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L'addio dell'ultimo testimone: Giulio Biasin, l'ultimo corazziere del Re

L'addio dell'ultimo testimone: Giulio Biasin, l'ultimo corazziere del Re
L'ex corazziere Giulio Biasin con il principe Emanuele Filiberto di Savoia

L’ultimo testimone se ne è andato.
Giulio Biasin, veneziano, l’ultimo corazziere di Vittorio Emanuele III ancora in vita, è mancato sabato 24 aprile.
Metropolitano.it lo ricorda riproponendo l’articolo pubblicato nel 2019, pochi giorni prima che, il 5 giugno di quell’anno, il carabiniere di Castello venisse insignito dell’onorificienza di commendatore della Repubblica. 
Allora aveva ricordato che a guidare la sua vita erano stati abnegazione e fedeltà. 
E fedele allo Stato, ma anche al ricordo del suo Re, lo è stato fino alla fine.

1 Giugno 2019

Il veneziano centenario Giulio Biasin: l’ultimo corazziere del Re

 

Nei secoli fedele. E per Giulio Biasin, carabiniere veneziano classe 1919, il secolo di vita e di storia è arrivato. E che vita. E che storia: Giulio, che mercoledì 5 giugno verrà insignito dell’onorificenza di commendatore, è l’ultimo corazziere vivente ad avere servito un re d’Italia.
Nel 1939 il sovrano era Vittorio Emanuele III.
Fu allora che un giovane carabiniere veneziano, originario del sestiere di Castello, entrò nel prestigioso Squadrone Carabinieri del re, i futuri Corazzieri.
Un’esperienza indimenticabile, fra cavalli di razza, sciabole, elmi con le iniziali reali, preziose corazze. E regole ferree.
“Ricordo che l’accoglienza al corpo fu buona: nell’ambiente vigeva chiaramente la rigida disciplina ma non la sopraffazione, e gli ufficiali non facevano eccezione – rammenta Giulio, che taglierà il traguardo dei 100 anni il prossimo 19 settembre – benché fossero tutti di famiglie blasonate”.

Il corazziere Giulio Biasin (a destra) con il fratello Francesco Biasin

Militare tutto d’un pezzo e alto 192 centimetri (padre guardia urbana a Venezia e nonno ufficiale garibaldino), Biasin rievoca quegli anni con orgoglio e con una passione non scalfita dal tempo.
Abnegazione e fedeltà sono ancora oggi tra le stelle polari che guidano la sua vita  e
l’età anagrafica sembra pesare meno proprio perché sostenuta da una sconfinata narrazione, che annovera peraltro anche una parentesi sportiva.

Un veneziano tra il Gruppo Sportivo dei Corazzieri d’Italia

Era iscritto a quella che allora si chiamava Reale Società Canottieri Bucintoro, forse il più prestigioso sodalizio del remo lagunare. Biasin, già corazziere, venne segnalato per le sue doti atletiche al celebre Circolo canottieri Aniene della capitale.
Si può dire che con lui nasceva una nuova specialità per il Gruppo Sportivo Corazzieri, un
destino sportivo di grande successo anche internazionale, come testimoniano attestati e medaglie, ma pure di grandi sacrifici.

Premio regata di Berlino 1942 conferito al corazziere Giulio Biasin, di Venezia

“Non era certo come oggi: nessun permesso speciale o esenzione. Dovevamo fare il nostro servizio e solo dopo andavamo ad allenarci. Niente personal trainer, palestre tecnologiche, diete calibrate e alberghi riservati. In una gara in Germania, dove vinsi nel due senza con mio fratello, si dormì in tenda e la pasta ce la cucinammo su un fornello da campo”.

Corazziere tra le due guerre

Giulio nasce neppure un anno dopo la fine della Grande Guerra e si arruola nell’Arma dei
carabinieri nel breve e tormentato intervallo tra i due conflitti mondiali.
“Si può immaginare cos’era per un giovanotto di Castello arrivare a Roma la città del re, la città del Papa, una metropoli già allora. Mio padre diceva: vedrai che lì ti metteranno in riga. Già, ero piuttosto vivace”.
Nella capitale, al servizio del re d’Italia, arriverà anche Francesco, di un anno più giovane.
I due fratelli Biasin assieme al Quirinale a svolgere il servizio d’onore e di protezione più prestigioso del Paese. Anni pieni di grandi avvenimenti con i due veneziani diretti testimoni.
“Quasi sempre montavamo in servizio di rappresentanza o di picchetto assieme. Davanti a me e a mio fratello sfilavano continuamente le personalità del tempo, Pio XII compreso, perché in visita o convocati da Vittorio Emanuele III. Ma non è che dicessimo molto ai nostri genitori, del resto le occasioni erano davvero poche. Le telefonate erano una rarità e ancor di più le licenze per tornare a casa. Una volta l’anno, mediamente”.
Ma il destino li doveva dividere crudelmente. Francesco muore nel 1941 a seguito di una ferita da mitragliamento aereo.

Nome in codice: “Vulcano”

Virtus in periculis firmior. Ovvero: “il coraggio diventa più forte nel pericolo“: il motto dei corazzieri. Giulio resta solo ma, allora come oggi, ha attorno l’affetto e il sostegno della sua seconda famiglia, l’Arma dei carabinieri, e i colleghi Corazzieri. Poi l’armistizio e l’alleato germanico diventa spietato occupante. Un breve periodo in una formazione partigiana sul Cansiglio dove assume il nome di battaglia di “Vulcano”.
Ma non abbandona l’Arma, ritorna a Roma e infine a Venezia dove s’adopera nel ripristino del presidio dei carabinieri nella caserma di San Zaccaria.
Gli anni corrono, l’Italia cambia. E’ la repubblica e Giulio, ex corazziere del re, si sposa con Ada e passa il testimone a Giorgio suo secondogenito. Per i Biasin la storia si rinnova: l’Arma, la dura selezione, la caserma di via XX settembre a Roma, il Quirinale. Giorgio è Corazziere. Si congederà negli anni ‘80.

Giulio Biasin, corazziere e commendatore d’Italia

Per Giulio è in arrivo un grande momento: lo Stato da lui sempre servito in silenzio e con coraggio lo onora con il titolo di commendatore. Sarà una cerimonia sobria ma non priva di emozione quella che si terrà il 5 giugno in occasione della Festa dell’Arma dei carabinieri alla caserma del Comando provinciale a Venezia. Accanto a Giulio figli e nipoti e ancora, fedele, la sua seconda famiglia, con tanti ex colleghi corazzieri.

L’ex corazziere Giulio Biasin festeggiato dai suoi colleghi carabinieri il giorno del suo 94° compleanno

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