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DA COSA DIPENDONO I GIOVANI?

DA COSA DIPENDONO I GIOVANI?


Una ricerca scientifica ha cercato di far luce sulle nuove dipendenze con le quali fanno i conti i giovani del nostro territorio 
Le nuove dipendenze o new addictions comprendono le nuove forme di dipendenza in cui non è implicato l’intervento di alcuna sostanza chimica. L’oggetto della dipendenza è in tali casi un comportamento o un’attività lecita e socialmente accettata. Tra le new addictions possiamo annoverare la dipendenza dal gioco d’azzardo, da internet, dallo shopping, dal lavoro, dal sesso, dal cibo e dalle relazioni affettive. Per la maggior parte delle persone queste attività rappresentano parte integrante del normale svolgimento della vita quotidiana, ma per alcuni individui possono assumere caratteristiche patologiche, fino a provocare gravissime conseguenze. Negli ultimi anni si è assistito ad un’enorme diffusione di queste dipendenze comportamentali, tanto che la letteratura scientifica non ha potuto non rivolgervi il proprio interesse. In linea con tali considerazioni l’Associazione Venetiae Alumni ha promosso la ricerca “Giovani e Nuove dipendenze” svoltasi tra Settembre 2009 e Maggio 2010, con il patrocinio del Governo Italiano Ministro della Gioventù, dal Comune di Venezia – Assessorato alle Politiche giovanili e alla Pace , Associazione Veni ed Etiam. Ma cos’è l’associazione Venetiae Alumni? L’associazione Venetiae Alumni è nata nel 2009 con l’intento di valorizzare il concetto di “popolazione universitaria” esprimendo e sviluppando il potenziale della connessione tra studenti, ex-studenti ed il territorio veneziano. L’Associazione ha quindi lanciato la sua prima iniziativa in stretta collaborazione con il Comune di Venezia ed all’interno del progetto Vivacittà. “Giovani e Nuove Dipendenze” è un progetto di sensibilizzazione, divulgazione ed analisi dei nuovi fenomeni di dipendenza per una qualità sociale del divertimento, i cui risultati saranno utilizzati per elaborare strumenti e proposte di prevenzione del disagio sociale attraverso lo studio e l’analisi del fenomeno del disagio giovanile. «Nello specifico l’indagine ha riguardato lo shopping compulsivo, la dipendenza da internet e il gioco d’azzardo, basandosi su strumenti di misurazione specifici quali un questionario “shinga” somministrato in versione cartacea nelle aule di alcune scuole superiori di Mestre e Venezia, nelle aule universitarie di Venezia, nel corso di eventi e workshop rivolti ai giovani nell’interland veneziano e in versione digitale on-line; interviste a testimoni privilegiati; Focus Group con persone operanti nel campo delle dipendenze, dell’istruzione e del sociale». Spiega Simone Panizzuti Psicologo Sociale, del Lavoro e della Comunicazione, tra i realizzatori della ricerca. Sulla base di questi presupposti sono emersi interessanti risultati. Il campione coinvolto nella somministrazione del questionario (831 persone) è composto da maschi (53,4%) e femmine (46,6%) di un’età media di 21 anni. La Regione di residenza è per il 95% il Veneto, la maggior parte risiede in Provincia di Venezia (72,9%). Si tratta prevalentemente di studenti (89%) con titolo di studio per la maggior parte scuola dell’obbligo (44,1%) e licenza superiore/spec. professionale (41,8%). Quasi tutte le persone coinvolte possiedono un pc (97,3%) ed una buona parte (70,4%) usa internet tutti i giorni, con utilizzo medio di 1 ora al giorno ed un numero rilevante di soggetti (15,9%) che lo utilizza dalle 3 ore in su al giorno. In merito all’utilizzo di internet e alla sua dipendenza la ricerca ha evidenziato i seguenti aspetti: riguardo le attività maggiormente svolte on line dal campione prevale l’utilizzo dei social network (69%), facebook, myspace etc. Altra attività tra quelle maggiormente svolte è la ricerca di notizie/informazioni tramite il web (67,7%), utilizzo di servizi di posta elettronica (48,6%) e lo svago (43,3%), segno dell’utilità della rete nella comunicazione e nell’attività ricreativa. In particolare i punti critici emersi riguardano la mancanza di controllo nell’utilizzo della rete (retomania), specialmente in termini di tempo, e la tendenza a trascurare o mettere in secondo piano attività importanti quali studio e faccende domestiche, spesso ad un livello tale da compromettere il proprio percorso accademico o le proprie normali attività. In merito allo shopping compulsivo i comportamenti sono connessi alle emozioni vissute in relazione a tale attività, quali il sentirsi in ansia o