In occasione dell’8 marzo, l’antica Pompei rivive attraverso le storie di otto donne che hanno segnato la vita della città. Un’anteprima della mostra che aprirà il 16 aprile
Sotto il cielo azzurro di Pompei, la vita pulsava tra le strade animate, i mercati affollati e le antiche ville affrescate. Le voci delle donne riecheggiavano tra i vicoli, ognuna con una storia da raccontare, ognuna con un ruolo che definiva la società di un’epoca che sembrava eterna.
Immaginatevi camminare accanto a Eumachia, imprenditrice di successo, mentre attraversa il Foro, o fermarvi al Termopolio di Asellina, dove la locanda brulicava di gente e conversazioni.
La città era viva, e dietro ogni angolo, dietro ogni porta, c’era una donna che contribuiva alla sua quotidianità.
Ma tutto questo, nel 79 d.C., fu inghiottito dalla furia del Vesuvio, che seppellì Pompei sotto una coltre di cenere e pomice. Oggi, però, queste donne tornano a farsi sentire, grazie alla mostra “Essere donna nell’antica Pompei”, un racconto che dà voce a otto figure femminili straordinarie, protagoniste di un mondo che, pur scomparso, continua a parlare attraverso le rovine.
Chi sono le donne di Pompei
L’esposizione, che fa parte di un anno di iniziative dedicate alle donne della Pompei romana e le numerose sfaccettature del suo universo femminile, è curata da Francesca Ghedini e Monica Salvadori e trasporta il visitatore indietro nel tempo, all’epoca in cui la città campana era abitata da diverse figure femminili. C’erano matrone, liberte, schiave nei ruoli di mogli, figlie, concubine: ognuna aveva il proprio ruolo tra le pareti domestiche e, in società, la propria attività. Ma cosa significava essere donna a Pompei?

Amaryllis, schiava di Marco Terenzio Eudosso, come testimonia un graffito rinvenuto sul peristilio della casa di sua proprietà su via della Fortuna Augusta, lo racconta bene dal suo punto di vista.
“Quante ore della mia vita ho trascorso a filare – si legge-. In genere il lavoro con la lana lo svolgono le matrone delle nobili famiglie nelle loro stanze, ma qui a Pompei la lana si lavora anche per ottenere guadagno. Il mio padrone è uno di questi imprenditori e dopo il tremendo terremoto di qualche anno fa, ha riorganizzato il portico interno di una casa in via della Fortuna per farne un laboratorio tessile. Ha avuto successo e guadagnato un bel po’ di denaro, facendo lavorare con me molti altri operai. Alla filatura siamo impegnate noi donne: il nome mio e di altre mie compagne sono scritti su una colonna, ricordando per ognuna la quantità di fili di ordito e di trama filati”.

Asellina aveva invece in gestione una locanda su una delle strade più trafficate della città, via dell’Abbondanza al civico 2 della IX. Il suo nome compare in una scritta elettorale posta al lato della porta del termopolio (osteria).
Dà il benvenuto nella sua osteria dove spesso si fermavano anche personaggi in vista della città. “Uno di questi è Gaius Lollius Fuscus che ho raccomandato al voto per la sua elezione. Questo è un luogo frequentato, dove tanta gente passa anche solo per un saluto”.

Tanti diversi mestieri tra produzione di anfore e laterizi, lavorazione della lana ed esempi di imprenditrici
Il sepolcro di Eumachia è il riflesso della fama che a Pompei le è stata riconosciuta.
Così dice di sé: “Il mio caro padre Lucio era un importante produttore di anfore e laterizi e mi ha trasmesso il senso degli affari. Da quando mi sono sposata con un uomo ancora più ricco, proprietario di ampi terreni e greggi nell’Appennino lucano, ho avviato una fiorente attività di lavorazione della lana che, grazie agli dei, ha moltiplicato le mie fortune. Sono gli uomini in genere a finanziare in città le principali costruzioni pubbliche, io ho avuto il privilegio di essere tra le poche donne pompeiane ad averne realizzata una a mie spese”.
La monumentalità della tomba di Eumachia, che si trova nella necropoli di Porta Nocera, nella parte meridionale di Pompei dimostra l’alto livello socio-economico ella donna.

“Benvenuti stranieri, state cercando un bagno caldo? Una stanza in affitto? Entrate putre e accomodatevi”.
Giulia Felice invita nel suo grande complesso, i cosiddetti Praedia, che occupa l’intera insula II, 4 ed è costituito da una domus ad atrio tuscanico, un grande giardino su cui si aprono una serie di ambienti residenziali, un impianto termale e un vasto parco. L’occupazione dell’insula ebbe inizio nel corso del II sec. a.C. ma il profondo rinnovamento edilizio a opera di Giulia Felice risale alla metà del I sec. a.C. quando riuscì a trasformarla in una fonte di guadagno.
Altre donne nella quotidianità dell’antica città campana
Vi sono altri interessanti esempi di donne che popolavano l’antica Pompei come Eutychis, una schiava menzionata in un graffito all’ingresso della lussuosa domus dei Vettii, probabilmente coinvolta sia nelle mansioni domestiche sia nei piaceri erotici; la donna delle due tombe Nevoleia Tyche; Mamia, celebre per aver fatto costruire con il suo denaro il primo edificio che innalzava l’imperatore Augusto a Dio appena dopo che il suo culto era stato istituito a Roma e Flavia Agatea, una liberta seppellita in una monumentale tomba della necropoli fuori Porta Nocera.

Una mappa del sito archeologico indica dove si possono incontrare le donne protagoniste del passato di Pompei con appositi pannelli nei quali si raccontano.
E’ inoltre possibile visitare la ricostruzione di un telaio verticale, legato ad una delle attività femminili per eccellenza, nella Casa della Venere in Conchiglia.
Attorno alla mostra “Essere donna nell’antica Pompei” che aprirà il 16 aprile sono in programma vari eventi sul tema che si possono scoprire anche nell’app MyPmpeii. La Villa di Poppea ad Oplontis prevede itinerari guidati con la rappresentazione di un matrimonio romano e letture di versi di poeti latini sul tema “donne e amore”.
Sabato 8 marzo, giorno di anticipazione della prossima apertura della mostra, per le donne l’ingresso in tutti i siti del Parco archeologico è gratuito.
Silvia Bolognini