici della società sportiva per elaborare dei progetti formativi comuni. In questi mesi l’Ufficio sta prendendo contatti anche con altre società sportive e con le associazioni di ispirazione cristiana per allargare il progetto anche ad altre realtà e incrementare così le ipotesi di collaborazione. “L’accordo con la Reyer è stato siglato qualche tempo, al Centro Cardinale Urbani di Zelarino – ricorda Monsignor Pizziol – e in quell’occasione insieme al presidente dell’Umana Luigi Brugnaro erano presenti anche i giocatori delle due squadre. Allora sottolineai come la presenza di questi giocatori, provenienti da ogni parte del mondo, stava realizzando nel concreto un incontro di popoli, tra etnie diverse. I giocatori e le giocatrici formavano e formano una comunità internazionale, realizzata attraverso lo sport. Esperienze lontane, culture diverse che formano una nuova comunità, e questo grazie proprio alla dimensione sportiva”.
DI SERENA SPINAZZI LUCCHESI
 

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Tag:  salute, sport, Venezia