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Venezia: nell'attico un antico osservatorio meteorologico.

Venezia: nell'attico un antico osservatorio meteorologico.
Veduta dell'Istituto Cavanis di Venezia

Dalla digitalizzazione dei vecchi registri allo studio dei cambiamenti climatici della città

 

“Su e giù per le scale, 113 gradini per tre volte al giorno, 365 giorni all’anno dal 1959”.
Fatica un po’ il reverendo Pietro Luigi Pennacchi mentre affronta i gradini dell’Istituto Cavanis di Venezia che portano fino in cima allo stabile che si affaccia in Riò Terà Foscarini a Venezia.  Qui, l’enorme soffitta è in realtà un osservatorio meteorologico. Il più importante e antico del nordest.

Nei registri il meteo di Venezia dal 1959 a oggi

Da 60 anni funziona grazie al lavoro di un volontario che costantemente alle 8, alle 13 e alle 19 rileva temperatura, pressione, vento, umidità, tipologia delle nubi e molti altri dati  annotati in maniera certosina e in bella calligrafia negli appositi registri.
Nel tempo, l’Osservatorio si è dotato di nuove tecnologie e oggi organizza anche lezioni o convegni ad alto livello trasmessi via streaming. Nella terrazza c’è ora la stazione di rilevamento automatica Arpav e le webcam di Meteonetwork, l’associazione che mette in rete le stazioni meteorologiche italiane. Gli antichi strumenti che servivano alle misurazioni dell’osservatorio costituiscono invece un piccolo museo.
“Nel 2015 abbiamo installato la centralina metereologica Davis che rileva automaticamente ogni 4 minuti e nelle 24 ore i dati che trasmette direttamente via Internet- spiega soddisfatto padre Pennacchi, che sopra gli abiti scuri indossa un giubbino con il logo dell’Aeronautica Militare – Li posso controllare in tempo reale dal computer della mia scrivania”.

L’ambizione: ottenere la certificazione internazionale di osservatorio centenario dell’OMM

Qui, la Forza armata che si occupa in maniera scientifica di meteorologia, è di casa con il colonnello in riserva Marcello Cerasuolo, incaricato da padre Pennacchi nel 2015 di partecipare al progetto di rivitalizzazione dell’osservatorio.  Il colonnello vanta un’importante esperienza di lavoro in enti nazionali e internazionali e per 20 anni ha insegnato e fatto ricerca all’Università Ca’ Foscari. “E’ questa mia una passione per la meteorologia trasmessami da mio padre, anche lui meteorologo – dice il colonnello, che con l’entusiasmo di un ragazzo inizia a spiegare la storia di questa eccellenza veneta –  Questo osservatorio è in realtà la continuazione del primo installato nel 1820 nel Seminario Patriarcale vicino la Chiesa della Salute, distante 300 metri in linea d’aria, con le stesse modalità di rilevamento che sono state poi proseguite qui al Cavanis. E’ stato chiuso nel 1953, ma negli anni aveva goduto di fama mondiale, tanto che Jacob Bjerknes, il fondatore della meteorologia moderna, era venuto a visitarlo nel 1920”.
Sulla base di questa continuità ideale di 180 anni tra la Salute e il Cavanis, sta cercando di ottenere la certificazione internazionale di osservatorio centenario dall’OMM, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Fama meritata, tanto che nel 2000 l’Arpav, l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, ha installato una stazione automatica che fino al 2010 ha rilevato i dati in contemporanea con quelli manuali. “Confrontati, i dati non risultavano discrepanti” spiega ancora Cerasuolo. “E’ stato proprio il dottor Massimo Enrico Ferrario del Centro Meteo Teolo dell’Arpav ad avere l’idea di aprire nel 2015 l’osservatorio alla città con l’iniziativa “Porte aperte”.

Un osservatorio aperto alla città

L’iniziativa è giunta alla quarta edizione, con le visite dedicate il 23 marzo, giornata mondiale della meteorologia.
Trecento persone, tanti veneziani ma anche turisti, hanno visitato l’osservatorio accompagnati da un gruppo di giovani volontari.
“Sono i ragazzi del Cavanis che hanno sfruttato l’opportunità offerta dall’alternanza scuola-lavoro per lavorare al ripristino dell’osservatorio – spiega padre Pennacchi – In diversi si sono appassionati e adesso fanno accoglienza ai visitatori in questa giornata e in altre occasioni, mentre il colonnello Cerasuolo e Giuliano Nardin di Meteonetwork spiegano le attività dell’osservatorio. Stiamo lavorando per preparare una bella squadra di giovani che ogni anno cresce sempre di più”.

Dagli antichi registri lo studio dei cambiamenti climatici di Venezia

Cerasuolo intanto ha iniziato a digitalizzare tutti i registri dell’osservatorio conservati nella Biblioteca del Seminario Patriarcale dal 1835.
“Un lavoro lungo, finiremo tra un annetto – afferma il colonnello – ma alla fine potremo capire come è cambiato il clima nel nostro territorio.
Nelle sale ci sono manifesti con grafici che rilevano statistiche curiose.
Il mese dove non ha mai piovuto? Gennaio 1858.
L’anno più piovoso?
Il 1872, dove ci sono stati 157 giorni di pioggia, quasi un giorno su due.
Quello dove ha piovuto di meno? Il 1881, con soli 61 giorni.
“In cinque anni dalla “rivitalizzazione” dell’osservatorio – conclude il colonnello – abbiamo raggiunto grandi risultati. Facciamo ricerca meteorologica, didattica e formazione organizzando seminari avanzati e di aggiornamento dove rilasciamo, previo esame, attestati validi ai fini del mantenimento di certificazione di meteorologo, recentemente istituita in Italia. Facciamo divulgazione scientifica, con studi di fenomeni come quello che ha preceduto di un anno la tempesta “Vaia” che si è abbattuta sul bellunese il 29 ottobre 2018. Adesso stiamo organizzando con Meteonetwork un team che “traduca” i dati storici su cui sto lavorando per dare loro una lettura attuale. Lavoro da fare ce n’è veramente tanto”.

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