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In Toscana, esperti internazionali a confronto sulle prospettive della geotermia

In Toscana, esperti internazionali a confronto sulle prospettive della geotermia
Geotermia (ph. Enel Comunicazione Toscana e Umbria)

L’appuntamento, a  Larderello, dove grazie alla geotermia abitanti e aziende non hanno problemi di caro bollette ed elettricità garantita

In molte Nazioni, la geotermia (ovvero l’utilizzo del calore terrestre come fonte di energia) è diventata una risorsa insostituibile per un mix energetico sostenibile, con anche connessi significativi risparmi economici per le comunità.
Sicuramente però pochi sanno che le risorse geotermiche possono essere impiegate anche per estrarre materiali strategici, come il litio. E che i fluidi “di scarto” delle centrali geotermiche tornano utili pure in cicli produttivi come quelli del formaggio o della birra.
È quanto avviene ad esempio nel territorio di quella che è considerata la “Capitale mondiale della Geotermia”. Che è in Italia. E si chiama Larderello, una frazione del comune di Pomarance, in provincia di Pisa, situata sulle Colline Metallifere. Una zona, la Toscana, in cui, da decenni, ci sono 34 impianti geotermici ad alta tecnologia per la trasformazione del calore geotermico in energia elettrica.

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Esperti di tutto il mondo nella capitale della geotermia

Non è un caso, allora, che circa 200 rappresentanti delle istituzioni scientifiche e accademiche e dell’industria energetica di 25 Paesi abbiano scelto il piccolo centro toscano per incontrarsi nel workshop “The Geothermal Icon”, organizzato dall’International Geothermal Association (Iga) in collaborazione con Enel Green Power.
Due giornate di studio, confronto e condivisione, chiuse il 12 ottobre, per fare il punto sul know how sulla geotermia per uno sviluppo sostenibile e progressivo verso la transizione ecologica energetica, in Italia e nel mondo.
Perché, anche in vista del Congresso mondiale della geotermia di Pechino nel 2023, l‘obiettivo dell’Iga è chiaro: garantire la crescita geotermica globale.
E se ci sono Stati, come il Kenya, in cui sta sempre più crescendo l’utilizzo delle risorse geotermiche, il nostro Paese, che è stato il primo a portare avanti l’intuizione di puntare sull’utilizzo del calore terrestre, resta uno dei leader mondiali.

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Geotermia: una soluzione alla crisi energetica

Tra gli esperti intervenuti al workshop c’è anche Monia Procesi, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Che, provando a tirare le somme della due giorni di lavori, individua innanzitutto un obiettivo: “Dobbiamo far capire sempre più alla popolazione cos’è la geotermia, come utilizzarla e i reali rischi connessi. Sottolineando, però, a quest’ultimo riguardo, che la tecnologia e la scienza ci aiutano sempre più a trovare soluzioni per minimizzarli”.

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Monia Procesi, ricercatore Ingv (ph. Marco Cirilli – Ingv)

“Sicuramente – prosegue la geologa – su questi temi c’è una grossa partecipazione del mondo scientifico e un interesse industriale da parte delle compagnie. In molti Paesi sono già stati fatti grandi passi: in questa sede abbiamo allora discusso su come accelerare questi processi, pensando in particolare all’attuale intensa crisi energetica, che impone la reale necessità di trovare delle soluzioni. Che, in realtà, la scienza propone da moltissimi anni. A questo riguardo, in Italia manca un chiaro piano strategico sulle risorse energetiche. E nei piani proposti spesso manca l’energia geotermica tra le possibili soluzioni per una maggiore autonomia e sostenibilità economica e ambientale”.
Il principale uso indiretto della risorsa geotermica, ricorda Procesi, è quello della produzione di energia elettrica. Al suo fianco, però, vi è anche un ampio settore di usi diretti, dove i fluidi utilizzati hanno temperature sotto i 100° gradi. È quello in cui rientrano teleriscaldamento e riscaldamento/raffreddamento con pompe di calore, ma anche l’uso di acque calde nei processi produttivi, serre o acquacoltura. “Sono tutti usi – rimarca la ricercatrice – che possono avere un’ampia diffusione sul territorio”.

