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Sfide mortali

Sfide mortali

Dal dramma di Roseto degli Abruzzi alla battaglia di Altroconsumo: il lato oscuro delle challenge online e il lavoro di chi prova a fermarle

Un computer acceso, una maschera antigas ancora indossata e un ragazzo di 27 anni trovato senza vita nella sua camera.
È questa la scena che si sono trovati davanti i genitori di un giovane di Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, nella tarda serata di ieri. Le cause della morte sono ancora al vaglio degli inquirenti, ma una delle ipotesi più forti è che il gesto possa essere legato a una delle numerose challenge online che da anni circolano sui social network e che troppo spesso si trasformano in trappole mortali.
Sfide nate come gioco, ma che finiscono per alimentare comportamenti rischiosi e, nei casi più estremi, fatali.
Come quelli verificatisi solo il giorno prima, il 24 agosto, sul Lago di Garda dove un gruppo di ragazzi poco più che ventenni ha improvvisato una sfida estrema, simulando di lanciarsi sotto le auto in corsa.
Una “bravata” degenerata, poco dopo le 2.30, in un grave incidente che ha lasciato tutti sotto shock.

Altroconsumo all’attacco di TikTok

Due tragedie che riportano alla ribalta la battaglia legale aperta da Altroconsumo, l’associazione italiana che da mesi chiede a TikTok maggiore responsabilità.
La scintilla che ha avviato l’apertura di una petizione che ha già superato le 44 mila firme è stata la cosiddetta “cicatrice francese”, una sfida che spinge gli adolescenti a stringersi la pelle delle guance fino a procurarsi lividi vicino agli zigomi, per simulare i segni di una colluttazione.


Un gesto banale, ma che in diversi casi ha provocato conseguenze permanenti e danni estetici.
A marzo 2024, l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha multato TikTok con dieci milioni di euro proprio per non aver impedito la diffusione di questi contenuti.
Ma, secondo Altroconsumo e le associazioni gemelle del network Euroconsumers, quella sanzione non è bastata.
L’organizzazione ha inviato così una lettera al colosso cinese evidenziando come le misure di sicurezza promesse siano insufficienti e chiedendo non solo un sistema di controlli realmente efficace, ma anche un risarcimento per le vittime. Chi ha subito danni fisici o psicologici a causa della challenge, secondo Altroconsumo, deve ricevere un indennizzo.
Non solo: l’associazione pretende che entro tre mesi TikTok dimostri di avere adottato strumenti concreti per proteggere minori e utenti vulnerabili, trasformando l’app in un luogo realmente sicuro.

La lunga scia delle challenge

La lista nera delle Challange negli anni si è allungata in modo inquietante.
La memoria corre alla Blue Whale, la sfida dei 50 giorni che avrebbe spinto al suicidio decine di adolescenti in tutto il mondo. Oppure alla più recente Sunburn Challenge, che ha trasformato in trend virale l’abbronzatura estrema dei giovani dell’estate 2025, con ore di esposizione al sole senza protezione, al solo scopo di mostrare sui social i segni netti delle bruciature. L’hashtag legato a questa sfida ha superato i 200 milioni di visualizzazioni, tra la disperazione dei dermatologi che da anni avvertono sui rischi di melanoma precoce.

Non mancano sfide che rasentano l’assurdo: la Fire Challenge, in cui i ragazzi si cospargono di liquidi infiammabili e si danno fuoco; il Balconing, che spinge a lanciarsi da balconi in piscina; il Knockout Challenge, aggressioni improvvise a sconosciuti per il gusto di filmare la scena; o ancora la Sex Roulette, arrivata persino nei faldoni della Procura di Brescia, che consiste in rapporti sessuali con sconosciuti e non protetti con lo scopo di “scoprire chi resta incinta”.
Tutto questo accade spesso sotto gli occhi ignari dei genitori, mentre la viralità dei video garantisce a chi partecipa visibilità e notorietà tra i coetanei.

Fondazione Carolina, dalla memoria di una vittima alla prevenzione

A tentare di arginare il fenomeno c’è la Fondazione Carolina, nata in memoria di Carolina Picchio, la prima vittima riconosciuta di cyberbullismo in Italia. Aveva solo 14 anni quando, nel 2013, un video girato a una festa in cui la ragazza era priva di sensi è stato diffuso in rete, scatenando insulti e umiliazioni. Carolina non ha retto quel peso e si è tolta la vita, lasciando scritto: “Le parole fanno più male delle botte”. Da quella tragedia, il padre Paolo ha scelto di impegnarsi affinché nessun’altra famiglia vivesse un dramma simile.
La Fondazione, guidata oggi dall’educatore Ivano Zoppi, lavora su più fronti: prevenzione, supporto alle vittime, formazione di genitori e insegnanti. E lotta contro le challenge, che sono, spiegano gli esperti, dei seri campanelli d’allarme che raccontano la ricerca di visibilità, di appartenenza, di identità, da parte dei giovani, in un mondo adulto che troppo spesso non ascolta.

Tra regole e responsabilità

TikTok, dopo le polemiche e i casi più drammatici, già nel 2021 aveva introdotto nuove misure di controllo: algoritmi in grado di segnalare automaticamente quando un hashtag cresce in modo sospetto, verifiche manuali sui contenuti, cancellazione non solo delle challenge pericolose ma anche delle cosiddette “bufala”, che diffondono ansia e disinformazione.
Eppure, i numeri restano allarmanti: secondo le ricerche interne, un giovane su cinque ha partecipato ad almeno una challenge, uno su cinquanta a una pericolosa, uno su trecento a una potenzialmente letale.
Il punto è che la viralità funziona da moltiplicatore. Quando un tempo le bravate finivano nel chiuso di un gruppo di amici, oggi vengono filmate, condivise e rilanciate all’infinito. L’adrenalina diventa contenuto, e il contenuto diventa identità. È questo meccanismo a rendere le challenge tanto attraenti quanto rischiose.

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Tag:  challenge

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