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L'evoluzione? Questione di “copia e incolla” sbagliati

L'evoluzione? Questione di “copia e incolla” sbagliati

Lo studio del Centro per la regolazione genomica di Barcelona: dalla duplicazione di alcuni geni, la loro riprogrammazione per nuove funzioni. Novelli: “Il dna è più dinamico del previsto”

Perché alcuni insetti sono in grado di volare o alcuni polpi di mimetizzarsi?
Per sbaglio.
O, meglio, per alcuni errori a livello genetico, risalenti a milioni di anni fa, che in concreto si sono tradotti in un vantaggio, poi tramandato fino agli animali complessi dei nostri nostri. Uomo compreso.
Attraverso l’errata replicazione con il meccanismo del “copia e incolla”, le specie viventi primordiali hanno infatti sfruttato i geni in più per riprogrammarne alcune funzioni del materiale genetico.
È la conclusione a cui sono arrivati i ricercatori del Centro per la regolazione genomica (Crg) di Barcelona, che hanno pubblicato i risultati dei loro studi sulla rivista “Nature Ecology and Evolution”.

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700 milioni di anni di evoluzione delle specie viventi

Il punto di partenza di questa storia dell’evoluzione da cui hanno preso le mosse i ricercatori spagnoli è piuttosto remoto: 700 milioni di anni fa. E il protagonista è l’ultimo antenato comune dei cosiddetti “bilateri”, cioè un vasto supergruppo di animali comprendente vertebrati (pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi) e invertebrati (insetti, artropodi, molluschi, vermi, echinodermi e molti altri).

Questa creatura ancestrale, che probabilmente viveva strisciando sui fondali marini, fu la prima a presentare un’evoluzione a quel tempo realmente straordinaria: aveva una parte anteriore e una posteriore, una superiore e una inferiore. “Si trattava – spiegano gli studiosi – di un adattamento rivoluzionario per l’epoca, che stabiliva il piano corporeo di base che la maggior parte degli animali complessi, compresi gli esseri umani, alla fine avrebbero ereditato”.

Gli scienziati del Crg di Barcelona si sono dunque concentrati su 20 diverse specie bilateriane, tra cui l’uomo e gli squali, ma anche polpi, millepiedi ed effimere, riscontrando che “a oggi, più di 7 mila gruppi di geni possono essere fatti risalire all’ultimo antenato comune dei bilateri”. Ma non solo. A sorpresa, si è scoperto che circa la metà di questi geni ancestrali sono stati poi riutilizzati dagli animali per essere utilizzati in parti specifiche del corpo, in particolare nel cervello e nei tessuti riproduttivi.

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Il “segreto” del copia/incolla

I ricercatori hanno definito “sorprendenti” questi risultati, in quanto “i geni antichi e conservati di solito svolgono compiti fondamentali e importanti necessari in molte parti del corpo”.
Il lavoro si è così concentrato sulla ricerca delle origini di queste evoluzioni a livello genetico, scoprendo che la “colpa” era di una serie di errori fortuiti di “copia e incolla” durante l’evoluzione bilaterale.
Per esempio, si sottolinea che, all’inizio della storia dei vertebrati, c’è stato un momento significativo: quello in cui un gruppo di geni tessuto-specifici è apparso per la prima volta in coincidenza con due eventi di duplicazione dell’intero genoma. Eventi come questi, a vari gradi di scala, si sono verificati costantemente in tutto l’albero evolutivo bilateriano, centinaia di milioni di anni fa. E la loro eredità “sopravvive oggi negli animali più complessi”.

“I nostri geni come ricette che possono essere elaborate in modo diverso”

La teoria degli studiosi è che gli animali abbiano conservato una copia del materiale genetico per funzioni fondamentali, mentre la seconda copia potrebbe essere stata utilizzata come materia prima per l’innovazione evolutiva.
“I nostri geni – spiega Federica Mantica, autrice dell’articolo – sono come una vasta libreria di ricette che possono essere elaborate in modo diverso per creare o modificare tessuti e organi”.
“I geni cruciali per la sopravvivenza e che sono stati preservati per milioni di anni – conclude Manuel Irimia, coautore dell’articolo – possono anche acquisire molto facilmente nuove funzioni nel corso dell’evoluzione”.

