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VENEZIA : UN DESTINO OLTRE IL TURISMO

A Mestre con il nuovo spettacolo, Beppe Severgnini dà la sua lettura sulla città lagunare e sul Nordest

Giornalista, opinionista e scrittore, Beppe Severgnini si è riscoperto anche attore con lo spettacolo “La vita è un viaggio”, presentato, tra le altre sedi, anche al teatro Corso di Mestre. Lo abbiamo incontrato chiedendogli una riflessione ad ampio raggio: da Venezia alla crisi, dal mutato mondo del lavoro alla professione giornalistica.
Cosa pensa del nostro Nordest in crisi? Lo Stato non aiuta i cittadini, la burocrazia incombe su tutto… Nelle scorse settimane, un gelataio di Mestre ha dichiarato ad un quotidiano: troppe multe (pur legittime) per cartelli, fioriere, ecc… Reati commessi in buona fede. Il cittadino è vessato? «Se non sbaglio, nel mio libro che si chiama “La vita è un viaggio” ho parlato di una storia che riprende proprio il caso di un barista di Mestre che ha sopportato molte angherie ed ha posto la stessa domanda. Come è possibile che le autorità – di tutti i tipi: locali, fiscali, nazionali, amministrative, giudiziarie – non sappiano distinguere tra i furbi che vogliono approfittarne e le persone che hanno bisogno di un po’ di elasticità? E’ un quesito difficile. Le norme, proprio per acciuffare i furbi, diventano sempre più rigide e meticolose, con il risultato che i furbi veri riescono ad evaderle comunque, mentre queste norme diventano un capestro per le persone per bene. La questione fiscale è la più clamorosa».
Venezia, intanto, è soffocata dal turismo: c’è una via d’uscita? «Confesso che, anche come cremasco, mi sento vicino a Venezia. Siamo un po’ parenti: dall’architettura alle feste siamo la “coda” occidentale delle Venezie. Anche se questo non mi autorizza ad esprimere una opinione autorevole, posso dire che sarebbe necessario fare quello che purtroppo Venezia non è mai riuscita a fare. Il mio maestro Indro Montanelli scrisse pagine addolorate su Venezia. La storia alla fine non è mai cambiata del tutto. Occorrerebbe una grande alleanza pubblico-privato per trovare un destino e un compito per Venezia che vada oltre il turismo. Le città che vivono solo di turismo alla fine si trovano nei guai. Li stanno passando in parte anche Firenze e Roma. Il turista frettoloso non investe. Nel mio spettacolo, per esempio, consiglio a Marta come si sceglie un ristorante. Uno dei consigli che do è di stare attenti e di non entrare mai in un ristorante che espone le foto del cibo che serve. E’ una banalità ma quando c’è il turista che ha fretta e c’è la difficoltà della lingua, diventa difficile mangiar bene… Occorrerebbe un grande investimento nazionale in termini di denaro e di competenze. Ho visto quello che è successo con il Mose e con le grandi navi. Mi sembra sia veramente molto difficile. Toccherà alle prossime generazioni, magari intorno al 2250».
I protagonisti del suo spettacolo sono a un bivio della propria vita: devono prendere decisioni fondamentali sul futuro. Quale consiglio offrire ad un giovane che si appresta ad inserirsi nel mondo del lavoro e ad un cinquantenne ormai fuori “uso” – secondo i canoni di oggi – magari licenziato dal suo datore di lavoro? «Il mio consiglio è di contare sul proprio talento. So che può sembrare una banalità ma non lo è. Spesso la passione porta a scegliere strade e offrirsi per cose che non corrispondono alle proprie attitudini. Nel mio spettacolo “La vita è un viaggio” parlando con Marta dico: “Guardati dalle interferenze della passione. Stai attenta: è una cosa che ti piace tanto ma non hai il coraggio di ammettere che non è adatta a te. E lei mi risponde: a chi devo chiedere?”. La mia opinione è che non bisogna chiedere a genitori e fidanzati perché per amore o per dovere tendono a dirti quello che vuoi sentirti dire. Il proprio talento se coltivato bene diventa il proprio valore aggiunto. Un altro suggerimento è cercare di capire chi dall’altra parte è in buona fede e intende investire su di te da chi invece vuol fare solo carità o vuole sfruttarti, quest’ultimo un caso molto comune. Tra una persona della mia età e un giovane credo esista un’alleanza naturale. Io posso portare un po’ di esperienza, di capacità di sintesi o altre cose. Un giovane porta la fantasia. Io ho collaboratori che mi aiutano moltissimo. La frase “tu fai quello che dico io perché sono esperto e tu non sei niente” non l’ho mai pronunciata nella mia vita. Per un adulto che ha perso il lavoro invece è un po’ più difficile. Innanzitutto deve capire che il lavoro dà soddisfazione anche quando non costituisce una vera e propria carriera. Ci sono molti settori in cui la propria esperienza può essere utile. E’ impossibile che qualcuno arrivi a 50 anni e durante 30-35 anni di lavoro non abbia creato rapporti. Se davvero nessuno delle persone con cui ha lavorato o conosciuto è interessato non dico ad offrirgli la carità ma a chiedere il suo aiuto allora una domanda dovrebbe porsela. E’ doloroso dirlo ma un po’ di onestà con sé stessi bisogna averla».
