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Col digiuno intermittente, cuore a rischio

Col digiuno intermittente, cuore a rischio

I risultati di un nuovo studio rilanciano l’idea del collegamento tra la tendenza dietetica di gran moda e le malattie cardiovascolari, alzando al +135% la maggior probabilità di morte

Il digiuno intermittente è senza dubbio la principale tendenza dietetica dell’ultimo decennio.
Ma il tema della sua efficacia e degli effetti che produce sull’organismo resta estremamente dibattuto, anche all’interno della comunità scientifica. Da poco più di un anno, per esempio, il ragionamento si è incentrato sul possibile collegamento tra un piano alimentare limitato a un arco temporale di meno di 8 ore al giorno e l’insorgere di malattie cardiovascolari. A innescare la miccia, i risultati di una ricerca presentati al congresso di marzo 2024 dell’American heart association, che avevano quantificato nel +91% l’aumento del rischio. Adesso, un nuovo studio della University School of Medicine di Shanghai, in Cina, pubblicato su ScienceDirect, ha elevato ulteriormente questa soglia, portandola al +135%.

Il digiuno intermittente che aumenta il rischio cardiovascolare

Una premessa è d’obbligo. Sono gli stessi ricercatori, nelle conclusioni dell’articolo scientifico, a sottolineare che “sebbene sia stata osservata un’associazione positiva tra la durata del consumo “<8 h” e la mortalità cardiovascolare, sono necessarie ulteriori ricerche per capire se questo rischio è attribuito alla breve durata del consumo stesso o alla confusione residua derivante dai suoi fattori che contribuiscono”.

digiuno intermittente

Le nuove indicazioni emerse sono in ogni caso già interessanti. E non solo perché non è stata riscontrata nessuna associazione tra una durata alimentare inferiore a 8 ore e il cancro o una mortalità per tutte le cause. Il nesso individuato nel gruppo di 19.831 partecipanti al test, seguiti in media per 8,1 anni con punte di 17 anni, riguarda dunque solo il rischio cardiaco. L’associazione positiva tra il regime alimentare e la mortalità cardiovascolare, oltre che con lo sviluppo di problemi cardiaci come infarto e ictus, sia nel campione complessivo che tra gli individui con malattie cardiovascolari e diabete, come illustrano i risultati dello studio è del resto “rimasta coerente in 8 sottogruppi stratificati per razza/etnia, fattori socioeconomici e stato di fumo, ed è sopravvissuta a 14 analisi di sensibilità”. Un segnale abbastanza sorprendente, per l’autore principale, Victor Wenze Zhong, al punto di mettere in discussione l’idea del digiuno come un percorso privo di rischi.

Vantaggi e svantaggi del digiuno intermittente

Pur richiamando sulla necessità di approfondire i preoccupanti risultati dello studio, senza peraltro pretendere di aver dimostrato un nesso di causa-effetto, i ricercatori ammettono comunque, nelle premesse della ricerca, che “mangiare con restrizioni di tempo di 8 ore ha dimostrato benefici a breve termine per la perdita di peso e la salute cardiometabolica in studi randomizzati”. Sono numerosi gli studi e le analisi che suggeriscono un collegamento tra il digiuno intermittente e il miglioramento dei profili lipidici e della sensibilità all’insulina, favorendo la gestione della glicemia, l’abbassamento della pressione sanguigna e anche benefici antinfiammatori. A favorire la diffusione di questo topo di dieta è stata in fondo proprio la prospettiva, finora avallata da numerosi scienziati, di ottenere risultati positivi a livello di metabolismo e di riparazione cellulare semplicemente intervenendo sulle tempistiche del consumo di alimenti, senza invece la necessità di contenere le calorie ingerite o tagliare determinate categorie di alimenti, a partire dai carboidrati. Al tempo stesso, i nutrizionisti hanno da sempre sottolineato i possibili rischi di tale pratica per chi ha una condizione di base già compromessa. E vi sono da tenere in conto anche altri potenziali aspetti negativi, tra cui carenze nutrizionali, aumento del colesterolo, irritabilità, mal di testa, debolezza, disidratazione, difficoltà di concentrazione e fame eccessiva, oltre all’accelerazione della perdita muscolare negli anziani.

Alberto Minazzi

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Tag:  cuore, dieta, ricerca