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Donne: c'è ancora strada da fare

Donne: c'è ancora strada da fare

L’uguaglianza tra i sessi sancita dalla Costituzione è ancora formale. Anno 2023: prime donne leader nel Paese, ma la maggior parte vive ancora il gender gap tra stereotipi e pregiudizi

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
È la citazione, parola per parola, dell’articolo 3 della Costituzione italiana.
“Senza distinzioni di sesso” potrebbe sembrare un pro-forma vergato appositamente per rispettare una sorta di ideale politically correct.
In realtà queste tre parole nascondono una battaglia, propugnata dalle 21 Madri Costituenti (su 556 membri) durante l’Assemblea che stese la Carta costituzionale, laddove gli uomini trovarono ‘superflua’ la specificazione.
Un’uguaglianza formale che impone una doverosa domanda: nella sostanza, è realmente così oggi?
La risposta è no.

Il Gender Equality Index che confronta l’Italia con l’Europa

Statistica: i numeri che raccontano il mondo del lavoro femminile

La disuguaglianza di genere continua a essere un problema, più o meno pressante, in tutte le società del mondo (salvo forse qualche encomiabile esempio nel nord Europa) e la strada da percorrere per l’uguaglianza sostanziale tra uomo e donna è ancora lunga.
Diverse le vie da perseguire, a seconda degli ambiti osservati, di cui si è discusso nell’aula magna dell’Università di Padova, nell’evento  Donne leader – Traiettorie per una leadership consapevole, organizzato in ottica 8 marzo, Giornata Internazionale della Donna.
Per esempio: la statistica non è solo una sequenza di numeri, ma una descrizione della realtà che può aiutarci a modificarla, laddove pensiamo sia negativa.
In questo senso dobbiamo pensare ai numeri relativi all’Italia come un campanello dall’allarme e un punto di partenza: nonostante la nostra patria sia la settima economia mondiale, si trova al 63° posto della classifica sul Gender gap del World Economic Forum 2022.
Durante la pandemia, l’Italia ha perso 490.000 posti di lavoro; di questi, il 98% erano donne. Sempre nel nostro paese, 1/3 delle donne non possiede un conto corrente, e quindi non ha potere economico.

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Donne in crescita nel pubblico e tra gli imprenditori

Secondo l’Istituto europeo per la Parità di genere, in Italia vi è una forte disuguaglianza nel progresso nel lavoro, nel tempo per sé e nella conoscenza rispetto alla media europea. Ciononostante, vi sono alcuni lati positivi: come ha ricordato Monica Fedeli, prorettrice alla terza missione e rapporti con il territorio dell’Università di Padova, “nonostante le difficoltà, a livello imprenditoriale l’Italia è primo paese europeo per donne imprenditrici (22% del totale) e sono responsabili del 75% dell’incremento imprenditoriale in Italia”.
Anche Giuliana Cortese, professore associata di Scienze statistiche dell’ateneo, ha riportato dati positivi in seno al pubblico impiego: “l’impiego femminile nella pubblica amministrazione è passato dal dal 5% del 2003 al 43% del 2022, mentre nei ruoli dirigenziali statali dal 5% (2012) al 15%; questo grazie all’introduzione delle Quote rosa”.

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La leadership femminile, dalla giurisprudenza allo stato civile

L’evoluzione del ruolo della donna nel mondo giuridico e istituzionale è emblematico delle difficoltà che ancora deve affrontare per una vera parità di genere.
Nel suo intervento, Lorenza Bullo ha ricordato Lidia Poet ed Elisa Comani, prime donne avvocato in Italia (1883, riammessa nel 1920 la prima, 1919 la seconda); Elisa Resignani, la prima notaio in Italia nel 1927; Maria Gabriella Luccioli, una delle prime magistrato nel 1965.
“Ciò è stato possibile grazie a fondamentali passaggi giuridici: per esempio, la promulgazione della legge 1176 del 17 luglio 1919, la quale stabiliva i limiti giuridici della donna escludendola dagli ambiti giurisdizionali, dai poteri pubblici e dalla difesa militare, alla quale si oppose Rosa Oliva, al secolo Rosanna Oliva de Conciliis, quando si presentò al concorso pubblico indetto dal ministero dell’Interno, nel 1960. Vinse il ricorso e aprì i concorsi alle donne”.

