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MENTALITÀ VINCENTE

MENTALITÀ VINCENTE


Anche la mente ha bisogno di essere allenata. Ci spiega come, il mental coach jesolano Adriano Berton, arrivato a questa professione dopo una storia personale del tutto particolare.
E’ indubbio che stiamo vivendo un periodo di difficoltà generalizzata. Molte persone fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e la situazione di grande incertezza a volte porta anche a conseguenze tragiche. Ma in questo quadro fosco quanto influisce l’atteggiamento psicologo di grande sfiducia che si è venuto a creare?
«La nostra mente è formata da due parti che corrispondono a “conscio” e “inconscio” – spiega Adriano Berton – la mente conscia quando dormiamo non lavora, ma la mente inconscia lavora 24 ore su 24. Si pensi che abbiamo circa 60.000/70.000 pensieri giornalieri. In questo periodo storico siamo bombardati dalla mattina alla sera di messaggi negativi e nel subconscio penetrano tutte le notizie intrise di negatività. Tenere a bada questa miriade di pensieri è per noi una delle cose più impegnative. È lì che il mental coach inizia a lavorare per il raggiungimento degli obiettivi».
Più nel dettaglio a cosa si riferisce? «Molti media ci trasferiscono messaggi depotenzianti arrivando a descrivere tragedie di ogni tipo anche in quelle trasmissioni che una volta erano definite di “intrattenimento”. Naturalmente l’atteggiamento mentale di sfiducia fa presto ad alimentarsi, creando il circolo vizioso “di male in peggio” anziché il circolo virtuoso “di bene in meglio”. Spostare il “focus”, come usiamo definirlo noi, dal negativo al positivo non è facile. Faccio un esempio: se uno che ha avuto una brutta giornata va ad una festa in cui ci sono 298 persone che ballano e si divertono e 2 su un divanetto che discutono animatamente tutta la serata, si concentrerà su quei due perché il suo stato d’animo è d’infelicità e alla domanda “com’è andata la serata?” risponderà “Una schifezza!” anche se tutti si sono divertiti».
Ma si può lavorare per costruire un atteggiamento mentale positivo anche in un momento di difficoltà? «È proprio qui che interviene il mio lavoro – continua Bertonon – bisogna lavorare sui talenti e le motivazioni in vista del raggiungimento degli obiettivi. È indubbio che una persona che ha un sogno o una predisposizione darà il 300% e questo è il punto di partenza, anche in un momento impegnativo come quello attuale in cui il problema più sentito è la mancanza di soldi. La strada ovviamente è in salita, ma senza impegno, voglia di fare, determinazione, fiducia in se stessi, non si raggiunge nulla. Ci può essere crisi, ma bisogna caprie che anche in un periodo come questo, in tutto il mondo ci sono continue transazioni di denaro (si va dalle piccole cose come il caffè, il giornale, il cibo fino al telefonino o al computer di ultima generazione)».
Cosa ci può aiutare ad avere un approccio del genere? «Bisogna partire dalle cose elementari partendo dalla fisiologia (bere tanta acqua, respirare bene e nutrirsi di alimenti che contengono tanta acqua) per avere una grande energia che ci permetta di affrontare le bellissime sfide di una vita che, se presa per il verso giusto, è qualcosa di meraviglioso.
Poi passiamo a lavorare sul linguaggio da usare: anche in un mondo totalmente al negativo bisogna abituarsi con tanto allenamento ad usare un linguaggio potenziante. Non è che dicendo che “tutto è ok” come faceva Jovanotti la vita cambia, ma usare un linguaggio con espressioni volte al positivo aiuta ad affrontare meglio le situazioni da risolvere. Infine bisogna lavorare sulle proprie convinzioni, perché se uno crede che il mondo sia brutto e sporco ha ragione, come ce l’ha chi crede che il mondo sia un posto bellissimo».
Cambia il modo di affrontare momenti come questo anche in base all’età? In altre parole la situazione è più difficile per chi vede allontanarsi prospettive per il proprio futuro o per chi vede “sgretolarsi” le proprie certezze? «È una domanda bellissima, a cui rispondo con quello che cerco di trasmettere ogni giorno a persone diverse (dai ragazzi di 13 anni a cui insegniamo a parlare in pubblico, ai carcerati o a gente sfiduciata che si trova in cassa integrazione). La mia risposta è che uno può essere vecchio a 20 anni e arzillo ed energetico a 80. È indubbio che però siamo in un mondo che va alla velocità della luce, quello che nel passato cambiava in centinaia d’anni ora cambia nel giro di pochi mesi (un telefonino, un computer o una macchina sono considerati obsoleti a brevissimo termine). Siamo in questa nuova era e non ci siamo ancora abituati. Ci sono sempre nuove competenze e nuove abilità da imparare per non essere fuori dal giro. Con potenti mezzi come i social network si può facilmente comunicare con tutto il mondo e la concorrenza estera è fortissima. Capite che è un mondo che va di corsa ed è molto impegnativo, ma se, come dicevo prima, vediamo il lato positivo, è un mondo pieno di opportunità, in cui premendo un semplice bottone si ha qualsiasi tipo di informazione. La capacità più importante ora è discernere le informazioni e l’onere degli insegnanti e degli educatori odierni, sia a scuola che in azienda, è quello di stimolare e accompagnare verso traguardi potenzianti, lasciando poi a ciascuno la responsabilità di impegnarsi a fondo per raggiungere i propri obiettivi».
DI ANDREA MANZO

Adriano Berton, 46 anni, di Jesolo ha affrontato nella sua vita una serie di grandi difficoltà, da cui però ha saputo trarre un’incredibile spinta. All’età di nove anni Berton è coinvolto in un incidente stradale per il quale rischia l’amputazione della gamba sinistra e in cui perde la vita il padre. Nonostante i rischi di un’operazione mai tentata prima in Italia, l’arto gli viene riattaccato e dopo tanta carrozzina e tanta fisioterapia Adriano torna a camminare e non solo.
L’undici Settembre del 2001, dopo l’attentato al World Trade Center, decide di correre la Maratona di New York come segno di sensibilizzazione e speranza a tutti i portatori di handicap e nel 2005 compie la sua impresa, tanto “speciale”, da diventare un libro (“Scusa New York vado di corsa”, scritto dallo stesso Berton, premio Bancarella Sport 2008) e in procinto forse di diventare un film. Un’esperienza che gli è servita moltissimo per la sua attuale occupazione, quella del “mental coach”. Una decina di anni fa, dopo un altro episodio tragico della sua vita, la morte per un incidente stradale del suo miglior amico, Berton entra in una crisi profonda da cui esce grazie ad un corso di mental coaching. Da allora inizia questa nuova professione. Costretto all’inizio ad emigrare all’estero, dove questa professione ha già preso piede, è rientrato negli ultimi anni in Italia, dove si è diffusa la consapevolezza della necessità di avere il giusto approccio mentale nell’affrontare i problemi. Attualmente svolge corsi, in aula o in azienda, per 200 giornate l’anno, affiancando sportivi, personaggi dello spettacolo e manager di grandi aziende, con lo scopo di motivarli al raggiungimento dei propri obiettivi.

 

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