depressi in caso di mancato acquisto di ciò che è desiderato (per il 10,5% del campione accade sempre), fare acquisti per sentirsi meglio (l’8,5% del campione lo fa sempre), sentire il bisogno di possedere assolutamente qualcosa di visto facendo shopping (per l’11,6% del campione accade sempre). È inoltre significativa una differenza di genere: le donne sono apparentemente molto più soggette a questo genere di comportamento. A tal riguardo ciò sembra essere dovuto principalmente ad aspetti legati ai modelli educativi e consumistici indotti dalla televisione e ad una mancanza di strutture (famiglia e gruppi di amici in primis) che rappresentino una valida alternativa a questi comportamenti. Nell’ambito del gioco d’azzardo tra le attività emerse spiccano il gioco delle carte per soldi (il 18,3% del campione ci ha giocato negli ultimi 12 mesi), le scommesse sportive (il 16,4% del campione ci ha giocato negli ultimi 12 mesi), il gratta e vinci (il 23,5% del campione ci ha giocato negli ultimi 12 mesi) ed il superenalotto (il 18,5% del campione ci ha giocato negli ultimi 12 mesi). Le tendenze comportamentali critiche legate al gioco d’azzardo riguardano il mentire riguardo alle proprie vincite (il 22,1% dei giocatori ha dichiarato che gli è capitato di giocare una somma di denaro ed avere detto agli altri d’avere vinto soldi in realtà non vinti), la mancanza di controllo sulla quantità giocata (al 22,9% dei giocatori è capitato di giocare d’azzardo più di quanto non avesse voluto) ed il sentimento di colpa (al 22,4% del campione è capitato d’essersi sentiti in colpa per la quantità della cifra giocata o per ciò che accade giocando). «Il secondo step della ricerca ha riguardato l’intervista a dieci testimoni privilegiati, operanti nel campo delle dipendenze, della scuola e delle attività sociali, ed uno psicologo di un’Università americana – continua Simone Panizzuti – e a conclusione di questo percorso tra gli intervistati è stato organizzato un Focus Group per una analisi dei risultati del questionario “Sh.In.Ga.” e un confronto su quanto emerso dalle interviste».
Quali sono quindi le principali considerazioni emerse? «Gioco, consumo di beni, tecnologie informatiche, sono aspetti e attività che fanno parte della nostra società, diffuse a livello globale. Non vanno evidentemente criminalizzati, e, con varie modalità, sono elementi fondamentali di sviluppo delle conoscenze, di interscambio culturale, di progresso economico. Per i singoli soggetti possono costituire occasioni per un incremento della qualità nell’uso del tempo, di crescita umana e delle abilità personali. Occasioni, quindi, anche per conoscere se stessi e costruire propri percorsi umani, relazionali e professionali. Inoltre questi fenomeni, non riguardano esclusivamente determinati strati sociali o ambienti culturali e certamente non coinvolgono più solamente ambiti di emarginazione giovanile ma sono sempre più trasversali».
Sulla base delle analisi promosse dall’Associazione Venetiae Alumni sono quindi emerse delle ipotesi di lavoro identificabili come linee guida di possibili interventi futuri? «Il primo e fondamentale aspetto relativo a questo genere di attività di ricerca riguarda l’approccio complessivo che non deve essere giudicante, colpevolizzante e terrorizzante, ma finalizzato alla conoscenza e consapevolezza critica delle potenzialità e delle criticità, dei pericoli connessi ai fenomeni in esame; alla comunicazione ed all’arricchimento delle relazioni necessarie per acquisire la capacità di compiere decisioni consapevoli all’interno della rete di relazioni e di “dipendenze” che si hanno e che fanno parte del nostro essere sociale. Per aiutare i giovani in questi frangenti sarebbe necessario creare e consolidare gruppi di sviluppo della socialità e della ricchezza di relazioni, di riflessione sugli stili di vita e sui modelli relativi al rapporto con il proprio corpo e con il denaro. Oggi gli spazi esistenti portano alla creazione del “branco”, allo stare assieme per far qualcosa, divertirsi secondo le mode e le dinamiche del gruppo. Si creano momenti e luoghi di aggregazione virtuale, in cui prevale l’anonimato di massa. A scuola dovrebbe essere possibile sperimentare attività parascolastiche per orientare e sviluppare gli interessi degli studenti e percorsi formativi che siano occasione per riflettere sull’uso corretto delle tecnologie informatiche e sugli stereotipi legati al gioco, come pensare che più si gioca e più aumentano le probabilità di vincere».
 

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