Fibre e vegetali modificano il microbioma e il sistema immunitario, rallentando la progressione da condizioni precancerose al mieloma multiplo
Cambiare strutturalmente il modo in cui mangiamo ogni giorno, puntando su una dieta più ricca di vegetali e fibre, può attivare una sorta di “interruttore biologico” capace di influenzare metabolismo, immunità e flora batterica intestinale. E questo può incidere sui meccanismi biologici, modificandoli in modo da rallentare la progressione da condizioni precancerose verso il mieloma multiplo, tumore del sangue che colpisce ogni anno oltre 160 mila persone nel mondo e circa 5 mila in Italia. È l’importante risultato, pubblicato sulla rivista Cancer Discovery, cui è arrivato uno studio internazionale coordinato dall’Ospedale San Raffaele di Milano e dal Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York.
“Il nostro obiettivo – spiega Matteo Bellone, responsabile dell’Unità di immunologia cellulare del San Raffaele e guida del gruppo di lavoro – è trasformare un gesto quotidiano, come mangiare, in uno strumento di prevenzione scientificamente solido”.
Come rendere la dieta uno strumento terapeutico
Come sottolinea Urvi Shah, ematologa che ha guidato la sperimentazione clinica negli Stati Uniti, lo studio “è il primo a dimostrare che un’alimentazione ricca di fibre e prevalentemente vegetale può migliorare la salute dell’intestino, il metabolismo e la funzione immunitaria” in soggetti in cui sono state riscontrate due particolari condizioni pre-mielomatose. Si tratta degli “stati di attesa biologica” chiamati “Mgus” e “Smm”, che interessano oltre il 5% della popolazione sopra i 50 anni senza provocare normalmente sintomi, ma che nel corso degli anni possono evolvere verso un tumore conclamato. Nella maggior parte dei casi, la strategia adottata dai medici con queste persone prevede un semplice monitoraggio. I ricercatori hanno quindi provato ad affrontare la sfida di rallentare questa evoluzione, puntando su un semplice cambiamento alimentare a basso rischio e valutando se questo è in grado di incidere sui meccanismi alla base della progressione verso il mieloma.

Si è quindi provato a coinvolgere 23 persone con Mgus e Smm e un indice di massa corporea elevato, facendo loro adottare per 12 settimane una dieta in cui venissero privilegiati frutta, verdura, legumi e cereali integrali, pur senza nessuna restrizione calorica.
Gli incoraggianti risultati dei test
A differenza di quanto finora ritenuto, un’alimentazione di questo tipo è risultata sostenibile, provocando per di più fastidi limitati e ben tollerati. Ed è stato sufficiente mangiare diversamente, anche senza ridurre le quantità di cibo, per ridurre il peso corporeo, migliorare la sensibilità insulinica, attenuare l’infiammazione e arricchire la flora batterica di specie capaci di produrre butirrato, molecola nota per le sue proprietà antinfiammatorie e antitumorali. Più del 70% dei pazienti, così, ha deciso di proseguire con il nuovo regime dietetico anche conclusi i test. Che, oltre ad aver mostrato come l’organismo, in questi casi, sembra tirare gradualmente il freno, in 8 soggetti per i quali era valutabile l’andamento della malattia hanno riscontrato una stabilizzazione (e, in 2 casi, addirittura un miglioramento) della traiettoria della componente monoclonale, ovvero il principale indicatore della progressione verso il mieloma multiplo. “È come – illustra Bellone – se la malattia, abituata a correre lentamente ma inesorabilmente, avesse trovato un ostacolo imprevisto sul percorso”.

La dieta che cambia il microbioma
Alla parte di scienza clinica dello studio ne è stata quindi unita una di biologia sperimentale, ritenuta il vero cuore della ricerca in quanto mirata a spiegare i meccanismi biologici alla base dei risultati. Il punto di partenza, in tal senso, erano i risultati ottenuti dal gruppo di Bellone nel 2018, quando individuò un primo collegamento tra microbioma intestinale e progressione del mieloma. Proprio dalla dimostrazione che i processi infiammatori e immunitari che accelerano la malattia possono essere alimentati da alcuni batteri derivò l’idea che il microbioma potesse al contrario anche frenarla. Si è dunque provato ad alimentare alcuni topi di laboratorio con una dieta ad alto contenuto di fibre e, dal monitoraggio del loro organismo nel tempo, è emersa una modificazione del microbioma intestinale. Questo ha cioè aumentato la produzione di acidi grassi a catena corta come il butirrato e ne è derivata la riduzione dell’aggressività della malattia. Sono state inoltre rimodellate le caratteristiche delle cellule immunitarie nel midollo osseo, da dove ha origine il tumore, reindirizzandole verso un’azione potenzialmente antitumorale, posticipando sensibilmente l’evoluzione verso il mieloma conclamato.

Perché la dieta cambia i parametri clinici associati con la progressione del mieloma
“È come se – spiega Bellone – il microbiota, riprogrammato dalla dieta, avesse modificato l’intero microambiente tumorale, rendendolo meno favorevole alla proliferazione delle cellule di mieloma e più capace di sostenere una risposta immunitaria efficace”. Un fenomeno che, prosegue lo studioso, potrebbe essere spiegato con il raggiungimento del midollo osseo da parte delle molecole, come il butirrato, prodotte dai batteri intestinali con la fermentazione delle fibre”.
Il butirrato, che ha dimostrato nei test in vitro anche la capacità di rallentare la proliferazione delle cellule tumorali in coltura, in tal modo sarebbe in grado di reindirizzare il comportamento delle cellule immunitarie verso un’azione antitumorale e rallentare la proliferazione delle cellule maligne. Si innescherebbe in altri termini, conclude Bellone, una sorta di “effetto a cascata: dal cibo al microbioma, dal microbiota al sistema immunitario, dal sistema immunitario al tumore”.
Combattere il mieloma a tavola
Grazie alla scoperta appena pubblicata, l’idea di “combattere il mieloma a tavola”, o comunque approcciarsi al tumore agendo sul terreno dello stile di vita, potrà in futuro tradursi in interventi personalizzati o possibili combinazioni tra dieta e terapie esistenti, non sostituendo ma affiancando i trattamenti oncologici. Serviranno in ogni caso studi più ampi sul tema. Tra questi, ne è già attivo in Italia uno clinico multicentrico, sempre con il San Raffaele come capofila e sostenuto da Fondazione Airc, che intende ampliare e corroborare i risultati di questo studio appena pubblicato. L’obiettivo dichiarato è quello di dimostrare che diete a base vegetale alterano significativamente il microbiota intestinale, aumentando la produzione di acidi grassi a catena corta nei pazienti con mieloma multiplo asintomatico a prescindere dal peso corporeo.
Alberto Minazzi



