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Parkinson: scoperto un punto debole della malattia

Parkinson: scoperto un punto debole della malattia

Uno studio dei ricercatori dell’Università di Padova individua in un difetto di comunicazione tra organelli delle cellule un possibile obiettivo per futuri farmaci mirati

Trovare una risposta alle difficoltà di comunicazione tra cellule potrebbe essere la strada attraverso cui riuscire a sviluppare nuovi farmaci specifici per malattie come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer. L’interessante prospettiva che si apre per la ricerca in campo medico e farmaceutico si lega all’importante risultato raggiunto da un gruppo di ricercatori dei dipartimenti di Scienze biomediche e Scienze del farmaco dell’Università di Padova, riportato in uno studio pubblicato su Nature Communications.
Anche le malattie, è l’idea di partenza, hanno un loro specifico punto debole. Nel caso di quelle neurodegenerative, gli studiosi dell’ateneo padovano hanno osservato, utilizzando una nuova metodologia ampiamente riconosciuta a livello internazionale, come la morte delle cellule neuronali possa derivare dall’interferenza di una proteina, chiamata alfa-sinucleina, nella comunicazione tra mitocondri e lisosomi, organelli delle cellule il cui scambio di informazione è fondamentale per la sopravvivenza della stessa.
I difetti in questa comunicazione, che assicura il corretto svolgimento e coordinamento di tutte le funzioni dei singoli compartimenti cellulari, la cui suddivisione ha consentito nel processo evolutivo alle cellule eucariotiche di adattarsi rapidamente alle condizioni ambientali, contribuiscono in altri termini allo sviluppo delle patologie dal grande impatto sociale. I ricercatori, allora, si stanno concentrando sulla comprensione del linguaggio utilizzato dalle cellule per scambiarsi informazioni vitali.

“Riuscire a decifrare questo linguaggio – spiega Tito Calì, del dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova – permetterà non solo di far luce sui meccanismi molecolari alla base del funzionamento cellulare, ma anche di capire quando questa comunicazione viene meno, e perché, nelle diverse condizioni patologiche, evidenziando così il tallone d’Achille di una specifica malattia ed aprendo la strada allo sviluppo di nuovi farmaci mirati”.
Come spiega Marisa Brini, del dipartimento di Scienze del farmaco, la perdita della funzione di trasferimento dei segnali tra le cellule “risulta in un indebolimento dei meccanismi protettivi che le nostre cellule possiedono per eliminare proteine e organelli non funzionanti, con conseguente danno cellulare e sviluppo di malattie neurodegenerative”. Avere a disposizione strumenti per comprendere i meccanismi molecolari, dunque, può anche tradursi nell’identificazione di nuovi bersagli farmacologici finora non esplorati.

Alberto Minazzi

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Tag:  cervello, ricerca