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Autonomia: i contenuti del ddl oggi al voto in Senato

Autonomia: i contenuti del ddl oggi al voto in Senato
Palazzo Madama, sede del Senato italiano, Roma

L’aula di Palazzo Madama chiamata a dare il via libera per la prosecuzione dell’iter verso l’approvazione della legge proposta dal ministro Calderoli

Come ogni riforma epocale, ha i suoi fermi detrattori e i suoi convinti sostenitori.
Guardando al disegno di legge numero 615 sull’autonomia differenziata presentato dal ministro per le Autonomie, Roberto Calderoli, che arriva oggi, 23 gennaio 2024, nell’aula del Senato per l’approvazione, chi sposa la posizione contraria sostiene che “aumenterà le disuguaglianze tra territori”.
Chi invece attende con impazienza che l’iter si completi, non esita a definirla “la più grande riforma dopo la Costituzione repubblicana, compimento dei dettami dei Padri costituenti”.
Parole, queste, espresse più di un anno fa, il 19 dicembre 2022, dal presidente del Veneto Luca Zaia, ricordando come i veneti, già il 22 ottobre 2017, con un referendum, si siano espressi a favore dell’autonomia al 98,1% .
L’iter, adesso, sembra essere partito definitivamente.

I capisaldi: 23 funzioni trasferibili

La riforma poggia su due due concetti-base e 11 articoli che compongono disegno di legge.
Il primo concetto è il richiamo a un articolo già contenuto nella nostra Costituzione, a cui già nello stesso titolo del disegno di legge si specifica si vuole dare attuazione e che si può riassumere nella nozione di “funzioni trasferibili”.
L’articolo è il numero 116, che prevede come, sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione interessata, possono essere attribuite alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta forme e condizioni particolari di autonomia. Lo stesso articolo 116 fissa l’elenco delle 23 materie all’interno delle quali può avvenire tale trasferimento.
Vi rientrano, tra le altre, salute, istruzione, ambiente, trasporti, energia, commercio estero, cultura e sport.

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Le intese in tal senso potranno avere una durata massima di 10 anni, rinnovabili ma anche passibili di una chiusura anticipata nel rispetto di un preavviso di almeno un anno. E le funzioni, sulla base dell’articolo 118, possono anche essere attribuite dalla Regione a Comuni, Province e Città metropolitane.
L’articolo 1 del ddl stabilisce, nel terzo comma, anche le modalità relative alla procedura di approvazione delle intese, che dovrà durare almeno 5 mesi, compresi i 2 mesi in cui le Camere dovranno analizzare le richieste presentate dalle regioni.
Una volta ottenuta la devoluzione delle materie, con il trasferimento di risorse umane e strumentali, le stesse regioni potranno trattenere anche il gettito fiscale relativo all’erogazione degli specifici servizi, anche sulla base delle proposte della Commissione paritetica appositamente istituita.

I livelli essenziali delle prestazioni

Il secondo e ancor più importante punto-cardine è la previsione dei cosiddetti “livelli essenziali delle prestazioni” (Lep), anch’essi previsti dalla Costituzione, che, nelle materie che riguardano i diritti civili e sociali dei cittadini, dovranno continuare a essere garantiti almeno al livello minimo fissato sull’intero territorio nazionale.
Per giungere, una volta approvata la legge, alla fase di concreto passaggio di funzioni dallo Stato alle Regioni che ne faranno richiesta, dovranno dunque essere prima di tutto determinati i Lep e i relativi costi e fabbisogni standard. Sarà il Governo, entro 2 anni dall’entrata in vigore della legge, a procedere a tale determinazione, attraverso uno o più decreti legislativi.

Un’ulteriore tutela, riguardo ai Lep, è prevista nell’articolo 9 del disegno di legge, che introduce la “clausola di invarianza finanziaria”.
Il finanziamento dei Lep dovrà cioè avvenire nel rispetto delle norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi e degli equilibri di bilancio e sarà necessario che dal trasferimento non risultino alterate l’entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, così come la perequazione per i territori meno ricchi e quindi con minore capacità fiscale per abitante.
Misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale” sono previste infine anche nell’articolo 10, che individua anche alcune fonti per le relative risorse.

Alberto Minazzi

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