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Il viaggio di un vagabondo dei mari

Il viaggio di un vagabondo dei mari

Con Lele Vianello prosegue la grande tradizione di fumettisti veneziani

 

Incontriamo Lele Vianello nella biblioteca del Lido di Venezia intitolata a Hugo Pratt. Appese alle pareti intorno a noi, le sue opere, che illustrano i contenuti di “Mari del Sud”, ultimo suo lavoro edito da Voilie. Lele Vianello, tra i maggiori fumettisti italiani, è stato a lungo braccio destro proprio di quell’Hugo Pratt con il quale anche oggi condivide virtualmente in questa sede fatiche e gioie nonostante l’amico e maestro non ci sia più.

Vive e lavora sempre a Malamocco, nell’ultima casa del borgo dove con Pratt ha dato vita a tante storie e avventure di Corto Maltese. Gli sorridono gli occhi mentre ne parla: «Ho la fortuna di stare nell’edificio in cui abitava Pratt. Vivo ancora le stesse suggestioni: il mare d’inverno, che con la sua musica è una grande fonte d’ispirazione; la bocca di porto di Malamocco, dove entrano le navi; la diga degli Alberoni: la passeggiata sulla spiaggia per arrivarci a volte vale più di dieci libri letti per documentarsi».

Il mare è protagonista discreto di ogni suo lavoro. Anche di “Mari del Sud”, che inaugura un personaggio nuovo, al quale ancora Lele Vianello non ha dato un nome, ma che gli frullava nella mente già da diversi anni. «Lo pensavo e ripensavo, ma c’era per me il freno di Corto Maltese. Mi sembrava di essere molto più piccolo di Pratt, che tra l’altro con “Una Ballata del Mare salato” credo abbia scritto una delle più grandi opere di questo secolo. Insomma, tergiversavo. Poi, però, il desiderio di raccontare l’avventura di questo capitano reietto ha preso il sopravvento, così, ad aprile, ho ripreso in mano la storia dandogli vita».

Ne è uscito un personaggio in fuga che però si regala parecchie digressioni… «Siamo tutti un po’ Ulisse. Comandante degradato in seguito al naufragio della sua nave e condannato, questo personaggio diventa un vagabondo dei mari, dove vive le proprie avventure durante la gestione coloniale delle varie isole. Incontrerà anche una tribù di cannibali. E poi diverse donne, tra cui anche una tenutaria di bordelli cinesi».

Qui c’è la questione coloniale, altrove la rivoluzione cubana… Quanta parte ha la documentazione storica e quanta la fantasia nel suo lavoro?

«La documentazione storica è fondamentale se vuoi esser onesto con te stesso e con il lettore. Ogni racconto nasce da un’idea che ti ossessiona ma la fantasia da sola non basta. Diciamo che la si libera soprattutto per far vivere i personaggi che gravitano intorno al protagonista».

Sta già lavorando e si sta già documentando su qualcos’altro?

«Sì, il mio editore francese mi ha chiesto una storia sulla Guerra di Spagna. Entro un anno sarà pronta».

Lei lavora molto con la Francia?

«Più che con l’Italia. In Francia il fumetto è considerato la nona arte, ci sono interi edifici dedicati al fumetto, le fumetterie sono numerose e ovunque. In Italia, invece il fumetto è considerato uno svago e quello del fumettista un mestiere, salvo pochi casi, malpagato da finti editori che non hanno il coraggio di far libri veri. È un peccato, perché ci sono straordinari autori italiani, che però emigrano in Francia, dove il loro lavoro è riconosciuto».

Molti bravi fumettisti sono veneziani…

«Negli anni ’70 e ’80 proprio qui al Lido c’è stata una grande scuola di fumettisti, molti dei quali ancora sono in attività. Oltre a Hugo Pratt, me e Guido Fuga, penso a Fabiano Fiorin, i fratelli Ennio e Vladimiro Missaglia, Stelio Fenzo, Ivo Pavone, Bruno Maraffa e Federico Antinori. Una bella squadra, le pare?».

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