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Pippo è in sovrappeso. Il comune lo mette a dieta

Pippo è in sovrappeso. Il comune lo mette a dieta

La grande famiglia di Pippo si mobilita per la sua salute.
A partire dal Comune che lo ha “adottato”. Il post su Facebook che sta facendo il giro del mondo

Pippo è quel che si dice un “cane di quartiere“.
Gironzola per Avellino senza problemi. Ogni casa è la sua famiglia. E ogni famiglia si premura di accudirlo e di dargli da mangiare.
Il problema è che Pippo non ha limiti e mangia di qua, mangia di là, è ora in sovrappeso.
Tanto da esser incorso nella sua prima disavventura sanitaria.
Che ha fatto intervenire anche il comune con un invito ai cittadini a non dargli più da mangiare.

Il post su Facebook a tutela della salute di Pippo

In un post su Facebook che sta facendo il giro non solo di Avellino ma del mondo, l’amministrazione informa sulla sua disavventura.
“Accortesi di un anomalo gonfiore dell’animale, che dallo scorso marzo, per volontà del Consiglio comunale, è il primo “cane libero accudito della città”, le volontarie dell’associazione Anapa Onlus Avellino, che lo assistono quotidianamente, hanno dovuto portarlo in clinica per una serie di accertamenti”.
Proprio dalle analisi (ecografia ed emocromo completo, si precisa nel post del comune campano) hanno rilevato che Pippo ha un problema: mangia troppo.
Da qui, il monito dei veterinari, che hanno ribadito “l’assoluta necessità di evitare di somministrargli cibo ulteriore rispetto a quello che gli viene assicurato ogni giorno”.
“Al goloso cucciolone – conclude il post – non serve altro che il vostro amore”.

pippo mascotte di avellino

I cani di quartiere

Pippo, diventato la mascotte del comune di Avellino, non è il primo cane di quartiere d’Italia.
E anche se l’avviso del comune ai suoi cittadini può far sorridere, rientra nella normale informazione di una comunità che condivide un “impegno”: quello di assicurare a questo animale il mantenimento del suo stile di vita indipendente e nel contempo cure e attenzioni“.
Insomma, una sorta di adozione a distanza.

La storia di Henry

Il “cane di quartiere” probabilmente più famoso è stato Henry, un meticcio di pastore maremmano di Bari, che era stato adottato in pratica da tutto il capoluogo pugliese.
Pur non avendo una sua casa, riusciva infatti a richiamare l’attenzione di tutti coloro che lo incontravano, raccogliendo coccole e giocando con i bambini.
Anche nel suo caso, tuttavia, preso è insorto un problema: a 9 anni, Henry, per il troppo cibo ricevuto, era arrivato a pesare 75 kg, diventando in sostanza obeso.
Il gigantesco e buonissimo cane bianco barese era seguito da una veterinaria. E l’affetto nei suoi confronti si era concretamente manifestato con la raccolta di quasi 1.000 euro per la sterilizzazione e la registrazione con microchip all’Asl.
A Heny era stato anche dedicato un gruppo Facebook, sul quale ogni giorno erano in molti a caricare e condividere foto e video ripresi in compagnia del cane, e perfino un murales.
Sulla facciata di una casa popolare, il pastore maremmano è stato disegnato a bordo di una barca, in compagnia di un pescatore.

Dal 10 luglio 2022, Henry purtroppo non c’è più. “Stasera Henry mentre tornava a casa ha avuto un malore ed ha deciso di addormentarsi per sempre…”, ha scritto in quell’occasione sulla pagina dedicata al cane Katya Colagiacono, che se ne era assunta la responsabilità, arrivando a fargli riconoscere lo “status” di cane di quartiere.

Cani di quartiere: la normativa

Dopo anni in cui del fenomeno del randagismo si sono occupate principalmente le Asl e le campagne di sensibilizzazione, dopo la legge quadro del 1991 che ha indicato i principi fondamentali sulla prevenzione del randagismo (poi declinati in maniera diversa a seconda dei vari regolamenti regionali), dal 2001 la figura del cane di quartiere è stata ufficialmente riconosciuta da una circolare del Ministero della Sanità.
Per ottenere il riconoscimento della qualifica, c’è un iter standard da seguire.
Si parte dalla dichiarazione di un canile sanitario che attesta che il cane sia clinicamente sano.
L’animale va quindi vaccinato e sterilizzato sempre nella stessa struttura di riferimento e poi iscritto all’anagrafe canina, applicando anche il microchip contenente le indicazioni sulla persona responsabile del cane. Le spese, in ogni caso, sono a carico del servizio sanitario.
I componenti della comunità di riferimento del cane, rappresentati dal volontario responsabile, si impegneranno a questo punto ad assicurare sempre all’animale cibo, acqua e riparo quando le condizioni atmosferiche sono più disagevoli, permettendogli di mantenersi in salute. È consigliabile dotare l’animale di un collare (un’iniziativa di questo genere è stata presa ad esempio a Trapani, addirittura a livello comunale, già nel 2016) per distinguerlo dai randagi.

pippo mascotte di avellino

I requisiti del cane di quartiere

Pur restando a tutti gli effetti un cane libero, e quindi potenzialmente un randagio, chi trova un cane di quartiere non deve infatti riportarlo in un canile.
L’assunzione di responsabilità da parte del volontario, infatti, serve a far sì che l’animale possa continuare a vivere in libertà, perché in tal modo è garantita sia la salute del cane, che la sicurezza della popolazione.
Per ottenere lo status, l’animale deve infatti presentare alcuni requisiti.
Non deve cioè essere un cane aggressivo, non deve aver subito segnalazioni come autore di molestie, non deve appartenere a razze ritenute potenzialmente pericolose.
Inoltre, deve essere compatibile con il quartiere in cui è inserito, essendo in grado di muoversi nel contesto ambientale senza creare particolari disagi, per esempio essendo in grado di attraversare la strada senza ostacolare la circolazione.
Il riconoscimento dei cani di quartiere, spiegano gli esperti, non va visto come una soluzione generale al problema del randagismo, che fino al 1991 in Italia era gestito con la soppressione degli animali, ma come una buona pratica per alcuni casi particolari.

I Comuni che hanno dichiarato di avere cani liberi controllati sono nel 42,5% dei casi al Sud e Isole (Puglia, Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia), nell’8% al Centro (Lazio, Umbria, Toscana) e in 49,42% dei casi al Nord Italia (Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto).
Sono stati dichiarati complessivamente 1.475 cani liberi controllati, con 358 cittadini specificamente impegnati.

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Tag:  animali