Lei è giornalista: il settore oggi è in profonda crisi. Precariato come non mai e soprattutto crisi della carta stampata. Che fare? Gli stessi giornali mettono le notizie gratis sul web e la pubblicità è in picchiata. Una volta i giornali erano “gonfi” di pagine... «Gli ultimi dati che arrivano anche dall’America ci dicono che la crisi non si sta risolvendo, anzi sta accelerando. L’unica scelta è far pagare il proprio lavoro. Il Corriere ha introdotto il paywall il sistema che consente l’accesso a determinati contenuti di un sito Internet solo a pagamento, ed è giusto sia così. Se poi non sapremo convincere i nostri lettori che leggere, ascoltare, guardare il nostro lavoro, non vale neanche pochi centesimi al giorno, allora vuol dire che abbiamo perso, non ci sono vie d’uscita. Quando ho in mano un giornale penso che valga i soldi che ho speso perché mi dà la possibilità e gli strumenti per capire il mondo. Mi consente di muovermi meglio, essere più felice, trattare meglio con gli altri, guadagnare di più. E’ una cosa che non si può imporre d’autorità bisogna spiegarla».
Un consiglio per un giovane che voglia iniziare questa professione? «Di imparare a fare un po’ di tutto: a scrivere, a parlare dentro una telecamera o in radio, a stare su un palcoscenico, a realizzare una intervista. Ormai c’è bisogno di giovani completi. Nel mio programma di Rai 3 “L’Erba dei vicini” abbiamo messo insieme un gruppo di giovani uno più bravo dell’altro. Sono felice di poter offrire loro un lavoro. In teatro c’è un altro gruppo e tutti sanno fare tutto. Poi uno si specializza. Io stesso con la mia esperienza mi sono messo in gioco venendo a Mestre in un freddo giorno d’inverno per stare su un palcoscenico e convincere le persone che ho di fronte che il biglietto che hanno pagato ne valeva la pena. Allora se io a 59 anni ho imparato un mestiere nuovo, tu che hai 20 anni non vuoi imparare?».
Si augurava il successo di questo spettacolo? Forse oggi lo spettatore vuole non solo ridere ma anche riflettere. Abbiamo visto il successo dell’ultimo film di Checco Zalone… «Zalone ha fatto i milioni, noi più modestamente abbiamo riempito alcuni teatri. Confesso che mi è piaciuto vedere i teatri pieni di mamme e papà con i figli grandi, già indipendenti. Questi ultimi dicevano loro: “Venite a vedere una cosa che può interessarvi”. I genitori infatti si riconoscono in me; i ragazzi si riconoscono in Marta l’attrice che recita con me, e insieme ascoltano la voce splendida dell’altra protagonista Elisabetta Spada. Questo spettacolo è una vera soddisfazione e per me anche un test. Ho scritto sedici libri, da vent’anni sono al Corriere. Per dieci anni ho lavorato per l’Economist, da tre anni per il New York Times, nel mio mestiere quello che dovevo fare l’ho fatto. Questa era una bellissima sfida da affrontare: ho chiesto, ascoltato i consigli di attori e registi. Per una volta sono stato umile… di solito i giornalisti non è che siano tanto bravi in questo».
BEPPE SEVERGNINI ATTORE PER SFIDA E CURIOSITÀ
Giornalista, opinionista e scrittore si è riscoperto attore, mettendosi alla prova con una sfida nuova e curiosa per un giornalista in attività: interpretare un ruolo a teatro. Scrive nella sua autobiografia: “Sono nato Crema il 26 dicembre 1956 (notte di neve, mi dicono) e dopo la maturità classica (bellissime giornate d’estate), mi sono laureato in diritto internazionale a Pavia (quattro anni di nebbia e di sogni poco giuridici). Nel giornalismo, mi ha scovato, guidato e occasionalmente sgridato Indro Montanelli, a partire dal 1981: ditemi se non sono fortunato. Nel 2001 la Regina Elisabetta II mi ha conferito il titolo di Officer of the British Empire, O.B.E. Dieci anni dopo, il Presidente Giorgio Napolitano mi ha nominato Commendatore della Repubblica italiana (grazie a tutt’e due). Vado fiero della mia UNICA presidenza: Inter Club di Kabul, in Afghanistan”. Su Rai Tre ha di recente condotto e anche ideato “L’Erba dei vicini”, un viaggio per scoprire somiglianze e differenze con l’Italia, partendo da alcune domande che cercano di sfatare pregiudizi e false convinzioni. Lo scorso 22 gennaio è stato protagonista al teatro Corso di Mestre di “La vita è un viaggio”. Lo spettacolo propone la storia dell’incontro-scontro di due viaggiatori bloccati per uno sciopero all’aeroporto di Lisbona. Lo spettacolo è liberamente tratto dai libri di Severgnini “La vita è un viaggio” e “Italiani di domani”.
Nei panni inediti di attore teatrale, Beppe Severgnini, affiancato da Marta Isabella Rizi, dà vita a uno spettacolo accattivante, che diverte e al tempo stesso fa riflettere. Un lavoro che ha già ricevuto ampi consensi di pubblico e critica. Un professionista cinquantenne (Beppe Severgnini) e un’attrice ventottenne (Marta Isabella Rizi), entrambi a un bivio della loro vita, devono prendere decisioni fondamentali sul futuro. Lui è sarcastico e paternalista, lei ingenua, esasperata, stanca dell’Italia e dell’Europa che s’appresta a lasciare per trasferirsi in Brasile. Lui spiega, lei ascolta. Lei chiede, lui risponde. Lui consiglia, lei sbuffa. Poi l’intimità forzata cambia i rapporti. All’alba l’aeroporto riapre, è il momento di partire: ognuno per la propria destinazione, forse diversa da quella che aveva immaginato. Una notte cambia molte cose, a tutte le età.