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Occhi: dal cordone ombelicale, una speranza per la maculopatia

Occhi: dal cordone ombelicale, una speranza per la maculopatia
I medici del Policlinico Gemelli di Roma Stanislao Rizzo e Maria Cristina Savastano

I ricercatori del Gemelli di Roma mettono a punto una nuova tecnica, basata su staminali, che rallenta l’evoluzione della malattia

Che dipenda solo dall’aumento della durata della vita, che ha come contropartita l’inevitabile costo dell’aumento delle malattie senili, o incidano anche il sempre maggiore uso di dispositivi che affaticano i nostri occhi e all’esposizione ai raggi ultravioletti, è questione che solo la scienza può approfondire.
Il dato oggettivo è però che, nella società industrializzata, la diffusione delle patologie oculari negli ultimi anni ha registrato una crescita vertiginosa. E l’Italia non fa eccezione.
Si calcola che, nel nostro Paese, siano oggi 6 milioni le persone che hanno problemi di vista, con un aumento di almeno il 50% nell’ultimo decennio.
Ad accelerare sono in particolare malattie prevalentemente senili come la cataratta o il glaucoma.
E soprattutto la maculopatia: un patologia che si stima possa affliggere, nel 2050, ben 280 milioni di persone in tutto il mondo, ma che già adesso, in Italia, vede colpito qualche milione di persone dai 50 anni in su. Per la forma “secca” non ci sono cure.
Una nuova speranza arriva adesso dai risultati ottenuti dai ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, che hanno messo a punto una nuova tecnica in grado di rallentare l’evoluzione della degenerazione maculare atrofica legata all’età. Un trattamento che si ritiene richiederà somministrazioni ripetute, visto che l’arresto dell’estensione dell’atrofia dura per un periodo da 1 a 3 mesi.

occhi

Le due forme di maculopatia

La maculopatia colpisce la porzione della retina che consente la visione distinta dei particolari e il riconoscimento dei colori.
Oltre che in diversi stadi di gravità, si presenta sostanzialmente in due forme.
La meno diffusa, che riguarda il 10% dei casi, è la forma “umida” o “essudativa”.
Pur senza poter essere ancora guarita, può essere tenuta sotto controllo attraverso cicli periodici di iniezioni intraoculari.
Vi è poi la cosiddetta maculopatia “secca”, che colpisce il restante 90% dei pazienti.
In questo caso, il rischio, per chi ne è colpito, è di perdere la vista al centro del campo visivo.
Se negli Stati Uniti, da qualche mese, sono stati messi in commercio i primi 2 farmaci in grado di rallentare nel 30% dei pazienti la malattia, (non in grado di guarirla o di determinare un miglioramento) in Europa, manca ancora per gli stessi il nulla osta dell’Agenzia del farmaco Ema.
Una fiala costa circa 3 mila dollari e richiede una ripetizione mensile o bimestrale per un tempo indefinito.

La nuova tecnica elaborata al Gemelli

E’ invece una terapia del tutto innovativa al mondo quella descritta recentemente su Opthalmology Science dalla pubblicazione dei ricercatori del Policlinico Gemelli di Roma.
Si basa sull’utilizzo di un prodotto a base di cellule staminali derivate dal sangue del cordone ombelicale.
Il farmaco, attraverso iniezioni in sede sotto-retinica, viene introdotto nell’occhio, dove può far agire le capacità rigenerative del plasma arricchito di fattori di crescita e mediatori solubili contenuti all’interno delle piastrine.
L’idea, spiega Stanislao Rizzo, direttore della UOC di Oculistica della Fondazione Policlinico Gemelli e professore ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica, è stata infatti quella di utilizzare il plasma ricco di piastrine presente nel sangue del cordone ombelicale, da tempo utilizzato per trattare ulcere diabetiche e processi degenerativi ortopedici, ma anche in chirurgia estetica e dermatologia.
“Siamo i primi al mondo – sottolinea Rizzo, riferendosi all’uso in ambito oculistico – ad aver fatto questa esperienza e quello appena pubblicato è il nostro studio di fase 1
“In questa prima fase della nostra ricerca – aggiunge Maria Cristina Savastano, responsabile del disegno dello studio – abbiamo valutato innanzitutto la safety della procedura. Si tratta di una procedura non semplice, da affidare a mani esperte, che non può essere ripetuta troppo di frequente”.

Alberto Minazzi

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Tag:  occhi, ricerca