Lo studio: possibile una riduzione di costi tra il 10% e il 15%, per un risparmio di circa 21,74 miliardi l’anno
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale, anche nella sanità, è già una realtà.
E un innegabile aiuto.
All’ospedale universitario Sant’Andrea di Roma, per esempio, grazie a un software è possibile identificare le fratture che potrebbero sfuggire all’occhio umano, coadiuvando il medico, al quale è affidata ovviamente una rilettura di conferma.
O, ancora, i nuovi algoritmi informatici utilizzati nello svolgimento delle risonanze magnetiche consentono non solo un dimezzamento dei tempi, ma soprattutto si riducono del 60% le radiazioni attraverso cui acquisire immagini.
Sono solo alcune delle possibili applicazioni dell’Ai citate nella ricerca divulgativa sull’impatto dell’intelligenza artificiale pubblicata dalla Rome Business School.
Uno studio che, pur sottolineando come serva un’accelerazione degli investimenti, evidenzia i possibili benefici sia per i pazienti, che per il personale sanitario, che per le casse della sanità.
Gli impatti economici della Ai sulla sanità
Al riguardo, calcola la ricerca, se si implementasse l’uso dell’Ai nei processi sanitari, si potrebbero ridurre i costi del 10%-15%, con un risparmio annuo di circa 21,74 miliardi di euro.
Eppure, nel 2023, solo il 26% delle aziende sanitarie italiane prevedeva di investire nel settore, con una quota ancor minore (il 4%) che intendeva usare a tal fine i fondi del Pnrr.
In ogni caso, il settore è in crescita.
Le previsioni relative al mercato dell’Ai in sanità stimano in 3,19 miliardi di euro il giro d’affari italiano, che è praticamente raddoppiato nell’ultimo biennio.
Il valore globale del settore nel 2023 ha toccato circa 208 miliardi di dollari, con una proiezione di Statista, citata dai ricercatori, che prevede un valore di 1.848 miliardi nel 2030.
I progressi tecnologici in sanità grazie all’Ai
Il rapido recente sviluppo dell’intelligenza artificiale ha dunque dato vita a partnership internazionali tra aziende farmaceutiche, grandi Big Tech e aziende specializzate in piattaforme Ai specificamente dedicate alla sanità. E non vanno dimenticate le collaborazioni in un’ottica di open innovation con le start-up locali.
Sono almeno una settantina, in Italia, quelle che sviluppano sistemi di Ai applicati alle scienze della vita.
Le applicazioni sanitarie, così, possono essere integrate in più ampi progetti in forte crescita come le “smart homes”, le case intelligenti che si stima muoveranno 37,8 miliardi di euro entro il 2025. O sostenere lo sviluppo dei sensori biometrici “wearables”: dispositivi indossabili che rilevano dati vitali, a loro volta analizzabili in tempo reale attraverso soluzioni di Ai.
L’approccio “umanocentrico” dell’Ai in sanità
“L’Ai – sottolinea Valentino Megale, uno degli autori – non sostituisce, ma accompagna i professionisti”. Un “approccio umanocentrico che rappresenta senza dubbi un’opportunità per ridurre costi e migliorare i servizi alla popolazione”, aggiunge l’altro autore Valerio Mancini.
La ricerca ha infatti calcolato che l’Ai può potenzialmente automatizzare fino al 36% dell’attività nel settore sanitario e sociale.
Risultato ancor più importante se si ricorda che già oggi, nel sistema sanitario italiano, mancano circa 50 mila infermieri, che entro il 2025 il nostro Paese potrebbe trovarsi con una carenza di circa 16.500 medici e che, secondo l’Istat, entro il 2050 più di 3 italiani su 10 avranno oltre 65 anni. Motivi per i quali sono richiesti, afferma l’autore Francesco Baldi, “servizi semplici da usare, efficienti e adeguati alle proprie esigenze”.
I benefici per personale sanitario e popolazione
Liberare risorse umane per compiti di maggior valore aggiunto farebbe insomma aumentare la sostenibilità del sistema.
“In Italia – evidenzia Massimiliano Parco, tra gli autori della ricerca – un medico dedica 23 delle sue 40 ore di lavoro a burocrazia e documentazione”. Grazie all’Ai, in tal senso, si possono ridurre le lacune e minimizzare le comunicazioni telefoniche, aprendo potenzialmente anche più slot per appuntamenti.
Questo si traduce anche in un migliore accesso dei pazienti alle cure, riducendo i tempi d’attesa, e nella maggior qualità delle stesse, consentendo un’assistenza personalizzata e tempestiva grazie all’applicazione dell’Ai a dispositivi medici intelligenti, sistemi di monitoraggio remoto e robotica assistenziale. Inoltre, aumenta l’interazione con gli operatori, per i quali invece si riduce il rischio di burn out, cioè esaurimento.
La crescita dell’Ai nelle imprese
Lo studio si intitola “L’impatto dell’intelligenza artificiale in Italia dalla finanza alla sanità” e, di conseguenza, dedica una parte anche all’utilizzo dell’Ai da parte delle imprese italiane, evidenziando la continua crescita in tutti i settori.
Nel 2023, sono il 47,1% a impiegarla nei processi produttivi, in particolare nel Nord-Est, e il 33% nella vendita e nel marketing (+9% rispetto al 2021), ancora a Nord-Est e nel Mezzogiorno.
Tra gli altri utilizzi, il 23% delle aziende impiega sistemi di Ai per la sicurezza e la tecnologia dell’informazione, il 21% in ricerca e sviluppo, mentre meno del 20% in logistica, gestione finanziaria e amministrazione.
Nel settore della ristorazione si tocca il 75%, nel settore delle tecnologie Ict il 60% e in quello di attività editoriali e informatica si resta di poco sotto il 50%. Il 52% delle imprese manifatturiere utilizza infine l’Ai per l’automatizzazione dei flussi di lavoro.
Alberto Minazzi