Autonomia energetica e spese molto basse

L’Unione Geotermica Italiana riporta la produzione italiana, al 2018, di energia elettrica e termica ottenuta utilizzando le risorse geotermiche.
Si parla di 6,105 Gwh/anno di elettricità, 4,566 TJ/anno di energia per la climatizzazione e 6,349 TJ/anno per altri usi termici.
In particolare, però, si aggiunge che la geotermia per la produzione termica, che consuma quasi la metà dell’energia disponibile, impiega ancora poco, solo per il 20%, le fonti rinnovabili.
“La geotermia ha contribuito nel 2017 con 10915 TJ alla climatizzazione degli ambienti grazie alle pompe di calore. Tuttavia il potenziale di questa risorsa è molto più alto rispetto all’utilizzo che se ne fa, soprattutto in Italia”, si sottolinea. “Eppure nei pochi teleriscaldamenti, quali quelli toscani e a Ferrara, il costo finale all’utente è sensibilmente inferiore ai sistemi con fonti tradizionali”. Ad esempio, in Toscana il risparmio è stimato nel 25% rispetto a impianti con fonte tradizionale.
“I benefici diretti per la gente – conferma la geologa dell’Ingv – sono evidenti. I residenti nei comuni geotermici sono toccati solo relativamente dalla crisi energetica del gas, perché gli impianti di riscaldamento sono alimentati da fluidi geotermici attraverso il teleriscaldamento. Una forte autonomia energetica che si traduce in maggiore sostenibilità ambientale ma anche economica: spese quindi minori, agevolate inoltre dal fatto che anche l’elettricità utilizzata nelle case è prodotta localmente grazie alla risorsa geotermica. E la maggior autonomia energetica regionale si traduce allo stesso tempo in più autonomia per l’intero Paese, che oggi risulta essere fortemente dipendente da risorse esterne, pur avendone molte “in casa”, ma ancora da valorizzare”.

Il possibile sviluppo della geotermia in Italia

In Italia non c’è solo la Toscana che conta già su impianti di questo tipo e ricava il 35% della produzione elettrica da fonti geotermiche.
Tante altre aree sono caratterizzate da importanti risorse geotermiche.
“Come esempi – illustra Monia Procesi – cito il Lazio settentrionale, la Sicilia e le isole vulcaniche del Tirreno, anche alcune zone della Sardegna. Inoltre il progresso tecnologico ci permette di utilizzare risorse che solo 30 anni fa venivano considerate poco produttive. Penso a quelle zone meno ricche in fluidi geotermici, caratterizzate da medie temperature, comprese tra 100° e 150°”.
Tuttavia, nonostante l’Italia sia stata uno dei primissimi Paesi a sviluppare l’idea di puntare sul vapore geotermico per la produzione di elettricità, pur restando tra i leader europei e mondiali del settore, è rimasta un po’ indietro, assistendo allo stesso tempo a grandi espansioni da parte di altri Paesi, come ad esempio la Turchia.
Il tema del ritorno alla crescita e allo sviluppo del settore geotermico regionale è stato affrontato, lo scorso 5 ottobre, anche nel convegno del Consiglio Nazionale dei Geologi.
Proprio la Toscana, ha sottolineato il Cnr, produce il 7% dell’energia geotermoelettrica globale. Ma gli indici italiani sono rimasti pressoché stabili nell’ultimo decennio, facendoci scendere dal 4° posto del 2010 all’attuale 8° al mondo.
Le progettualità già attive a livello nazionale potrebbero però portare all’installazione di 240 MW al 2030 e altri 120 MW al 2035, per un totale di 360 MW e 3TWh/anno, da conseguire in pochi anni.

Geotermia (ph. Enel Comunicazione Toscana e Umbria)

Vantaggi e possibili rischi dell’energia geotermica italiana

Oltre alla grande disponibilità di risorse naturali, sul fronte geotermico l’Italia ha un ulteriore vantaggio.
“Siamo particolarmente fortunati – spiega Monia Procesi – perché la natura e la geologia ci aiutano, in quanto possiamo contare su sistemi geotermici “convenzionali” o idrotermali, caratterizzati da un serbatoio geotermico, ossia rocce naturalmente fratturate ricche in fluidi, come vapore o acqua liquida, posto tra i 2 mila e i 4 mila metri sotto ai nostri piedi, riscaldato da una sorgente di calore che spesso è rappresentata da corpi magmatici. Al di sopra del serbatoio geotermico sono presenti rocce impermeabili che permettono al calore di non disperdersi”.
Un sistema di questo tipo è ad esempio quello del Monte Amiata e di Larderello. I sistemi geotermici convenzionali non richiedono un miglioramento artificiale delle proprie condizioni geologiche, come ad esempio accade nei sistemi Egs (Enhanced Geothermal Systems), dove è spesso necessario un aumento della permeabilità, attraverso stimolazioni meccaniche o chimiche, sia della presenza di fluidi nel serbatoio attraverso iniezione.