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Lidia Poet, prima donna avvocato nella sezione di Torino nel 1883

Prime donne leader del Paese

Recentemente, abbiamo potuto assistere all’elezione di Margherita Cassano come prima donna presidente della Cassazione e Marta Cartabia come presidente della Corte Costituzionale, mentre in politica l’Italia si ritrova per la prima volta oggi con due leader donna delle principali forze politiche: da una parte Giorgia Meloni, anche prima presidente del Consiglio donna, dall’altra Elly Schlein, neoeletta segretaria del Partito Democratico.
Sono solo alcuni, sporadici nomi, nel mare magnum androcentrico, “Mancano invece ancora esponenti femminili nelle seguente cariche: presidente della regione Veneto, governatrice della Banca d’Italia, Presidente della Repubblica”, ha ricordato la dottoressa Bullo.

Deputati nei Parlamenti Europei al 31 gennaio 2022 (fonte europarl.europa.eu)

Stereotipi e pregiudizi: la donna tra “soffitto e burroni di cristallo”

Cosa porta però a questa sistematica subordinazione della donna all’uomo?
“La risposta è da trovare nel comportamento, nelle abitudini e negli stereotipi che si instaurano fin dai primi anni di vita delle persone, maschi e femmine – ha sottolineato Maria Laura Bettinsoli, ricercatrice di Psicologia dello Sviluppo nell’ateneo padovano -. Le donne si ritrovano schiacciate tra un soffitto di cristallo, quel glass ceiling che sembra impenetrabile e che non permette loro di assurgere a ruolo di comando a causa di credenze comuni sbagliate e inadeguatezza, e l’effetto glass cliff, che si verifica quando le donne vengono elette in situazioni di crisi, chiamate a risollevare la situazione e in cui sono obbligate a performare, per poi essere destituire ai primi errori, una volta che la situazione è ritornata alla normalità.
Le conseguenze in questi termini, nella donna, possono essere quei contraccolpi sociali che la vedono sminuita nelle sue competenze, rendendola vittima della ‘sindrome dell’impostore’, per esempio. “Garantire le quote rosa permette di ridurre la disparità di genere e danno la possibilità alla donna di sviluppare abilità e capacità che la fanno sentire leader”, ha continuato la dottoressa Bettinsoli. Il compito della donna, tuttavia, non è quello di copiare il modello maschilista, quanto di far valere le proprie competenze in quanto donna, per raggiungere quel livello di completezza e rappresentatività che la società dovrebbe prevedere nel Terzo millennio.

Come comunicare sé stessi: donna e personal branding

Nell’era della Comunicazione individuale di sé, diventa quindi una questione di personale branding e di immagine professionale.
Nell’ultimo intervento, Elisabetta Vanuzzo ha espresso la sua opinione in merito ai passi da compiere per una corretta esposizione di sé: “Sapere quali sono i propri punti di forza, le proprie qualità e le proprie unicità – ha detto -. Non cadere nella sovraesposizione, ma scegliere quale immagine si vuole comunicare. Tenere conto della percezione che hanno gli altri su di sé, ed eventualmente correggere il tiro e incrementare la propria strategia”.
Tutto ciò per la donna risulta più difficile, ma di qui si deve partire per una parità sostanziale di genere e una società equa, tanto in termini numerici quanto morali.
“In un mondo in cui solo il 30% delle donne ricopre posizioni di leadership (e in Italia il 17%), un’affermazione da tenere particolarmente cara – ha riportato in chiusura Gaya Spolverato, delegata alle politiche per le Pari opportunità e organizzatrice dell’evento -è quella di Ruth Bader Gisborne, ex-giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America: “Quando mi chiedono quando ci saranno abbastanza donne eletta alla Suprema Corte e io rispondo ‘quando ce ne saranno 9 (su 9 membri, ndr), le persone rimangono shockate. Ma nessuno si è mai sorpreso quando vi erano nove uomini, e nessuno ha mai sollevato questioni”.

Damiano Martin

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