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COSÌ SI CURA LA SALUTE “METROPOLITANA”

COSÌ SI CURA LA SALUTE  “METROPOLITANA”

Intervista a Giuseppe Dal Ben, direttore delle Ulss del Veneziano: «Insieme ai Comuni, possiamo fare molto per questo territorio»


Se c’è un mondo, un settore di attività che nel Veneto si muove verso la dimensione metropolitana, è quello della sanità. La riorganizzazione provinciale delle Ulss non è ancora realizzata e non arriverà, probabilmente, a fusioni di scala “sovraprovinciale”. Intanto, però, alla guida della sanità di tutta l’area urbana del Veneziano c’è la stessa persona: Giuseppe Dal Ben. Classe ’56, di Oderzo, medico igienista per formazione, da molti anni è impegnato nella gestione della sanità pubblica. Governa dal 2012 l’Ulss 12 Veneziana; dal 2011 è commissario dell’Azienda sanitaria di Chioggia (l’Ulss 14); e, da gennaio di quest’anno, guida anche la sanità del Miranese, come commissario dell’Ulss 13.
Dottor Dal Ben, come coglie questa sfida? Si possono fondere in un’unica azione di governo tre realtà certamente diverse come le aree urbane di Venezia, di Chioggia e del Miranese? «È vero: governo tre Aziende sanitarie diverse, nella storia, nelle peculiarità, nelle strutturazioni organizzative. Ma attenzione: se si guarda al “particolare”, le differenziazioni sono forti anche all’interno delle singole Aziende sanitarie. Si pensi solo a come sono diversi i territori dell’Estuario veneziano e di Mestre, che pure sono parti della stessa Ulss 12 Veneziana. Se invece si guarda la realtà con una visione davvero metropolitana, allora ci si accorge che Mirano e Chioggia, Favaro Veneto e Cavallino sono parte dello stessa area urbana, che sta tutta intorno a quella “calamita” peculiare e potente che è la Venezia ideale. Governando questo territorio, anche nel settore della sanità, occorre rispettare le peculiarità dei diversi ambiti locali, lavorando però con uno sguardo di area vasta».
È quindi possibile una visione metropolitana anche in un ambito così delicato e legato al bisogno personale, del singolo utente, come quello sanitario? «Certo che sì. Anche nel settore della sanità pubblica, i cittadini chiedono due cose: risposte immediate ai problemi di livello “locale” e risposte vaste e lungimiranti sui grandi temi di programmazione di vasta scala. Chiedono ad esempio ambulatori vicini a casa per i problemi di salute quotidiana, ma chiedono anche un ospedale di riferimento con professionalità e attrezzature di altissimo livello in grado di affrontare la patologia gravissima. La nostra sfida è questa, se la vogliamo tradurre con uno schema estremamente semplificato: dare ai cittadini un efficiente servizio sanitario quotidiano, con strutture sanitarie “locali” diffuse sul territorio, e dare contemporaneamente ai cittadini un grande ospedale di riferimento con le alte specialità». Secondo questo schema si struttura tutta la sanità regionale? «Sì, è questo l’obiettivo complessivo. È stata stesa sul territorio una rete ospedaliera in cui gli ospedali “hub” si pongono come poli eccellenti della rete (il nostro ospedale “hub” è quello dell’Angelo, sempre più efficiente) e intorno si propongono gli ospedali “spoke”, più vicini al territorio ma non dotati delle alte specialità. Allo stesso modo, si lavora per stendere una rete di strutture e servizi (i distretti, gli ambulatori delle medicine di gruppo integrate, le strutture intermedie riabilitative) che siano vicini all’utenza per le patologie minori e che funzionino davvero».
La costruzione della nuova sanità regionale comporta decisioni impattanti sul territorio, non sempre facili. Si tratta evidentemente anche di fare scelte, abbandonando il modello “dei campanili”, in cui ogni città ha il suo ospedale, e lo vuole nuovo ed eccellente… «Una città estesa, come la Venezia di acqua e di terraferma, con il suo territorio vasto e variegato, deve darsi una strutturazione, e deve fare scelte che siano coerenti e funzionali. Va detto anche che Venezia non è una città come tutte le altre, anzi. Città specialissima, polo attrattivo, circondato da un territorio altrettanto speciale, deve potersi permettere una sanità speciale: si pensi ai trasporti sanitari nella città insulare o all’investimento in servizi sanitari stagionali dedicati ai turisti, a Venezia ma anche nelle località balneari. Nella nostra città, quindi, anche la sanità deve poter essere speciale: pensata in modo “metropolitano”, ma con grande attenzione alle esigenze locali, e allo stesso tempo con uno sguardo sempre attento ai milioni di “Veneziani del mondo” che la abitano per un giorno, o per qualche settimana all’anno».
Che sostegno riceve dalle amministrazioni civiche questo suo lavoro per una nuova sanità sul territorio? «I sindaci sono i primi portatori delle istanze dei territori. Mi sono impegnato da subito perché si crei un dialogo costante e sempre costruttivo tra l’Azienda sanitaria e i primi cittadini dei Comuni compresi nel territorio delle tre Ulss. Per costruire una efficiente sanità metropolitana conta la collaborazione, e conta il gioco di squadra. Se lavoreremo insieme, si potrà fare molto per questo nostro territorio: non dimentichiamo che operiamo nel quadro di una sanità, quella veneta, che è una perla preziosa».