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Energia. E se la soluzione fosse il gas italiano?

Energia. E se la soluzione fosse il gas italiano?
piattaforma per l'estrazione del gas

Anche senza nuove trivellazioni, la riattivazione degli impianti esistenti garantirebbe la copertura di parte del fabbisogno

Sediamo su un mare di gas e pochi lo sanno.
Nei giorni in cui anche l’Occidente si interroga sul futuro degli approvvigionamenti energetici dalla Russia, con tutti i timori derivanti dalla guerra in corso, gli Italiani stanno scoprendo che anche nel nostro Paese le risorse di gas naturali non mancano. Anzi.
Nel confronto tra chi vorrebbe nuove trivellazioni e chi non ne vuol assolutamente sentirne parlare, la via mediana potrebbe essere quella della riattivazione quantomeno dei canali di estrazione già esistenti.
In tal senso, ad esempio, si è mossa anche la Regione Emilia Romagna, il cui Consiglio ha appena approvato una risoluzione che impegna la Giunta a sollecitare il Governo e ad attivarsi in tutte le sedi per arrivare a questo risultato.
Il mar Adriatico, infatti, è uno dei punti di forza italiani sul fronte del gas naturale.

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Piattaforma per estrazione di gas

Il gas dell’Adriatico

Nei suoi fondali ci sarebbero, secondo le ultime stime disponibili, circa 90 miliardi di metri cubi di metano.
Secondo il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, che sul tema ha rilasciato un’intervista a “Il Resto del Carlino”, ogni anno, semplicemente riattivando la cinquantina di piattaforme esistenti al largo delle coste di Emilia Romagna e Marche, potrebbero essere estratti  3 miliardi di metri cubi di gas.
Da Porto Garibaldi a Ravenna, da Rimini a Pesaro e, spostandosi un po’ più a nord, fino a Chioggia, ci sono dei ricchi giacimenti.
Il solo impianto “Giulia” di Rimini dispone di 500 milioni di metri cubi di gas.
Il giacimento all’altezza di Chioggia potrebbe contenerne da solo 50 miliardi.

La “coltivazione” del gas

L’Adriatico, dunque, è un prezioso serbatoio di gas naturale.
Lo sa bene la Croazia, che ne estrae buone quantità.

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L’Italia ha da tempo abbandonato l’idea di nuove trivellazioni e dismesso gli impianti che, per essere riattivati, prevederebbero comunque degli scavi più profondi, il coinvolgimento di un’area più ampia e interventi che, attraverso la pressione, spingerebbero il gas verso la superficie.
Attività definite, in gergo, “di coltivazione”.

L’altro gas italiano

L’Italia, del resto, nel 1991 era arrivata a produrre 21 miliardi di metri cubi di gas l’anno.
Una cifra che non si discosta di molto dai 28,4 miliardi acquistati oggi dalla Russia sui 76,1 miliardi di metano consumati ogni anno nel nostro Paese.
Che, secondo le stime degli esperti, risalenti a una decina di anni fa, potrebbe avere nel sottosuolo 350 miliardi di metri cubi di gas.
Successivamente, si è teorizzata la presenza di idrocarburi nei fondali marini anche dello Ionio, di fronte a Crotone, e del Tirreno a nord-ovest della Sardegna.
Nel 2021, però, si è scesi a 3,34 miliardi di metri cubi di metano estratto. Il minimo dal 1954.

Il piano del Governo e il Pitesai

Il piano- gas del Governo, contenuto nel Decreto Bollette, punta soprattutto sui giacimenti Argo e Cassiopea nel Canale di Sicilia, che dovrebbero garantire l’80% dei 2,2 e i 2,5 miliardi di metri cubi annui auspicati per il Paese.
Ci sarebbero giacimenti di gas da sfruttare anche al largo di Goro e Volano, in Emilia Romagna e sulle colline dell’Abruzzo.
Con una contraddizione tutta italiana, però, le recenti decisioni dell’Esecutivo contrastano con il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee “Pitesai”, pubblicato solo qualche giorno prima, che indica una riduzione delle estrazioni.

Le prospettive

Anche qualora la contraddizione si risolvesse con la decisione di riavviare gli impianti, resterebbe un problema di tempi. Solo per le autorizzazioni la prospettiva è di minimo una decina di mesi, per arrivare fino a 3 anni nei casi più complessi.
Nei mesi scorsi, sempre Tabarelli, all’agenzia Ansa, aveva affermato che “ci vorranno anni, se non decenni, per produrre più gas in Italia”. Così si sta lavorando anche sul fronte del Tap, il metanodotto che porta in Puglia il gas azero, per un raddoppio da 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno.
Una decina di miliardi di metri cubi in più potrebbero, senza modificare la capacità di trasporto del metanodotto Transmed, arrivare anche dall’Algeria. È sempre attuale, inoltre, il tema dei nuovi rigassificatori.

Alberto Minazzi

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