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Paralisi del sonno: un nuovo sintomo legato alla variante Omicron?

Paralisi del sonno: un nuovo sintomo legato alla variante Omicron?

Non solo mal di gola, raffreddore e febbre leggera.
Tra i possibili sintomi di un’infezione di Covid causata dalla variante Omicron, arriva notizia dal Regno Unito che ci sarebbe anche la paralisi del sonno, definita dal Sistema sanitario nazionale come lo stato in cui “non puoi muoverti o parlare mentre ti svegli o ti addormenti“, avendo l’impressione di essere sveglio ma bloccato nei movimenti.
In altri termini, “il corpo rimane nella fase di sonno profondo, mentre la mente è già in semi veglia”, come sintetizza la situazione lo psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale Duccio Baroni, da anni studioso dei disturbi della sfera dell’ansia sociale e punto di riferimento dei disturbi della personalità presso l’istituto Ipsico di Firenze.

Omicron e la paralisi del sonno

In realtà, spiega Baroni, il condizionale resta d’obbligo, riguardo al collegamento tra l’infezione da variante Omicron e questo sintomo.
“Io – riprende Baroni – ci andrei abbastanza cauto: ci vuole tempo, prima di scoprire nuovi collegamenti reali e soprattutto prima che questi siano testati scientificamente. Tant’è che mancano ancora dati in tal senso nella letteratura scientifica, potendo fare affidamento solo su quanto emerso su base osservativa”.

paralisi del sonno
Duccio Baroni

“Piuttosto – prosegue lo psicologo – non mi sorprenderei se questo aumento di paralisi notturne che è stato registrato in Inghilterra sia conseguenza dell’aumento del carico di stress legato alla pandemia. Probabilmente ci potrebbe essere cioè una relazione spuria, in cui una terza variabile, appunto lo stress, collega due eventi altrimenti separati”.

La paralisi del sonno: un fenomeno comune

Lo psicoterapeuta fiorentino definisce del resto “assolutamente comune” questo tipo di esperienza, che, non fosse per il fatto che crea una forte paura, “non è un fenomeno preoccupante, di per sé. E non a caso – rileva -a livello di diagnosi, l’approfondimento consegue al presentarsi di almeno 2 episodi in 6 mesi che diano disagio”.
Da uno studio di prevalenza del 2011, su circa 36 mila partecipanti è emerso che circa il 7,6% della popolazione generale ha sperimentato almeno una volta nella vita un episodio di paralisi notturna.
I più alti tassi sono stati rilevati in pazienti psichiatrici (31,9%) con una frequenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini. E in un altro studio del 2010 si è riscontrato come nel 12,8% dei casi la ricorrenza di episodi di paralisi era associata ad attacchi di panico.

Cos’è tecnicamente la paralisi del sonno

Una paralisi del sonno, precisa Baroni, è in sostanza “un disallineamento tra due sistemi. Succede cioè che la mente si sveglia, ma non disattiva tutti i freni che, ad esempio, fanno sì che uno, durante la notte, ruzzoli a terra dal letto. E anche se il corpo rimane bloccato, non ricevendo i segnali per la disattivazione per un passaggio troppo repentino dalla fase di sonno profondo a quella di veglia, saltando la fase di sonno leggero, non è così semplice, per la mente, pur sveglia, cogliere la consapevolezza di questa discrepanza col corpo, che non si è riattivato”.

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Presenze nella stanza, oppressione al petto

Ad esempio, la respirazione può restare quella che caratterizza il sonno, dando l’impressione a chi è colpito dalla paralisi che ci sia qualcuno che gli preme il petto. E un’altra esperienza comune è quella di percepire altre presenze nella stanza.
“La paralisi del sonno – aggiunge Baroni – è una condizione fisiologica alla quale una persona dà dei significati che si legano anche a questioni cerebrali, all’alterazione del sistema uditivo e visivo ma anche alla dimensione culturale. Ad esempio, in passato, gli episodi potevano essere collegati a un demone, ad alieni o ad antenati tornati dal passato”.

Il ruolo della paura e la durata della paralisi

Le allucinazioni, quantificano gli studi in materia, si presentano in forma molto spaventosa in circa il 30% dei casi. E, comunque, le intense emozioni di paura e terrore sono associate alla paralisi del sonno nel 90% dei casi. “In un sistema neuronale attivo – motiva lo psicologo – la capacità di spaventarsi si riattiva velocemente ed è per questo che si tende ad attribuire le allucinazioni a qualcosa di minaccioso. Non potendosi svegliare, la persona rischia di entrare in un percorso panicoso che può durare anche tanto”.
Una manifestazione di questo fenomeno, infatti, “difficilmente dura meno di un periodo tra 3 e 5 minuti e può spingersi anche oltre. Più la persona si spaventa, più c’è il rischio che la sensazione perduri.
In realtà si può stare tranquilli: prima o poi finisce, senza che ne derivino problematiche fisiche”.

Paralisi del sonno: come si cura

Il punto di partenza, prima di intervenire per un trattamento della paralisi del sonno, è infatti che si presenti una situazione di disagio. “Uno dei criteri per la diagnosi – conferma Baroni – è proprio la paura di andare a letto che insorge in chi ha affrontato un episodio di paralisi del sonno. E andare a letto con ansia può facilitare l’insorgere di nuove manifestazioni, oltre a rischiare di diventare “costoso” per la vita quotidiana e di relazione. Basti pensare, cosa che è capitata a tutti, come ci si sente dopo una notte in bianco”.
Per il trattamento della paralisi del sonno isolata ricorrente, non esistono a oggi farmaci in grado di eliminare completamente la comparsa di episodi. Si stanno invece sviluppando alcuni protocolli di intervento psicoterapeutici comportamentali per la gestione di questo stato. “Non sono molti – fa il punto l’esperto toscano – ma posso citare, tra gli esempi che possono risultare utili per navigare attraverso i momenti di paralisi, i percorsi di meditazione mindfulness, che educano a stare nel momento presente senza allarmarsi”.

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Paralisi del sonno: come comportarsi

Duccio Baroni conclude con alcuni semplici consigli per chi si dovesse trovare ad affrontare direttamente una paralisi del sonno o ad essere vicino a qualcuno che la sta provando.
“A chi si trovi in questa condizione – spiega – consiglio innanzitutto di provare a far passare il tempo nel miglior modo possibile. In fondo, ripeto, è pur sempre solo un’esperienza fisiologica che chi ne soffre deve imparare ad accogliere”.

Una volta sveglio, se non è la prima volta che si verifica una situazione di questo tipo, è importante poi rivolgersi a uno specialista o a un laboratorio del sonno, per effettuare un’analisi neurologica.
“La paralisi del sonno può essere infatti un sintomo di narcolessia. Anche se va detto che, molto spesso, può presentarsi e poi scomparire da sola”.
Infine, è sconsigliato scuotere dall’esterno la persona in paralisi del sonno solo perché non si muove. “Non c’è nulla di allarmante nella paralisi del sonno. E, anche non si corre nessun rischio fisico, scuotendo eventualmente la persona sdraiata al nostro fianco, c’è il rischio in tal modo di aumentare ancor più il suo stress. Magari, come previsto nei protocolli, si possono fare dei micro movimenti per aiutare il corpo. Ma il vero segreto, per tutti quelli che vi si trovano coinvolti, è solo quello di calmarsi ed aspettare”.

Alberto Minazzi

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