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Venezia pioniera del riciclo: nella Laguna dell'VIII sec. si anticipò l'economia circolare

Venezia pioniera del riciclo: nella Laguna dell'VIII sec. si anticipò l'economia circolare

C’è un segreto millenario nascosto tra i frammenti di San Pietro di Castello. I dettagli di una scoperta che riscrive i manuali di storia

Mentre noi oggi esitiamo davanti ai cassonetti, indecisi se un bicchiere di cristallo o una tazzina di ceramica possano compromettere l’intera raccolta del vetro, tra le barene dell’Alto Medioevo la “differenziata” era già una scelta strategica e industriale.
Non per necessità ecologica, ma per pura genialità commerciale.
Una nuova ricerca scientifica coordinata dall’Università Ca’ Foscari ha infatti scoperchiato un segreto sepolto sotto il fango di San Pietro di Castello: i maestri vetrai veneziani dell’VIII secolo non solo importavano materiali dall’Oriente, ma erano già maestri nel rigenerare frammenti del passato per creare il futuro.

Il riciclo del vetro nella Venezia altomedievale

A collocare nella Venezia dell’Alto Medioevo il finora più antico esempio di vetro riciclato è l’articolo “The glass assemblage from San Pietro in Castello: tracing glass technology and innovations in the Venetian lagoon”, appena pubblicato sulla rivista “Archaeological and Anthropological Sciences” e frutto delle ricerche condotte da Margherita Ferri dell’università veneziana di Ca’ Foscari in collaborazione con Elisabetta Gliozzo dell’Università di Firenze ed Eleonora Braschi, dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr.
Determinante, in tal senso, è stata l’analisi della composizione di una tessera di mosaico blu. Al suo interno è stata infatti riscontrata la coesistenza di 2 diversi tipi di opacizzanti: antimoniato di calcio e stannati di piombo, testimonianza di altrettante tecniche di produzione del vetro adottate in periodi distanziati tra loro di secoli.

riciclo
Strumentazione per analisi Laser Ablation

La spiegazione della presenza del primo opacizzante, abbandonato dai vetrai dopo il IV secolo, è stata così ricondotta a una vera e propria opera di riciclo. Gli artigiani, spiegano gli studiosi, hanno cioè fuso una vecchia tessera di epoca romana per recuperarne il materiale e creare un nuovo oggetto. E non è l’unica pratica basata sul riutilizzo attuata dagli antichi artigiani vetrai veneziani. Per colorare il vetro di blu, aggiunge l’articolo, non veniva infatti utilizzato un pigmento di cobalto puro e raffinato, bensì le scorie della lavorazione dei metalli, sottoprodotto ricco di questo elemento chimico.

L’antichissima industria veneziana del vetro, da sempre all’avanguardia

Le prove relative al riciclo del vetro testimoniano però non solo la propensione degli antichi veneziani a una sorta di “economia circolare” ante litteram, ma anche una profonda conoscenza dei materiali e delle loro proprietà.
Questo ha consentito ai vetrai artigiani lagunari di essere veri precursori di molte novità nel settore specifico, ancor prima del boom rinascimentale della produzione del vetro artistico di Murano. I 45 piccoli frammenti analizzati dai ricercatori, provenienti da campioni degli scavi archeologici effettuati a inizio degli anni ’90 del secolo scorso nella zona di San Pietro di Castello, uno dei nuclei fondativi della città, hanno infatti consentito di retrodatare di secoli la storia del vetro a Venezia.

Un passaggio epocale

L’analisi scientifica di reperti come vasellame, scarti di produzione e un crogiolo in pietra ollare ha rivelato al tempo stesso come la città sia stata una vera e propria pioniera nell’adozione di complesse tecnologie innovative ed avanzate nell’area del Mediterraneo già a partire dall’VIII secolo. L’esempio più importante, in tal senso, riguarda l’adozione di tecnologie a base di ceneri vegetali in sostituzione di quelle a base di natron, eredità dell’Impero Romano, che rivoluzionò la produzione di vetro nel mondo antico in Europa, rilanciandola dopo le difficoltà legate al reperimento della soda proveniente dall’Egitto. Al riguardo, lo studio ha consentito di dare una risposta, “Venezia”, alla domanda su quale sia stata la realtà antica da cui partì questo passaggio epocale.

Calice altomedievale da San Pietro di Castello, simile a quelli analizzati, in corso di restauro

Il vetro al centro dei commerci della Venezia antica

“A San Pietro di Castello – spiega Margherita Ferri – sono stati rinvenuti alcuni frammenti di vetro prodotti con ceneri vegetali risalenti già all’VIII secolo. Ma il vero colpo di scena è un altro: l’analisi chimica attribuisce a questi antichi frammenti una produzione siro-levantina”. I calici realizzati con questa tecnica suggeriscono cioè la provenienza delle materie prime dal Vicino Oriente (Siria, Libano, Palestina e Israele). E, a testimoniare come a essere importati non siano stati solo oggetti di lusso già finiti da destinare direttamente al consumo, confermando in tal modo la capacità tecnica all’avanguardia degli antichi vetrai veneziani, c’è il fatto che i calici hanno la stessa forma di quelli prodotti localmente con la vecchia tecnica a base di natron. Questo indica che gli artigiani veneziani importavano il vetro grezzo e lo lavoravano secondo i propri stili.
“Ciò significa – prosegue Ferri – che la Venezia di 1300 anni fa non solo conosceva questa nuova tecnologia, ma i suoi commerci erano così efficienti da importare materiali all’avanguardia prodotti a centinaia di chilometri di distanza”. Venezia, insomma, era un vero e proprio crocevia commerciale internazionale, con rotte dinamiche e flessibili, capaci di adattarsi ai cambiamenti geopolitici e produttivi del Mediterraneo.

Alberto Minazzi

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