“Le attività di stimolazione antropica, ad esempio l’idrofratturazione, nei sistemi Egs – spiega la geologa – possono essere potenzialmente pericolose, poiché in alcuni casi hanno indotto eventi sismici”. Cosa che, ricorda Procesi, si è verificata ad esempio a Basilea nel 2006 (con un evento sismico di magnitudo 3.4), in Corea del Sud (magnitudo 5.5) e a Strasburgo-Venderheim nel 2021 (magnitudo tra 3.3 e 3.6). “Come in ogni ambito – chiarisce – restano degli aspetti critici, ma l’attività dei geologi, della ricerca scientifica e il progresso tecnologico possono dare un grande contributo alla riduzione dei rischi”.
Gli studi di fattibilità indirizzati verso un possibile utilizzo di una risorsa geotermica devono essere sempre accompagnati da approfondite valutazioni su come il sistema geologico possa rispondere ad un eventuale utilizzo. “Le compagnie di produzione – completa il quadro la ricercatrice dell’Ingv – devono inoltre garantire monitoraggi continui, non solo dal punto di vista sismico, ma anche sulle emissioni in atmosfera, con l’obbligo di rispettare una serie di parametri che non devono comprometterne la qualità dell’aria”.

Come funziona un impianto geotermico

Il fluido geotermico può arrivare in superficie spontaneamente, attraverso faglie e fratture, dando origine a tipiche manifestazioni che possono essere rinvenute nei sistemi geotermici convenzionali, come a esempio acque termali, fumarole, polle gorgoglianti o emissioni naturali diffuse di anidride carbonica. Queste manifestazioni possono rappresentare una prima indicazione che quell’area potrebbe essere interessante da un punto di vista geotermico.
Quando un’area geotermica è messa in produzione e si crea un impianto per produrre energia geotermoelettrica vengono perforati uno o più pozzi che permettono di convogliare il fluido geotermico verso la turbina e generare energia meccanica che, grazie all’alternatore, verrà trasformata in energia elettrica. Al termine del processo, il fluido che è diminuito in temperatura, come visto, può essere utilizzato per diversi cicli produttivi a cascata.
In generale, però, questi fluidi vengono re-iniettati nei serbatoi geotermici, sfruttando la gravità, per garantirne una ricarica continua.
“In questo modo – conclude Procesi – non solo si diminuisce la quantità del materiale di scarto, ma, a quanto riscontrato, si rende al tempo stesso più efficiente e stabile il sistema geotermico”.

Geotermia (ph. Enel Comunicazione Toscana e Umbria)

Il “cuore caldo” della Toscana

L’importante know-how maturato nel settore dell’energia geotermica in Italia, dunque, può essere esteso su buona parte del territorio nazionale.
Il resto del Paese potrebbe trarre ispirazione dal distretto geotermico toscano di Enel Green Power, il più antico e al contempo il più innovativo del mondo. Sono ben 34 le centrali geotermoelettriche distribuite tra la provincia di Pisa, di Siena e di Grosseto, che producono quasi 6 miliardi di KWh annui.
Questa quantità di energia è in grado di soddisfare circa il 33% del fabbisogno elettrico toscano, fornendo calore utile a riscaldare oltre 10 mila utenze, 26 ettari di serre e aziende dell’industria agroalimentare e dell’artigianato. Ma non solo.
La geotermia è in grado anche di attrarre turisti come bene culturale, storico e turistico.
Sono circa 60 mila le visite che si registrano ogni anno, attraverso itinerari inediti nel cosiddetto “cuore caldo” della Toscana. Che conta anche su un Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche.
Oltre che al Museo della Geotermia (con il suo percorso interattivo e multimediale) e al villaggio fabbrica di Larderello, anche gli aspetti naturalistici del fenomeno geotermico possono essere apprezzati ad esempio a Monterotondo Marittimo (dove si trova anche il Mubia, il Geomuseo delle Biancane) o Sasso Pisano, fino a Radicondoli, con il museo “Le Energie del Territorio”. Perché la geotermia, in Toscana, è nel dna. Cantata, nel 1296, dallo stesso Dante nelle sue “Rime”: “Versan le vene le fummifere acque Per li vapor che la terra ha nel ventre Che d’abisso li tira suso in alto”.

Alberto Minazzi

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