Alcune conseguenze (positive) della nuova specializzazione dei geni

Sono numerose le nuove funzioni tessuto-specifiche rese possibili dalla specializzazione di questi geni ancestrali individuate dagli autori dello studio.
Un esempio, che riguarda anche l’uomo, è quello del gene “Tesmin”, che codifica proteine.
Partendo da un comune antenato, sia vertebrati che insetti hanno sviluppato per questo gene un ruolo specializzato nel testicolo. Non a caso, in caso di problemi nel gene, si interrompe la produzione di sperma sia nei topi che nei moscerini della frutta.
Il meccanismo di specializzazione dei geni ancestrali, proseguono gli studiosi, ha gettato anche le basi per lo sviluppo di sistemi nervosi complessi. Per esempio, nei vertebrati, i ricercatori hanno scoperto geni fondamentali per la formazione delle guaine mieliniche attorno alle cellule nervose, essenziali per la rapida trasmissione del segnale nervoso.
Nell’uomo, inoltre, è stato identificato il gene Fgf17, che si ritiene svolga un ruolo importante nel mantenimento delle funzioni cognitive in età avanzata.

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“Quando i geni iniziano ad agire in tessuti specifici – spiega lo studio – possono portare allo sviluppo di nuovi tratti fisici o abilità, che in definitiva contribuiscono all’evoluzione animale”.
Così, negli insetti, geni specifici si sono specializzati nei muscoli e nell’epidermide per la formazione delle cuticole, contribuendo alla loro capacità di volare. E, nella pelle dei polpi, altri geni si sono specializzati per percepire gli stimoli luminosi, contribuendo alla loro capacità di cambiare colore, mimetizzarsi e comunicare con altri polpi.

Novelli: “Il dna è più dinamico di quanto pensavamo”

“È un bel lavoro, che da un lato conferma quel che ci aspettavamo, cioè che l’evoluzione, anche nel corso di periodi lunghi come millenni e milioni di anni, non butta nulla. Dall’altro ci dice però che il dna non solo non è fisso, ma è addirittura più dinamico di quanto pensassimo”.
Così Giuseppe Novelli, direttore Uoc e genetista dell’Università Tor Vergata di Roma, commenta lo studio spagnolo.

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Il professor Giuseppe Novelli

I geni – è l’analisi di Novelli riguardo al copia/incolla – si duplicano perché sanno fare questo. E, evidentemente, facendo copie, ogni tanto ci si sbaglia. Se questi errori a volte sono svantaggiosi, per fortuna spesso non si vedono, perché vengono subito eliminati. A volte, però, conferiscono specificità e talvolta consentono di acquisire nuove funzioni. Non a caso, gli studiosi spagnoli si sono focalizzati sul numero di geni, ma sulla loro regolazione”.

Il bruco e la farfalla

L’esempio del genetista è quello del bruco e della farfalla: “Hanno lo stesso dna: com’è possibile che sembrino due specie diverse? Quel che cambia è proprio la regolazione. È la cosiddetta epigenetica, che rende per esempio diversi il fegato, il cuore o i polmoni di diversi esseri umani, non tanto per la quantità o la qualità dei rispettivi geni. Sono le modifiche chimiche che fanno accendere o spegnere i geni durante lo sviluppo, cambiando il “vestito” del dna”.

La specializzazione nei tessuti, la vera novità

“La novità aggiuntiva e secondo me più interessante di questo studio – riprende Giuseppe Novelli – è quella di aver portato alla luce un effetto nuovo: la specializzazione che si forma nei tessuti, anche a livello di geni. Finora, infatti, non era stato approfondito il tema delle nuove specificità dei tessuti legate alla duplicazione dei nuovi geni. Lo studio, al riguardo, ci dice allora che, durante l’evoluzione, duplicazioni e perdite hanno favorito la specializzazione delle copie in alcuni tessuti”.
È per questo, secondo il genetista, che nel corso dei millenni sono state costruite tante specie, una diversa dall’altra. “Alcuni geni duplicati e poi specializzati – conclude – si sono “trovati bene” e, anche se non nella stessa persona, hanno dato origine ad arti o altre caratteristiche. La specificazione tissutale evolutiva è il vero aspetto di novità, il punto cruciale di questo lavoro, che ci porta a concludere che duplicazione genica più specializzazione possono avere un ruolo importante nell’evoluzione dei vertebrati”.

Alberto Minazzi

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