Antichi spazi si aprono al presente, tra restauro, residenze d’artista e sperimentazioni contemporanee. Dalla Santa Sede a Cannaregio, passando per Dorsoduro e Piazza San Marco, la città riscopre il “fare arte” come pratica viva e collettiva
Un cambio di passo silenzioso ma deciso, uno sguardo al futuro che porta con sé un nuovo approccio culturale.
Un cambio di pelle che si respira nell’aria e che traccia una nuova rotta per una città rimasta a lungo palcoscenico dell’arte e che ritorna luogo di produzione artistica, processo vivo inserito nel tessuto urbano.
Dal Padiglione della Santa Sede nell’ex chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, dove l’arte si intreccia al restauro e alla formazione collettiva, a Palazzo Diedo, nuovo hub contemporaneo firmato Berggruen, passando per la dimora storica riaperta dalla Fiorucci Foundation a Dorsoduro, fino all’ex fabbrica rinata come AMA Venezia e all’avanguardistico SMAC nelle Procuratie Vecchie, Venezia si sta trasformando in un laboratorio diffuso di creazione, ricerca e condivisione artistica.
Dove la bellezza si ripara: arte, mestieri e spiritualità in dialogo
Ne è un esempio lampante il Padiglione della Santa Sede, appena inaugurato nell’ex chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, a Castello, che con il progetto “Opera Aperta” ha ricevuto una menzione speciale da parte della Giuria internazionale della XIX Mostra Internazionale di Architettura (è la prima volta che ad un Padiglione della Santa Sede venga attribuita una menzione). “Opera Aperta, spazio di scambio, negoziazione e riparazione, ridarà vita a una chiesa sconsacrata esistente con un processo di restauro su diversi livelli che coinvolge un’ampia gamma di competenze e mestieri. Come lo definisce il team, si tratta di ‘una pratica vivente di cura responsabile e cura collettiva’.’Opera Aperta’ crea uno spazio per lo scambio culturale”, la motivazione del premio.

Curato da Marina Otero Verzier, architetta, curatrice e ricercatrice, e Giovanna Zabotti, direttrice artistica di Fondaco Italia e già curatrice del Padiglione Venezia, Opera Aperta svilupperà nei prossimi sei mesi il “progetto di restauro a più mani” di quest’antico e prezioso edificio che si estende su circa 500 metri quadrati e ospita numerosi elementi di rilevanza artistica e culturale.
La trasformazione di Santa Maria Ausiliatrice
Santa Maria Ausiliatrice risale al 1171, quando fu fondata come ospizio per i pellegrini; in seguito, divenne l’ospedale più antico del centro storico e fu trasformato nel XVIII secolo per ospitare un asilo, una scuola e un convitto. Nel 2001 il Comune di Venezia lo ha destinato ad attività culturali: oggi, e per i prossimi quattro anni, sarà gestito dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, che ne sta curando il restauro con l’obiettivo di trasmettere alle nuove generazioni tecniche tradizionali e garantire la continuità dei mestieri.
“Attualmente vi si organizzano laboratori gratuiti aperti alla cittadinanza, agli studenti, alle associazioni e alle realtà vive del territorio. Si tratta di workshop di doratura, disegno, gommalacca e affresco. Laboratori speciali, sempre inerenti il restauro, sono indirizzati anche ai bambini in età scolastica”, spiega Giovanna Zabotti. Oltre al restauro, il progetto “in continuo divenire”, integra momenti di incontro, scambio culturale e aggregazione: una grande tavola conviviale, gestita dalla cooperativa Nonsoloverde della Serra dei Giardini, accoglie, ogni martedì e venerdì, cittadini e visitatori creando così uno spazio di dialogo e condivisione. Sono inoltre messi a disposizione della cittadinanza spazi per prove musicali e strumenti (pianoforte a coda, pianoforte verticale e clavicembalo).

