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Infarto: Pensiamoci PRIMA. L'esempio veneziano

Infarto: Pensiamoci PRIMA. L'esempio veneziano

Il cardiologo Rigo: “lavoriamo perché Venezia diventi l’area in cui si morirà meno per cause cardiache acute come l’infarto”. Posto per 500 volontari per la “fase 3” dello studio

Ogni minuto, nel Mondo, si verifica un infarto.
Nei Paesi occidentali, le malattie cardiache sono così la prima causa di morte, davanti anche al cancro.
Basti pensare che ogni 3 minuti, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, muore una persona per infarto miocardico acuto.
In Italia, i decessi per questa causa sono tra 130 e 150 mila ogni anno: la fetta più ampia delle complessive morti per problemi cardiaci, quantificate tra le 240 e le 250 mila.
Eppure, negli ultimi 20 anni, grazie alla rete dell’infarto e all’angioplastica coronarica in fase acuta, la mortalità per infarto in ospedale si è ridotta notevolmente, scendendo dal 30% a sotto il 10%.
Quella che non è per niente diminuita, invece, è la mortalità prima del ricovero, ancora attestata tra il 30% e il 40%. Tant’è che ancor oggi un terzo di chi manifesta un infarto cardiaco muore prima del trasporto in una struttura di cura.

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A maggio parte la fase tre. Come prenotarsi

In un’area come quella veneziana, in cui vivono circa 350 mila persone, il conto è dunque presto fatto: ogni giorno si registra in media una morte improvvisa per infarto fulminante.
È la testimonianza che, sul piano della prevenzione, molto si può fare. Ed è proprio da qui che parte il progetto “Pensiamoci PRIMA” (acronimo per Prevenzione Infarto Miocardico Acuto), che a maggio entrerà nella sua terza fase, appena presentata all’Ospedale Villa Salus di Mestre.
Dopo i primi 736 partecipanti, saranno valutate nella fase 3 del progetto, su base volontaria, altre 500 persone, dando priorità agli over 50 con familiarità per patologia coronarica e ipercolesterolemia, ma con grande attenzione anche su giovani e donne.
Chi volesse candidarsi potrà farlo prenotandosi online o chiamando il numero 041.2906993.

Obiettivo Venezia

“Credo – afferma Fausto Rigo, responsabile del Centro cardiologico della Fondazione Villa Salus – che la cardiologia moderna debba fare qualcosa sul piano di una prevenzione primaria che sia mirata: noi ci stiamo provando. Alla luce dei riscontri ottenuti, mi sono infatti posto un obiettivo: quello che Venezia diventi, nel giro di qualche anno, l’area dove si morirà di meno improvvisamente per cause cardiache acute come l’infarto. È un’ambizione, ma ci credo davvero”.

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Il responsabile del Centro cardiologico della Fondazione Villa Salus Fausto Rigo

La prevenzione mirata e i 3 fattori di rischio

Quando parla di “prevenzione mirata”, il riferimento di Rigo va ai fattori di rischio di cui tener conto nelle attività di screening. “Le carte del rischio a cui si fa riferimento – chiarisce – sono basate su studi di 40 anni fa, quando le attenzioni erano diverse, così come i parametri ritenuti più predittivi di una possibile malattia cardiaca. Per cambiare, però, bisogna convincere i comitati scientifici attraverso le evidenze di studi”.
I possibili fattori presi in considerazione sono così quelli “classici” come genere, pressione, diabete, peso e fumo.
Il progetto di studio ai fini della prevenzione portato avanti daVilla Salus si incentra in particolare su 3 fattori: la sedentarietà, la familiarità e il colesterolo (“Ldl”, quello “cattivo”) elevato, cioè superiore a 130 milligrammi per decilitro di sangue.

Un cocktail di fattori si unisce alla predisposizione ereditaria

“Puntare, come fanno in molti, su un singolo parametro – spiega il cardiologo – può funzionare, ma poi c’è un rischio di dispersione. Per questo, cerchiamo di metterne insieme alcuni diversi, visto che questo “cocktail” di fattori trova poi nella genetica l’espressione per tradursi in malattia. Se cioè è sbagliato dire che si eredita questa malattia dai genitori, è però altrettanto vero che la familiarità e la predisposizione ereditaria, unite agli altri fattori, portano alla stessa conseguenza”.

PensiamociPRIMA: salvate 40 persone

Nella conclusa fase 2 del progetto sono stati analizzati statisticamente, attraverso algoritmi elettronici di intelligenza artificiale, 60 parametri clinici, ematochimici e strumentali, per arrivare ad attribuire ai 736 partecipanti dai 45 ai 70 anni, tutti asintomatici, un “rischio personalizzato”. Tra i vari parametri, per migliorare la selezione si è deciso di puntare sui 3 fattori che non sono considerati nelle carte del rischio vigenti.
E sono emersi alcuni dati significativi. Il 31% del campione, per esempio, è stato riclassificato in una classe di rischio più elevata rispetto a quella assegnata dall’algoritmo proposto dallo score europeo.
Soprattutto, in ben 41 casi (il 6%) è stata necessaria una rivascolarizzazione coronarica con applicazione di stent, con 4 sottoposti a triplice bypass aorto-coronarico. “Considerato che si tratta di asintomatici senza nessuna avvisaglia – commenta Rigo – è una quota molto alta, se si considera che l’infarto sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro”.

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132 persone (il 18%) sono state trovate affette da una patologia coronarica o carotidea e presi quindi in carico con esami di secondo livello.
Al 54% dei partecipanti sono state inoltre consigliate terapie specifiche, all’ 80% farmaci e suggerimenti dietetici per abbassare il colesterolo Ldl, al 30% farmaci per abbassare la pressione. Nel 4% dei casi è stato riscontrato un distiroidismo e nel 6% una disglicemia pre-diabete.

La terza fase: verso una prevenzione mirata

Ora si punta sulla terza fase del progetto che partirà a maggio. E se nella seconda sono state salvate 40 persone, potenzialmente se ne potranno salvare il doppio.
“È importante – continua Fausto Rigo – che si diffonda sempre più tra la gente l’idea di non aver paura. Col tempo, si pensa di poter vivere bene fino a 90 anni, ma non sempre è così. Per esempio, uno dei risultati che mi ha dato fin qui più soddisfazioni è il fatto che in circa il 18%-19% del campione pur senza la presenza di placche abbiamo trovato situazioni di restringimenti coronarici per i quali i farmaci sono efficacissimi e abbiamo così bloccato la malattia”.

L’idea della prevenzione mirata, attraverso un approccio poli-parametrico a basso costo per poi passare a ulteriori esami più approfonditi solo in alcune situazioni individuate col primo step, rende inoltre più sostenibile la strategia anche dal punto di vista economico. “Avere strumenti efficaci per intercettare prima le situazioni di rischio – conclude Rigo – consente di riservare le tac coronariche, considerate negli Stati Uniti la panacea per prevenire l’infarto ma con un costo elevato, tra i 300 e i 400 euro, ai soli casi più seri, evitando tra l’altro, oltre al default del sistema sanitario, anche l’eccessiva esposizione alle radiazioni utilizzate nell’esame”.

Alberto Minazzi

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