Un palazzo che respira arte: memoria veneziana e visioni globali
Un luogo vivo, aperto alla produzione d’arte contemporanea è diventato anche Palazzo Diedo, a Cannaregio, oggi nuovo hub per l’arte contemporanea istituito a Venezia da Berggruen Arts & Culture, fondazione benefica internazionale creata dal collezionista e filantropo Nicolas Berggruen. Lì dove un tempo abitava una nota famiglia veneziana e dove c’erano, molti anni prima, una scuola elementare e poi un tribunale, Berggruen, fondatore del Berggruen Institute (la sede europea in Laguna è alla Casa dei Tre Oci, alla Giudecca), ha avviato, lo scorso anno, in occasione dell’apertura della 60esima Biennale d’Arte, il nuovo corso di Palazzo Diedo. Come precisato in una nota, “Palazzo Diedo, con i suoi quattromila metri quadrati diventa a tutti gli effetti uno dei più grandi spazi dedicati all’Arte Contemporanea a Venezia e va ad arricchire il panorama artistico e produttivo veneziano con le sue sale espositive e con gli studi d’artista che prevedono un programma di residenze prolungate per consentire agli artisti di immergersi nelle tradizioni e nell’atmosfera veneziana”.

Fiorucci Foundation: dimora d’artisti e trasformazioni radicali
Residenze d’artista saranno ospitate anche da Nicoletta Fiorucci Foundation, Fondazione di radice italiana ma basata a Londra, il cui obiettivo è quello di valorizzare artisti internazionali contemporanei attraverso laboratori aperti in diversi spazi in Europa. A Venezia, in concomitanza con l’inaugurazione della Biennale d’Architettura, la Fondazione ha riaperto l’edificio quattrocentesco a Dorsoduro che fu abitato negli Anni Venti del Novecento dal pittore Ettore Tito, accanto alla dimora di famiglia oggi conosciuta come Palazzetto Tito (seconda sede della Bevilacqua La Masa). Già all’epoca di Tito l’immobile era stato un luogo di ritrovo per artisti, musicisti e scrittori. Protagonista della mostra d’apertura, “To love and devour”, l’artista georgiana Tolia Astakhishvili.

Dalla fornace alle idee: nuove sperimentazioni tra IA e memoria storica
Era invece un’ex fabbrica di sapone e, prima ancora una fornace, l’edificio acquisito a Cannaregio da Laurent Asscher, imprenditore e collezionista. Lo scorso marzo Asscher ha aperto, nel cuore di Cannaregio, AMA Venezia, uno spazio espositivo indipendente, che porta il nome dei suoi tre figli. L’obiettivo è quello offrire una piattaforma per l’arte contemporanea, con particolare attenzione all’intelligenza artificiale e alle nuove sperimentazioni.
“Vogliamo dialogare con il presente, dare a Venezia un luogo in più per le nuove idee. Il nostro focus è ciò che sta accadendo ora”, spiega Laurent Asscher che non esclude di ospitare, in futuro, anche residenze d’artista, atelier e laboratori. Una curiosità: in questo stesso edificio, che più volte ha cambiato destinazione d’uso, aveva soggiornato per un periodo Mozart, in visita a Venezia nella primavera del 1771. AMA Venezia (1.000 metri quadrati che preservano l’essenza dell’edificio quattrocentesco), ospita oggi la collezione d’arte di Laurent Asscher oltre a mostre temporanee dedicate ad artisti attivi dal 1960 a oggi, con particolare attenzione alla scena americana.

SMAC: il futuro dell’arte contemporanea nel cuore di San Marco
Dallo scorso 9 maggio, il secondo piano delle Procuratie Vecchie, in Piazza San Marco, ospita un nuovo spazio di oltre 1.000 metri quadrati (ben 16 le sale espositive), recentemente restaurato dall’architetto David Chipperfield, vincitore del premio Pritzker. SMAC, San Marco Art Center, nasce come nuovo polo dinamico e all’avanguardia con un programma artistico che spazia dalle arti visive all’architettura, dalla moda alla tecnologia fino al cinema.
SMAC, hanno anticipato i fondatori, esaminerà con occhio critico la cultura visiva contemporanea e le sue relazioni con la storia, la scienza, la filosofia e la società.

“Ci concentriamo su contenuti che fanno luce sull’inaspettato, che sfidano le convenzioni e pongono domande rigorose -spiegano i co-fondatori Anna Bursaux, David Gramazio e David Hrankovic. Siamo un’organizzazione indipendente e sperimentale, che sfida i modelli tradizionali di gestione museale e di produzione di mostre nella convinzione che le arti aprano nuove possibilità di coesistenza umana permettendo alle città e alle comunità di prosperare”.
Claudia Meschini