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UN FIORE ALL'OCCHIELLO

UN FIORE ALL'OCCHIELLO


Alla scoperta del personaggio Chiara Rosa: lanciatrice del peso padovana che ha il nome di un fiore, prepara la valigia per le Olimpiadi di Londra, ringrazia Usain Bolt e intanto si veste da suora.
DI CHIARA GRANDESSO
Chiara Rosa di Camposampiero è, sicuramente, uno dei fiori all’occhiello dell’atletica italiana. Vanta ben dieci titoli nazionali e sei medaglie (due argenti e quattro bronzi) nelle principali manifestazioni internazionali (Universiadi, Giochi del Mediterraneo e Coppa Europa-Super League) ed è attualmente impegnata a “preparare le valigie” per le Olimpiadi di Londra. Un appuntamento tanto atteso ma del quale, forse per scaramanzia, preferisce non parlare.
Chiara Rosa è però soprattutto il volto pulito e simpatico dello sport italiano. Se si inserisce il tuo nome nei motori di ricerca del web, si leggono accanto al tuo nome le parole sportiva, dieta, attrice e, soprattutto, simpatica.
Ma chi è veramente Chiara Rosa? «Sono un bel mix di tutte queste cose, mi definisco una ragazza dalle mille facce».
Mille volti che trovano riscontro anche nel suo rapporto con lo sport dove è passata dal nuoto al calcetto fino al rugby prima di approdare all’atletica. Quando hai deciso che il getto del peso era il tuo sport? «In realtà è stato lui a scegliere me. Dove sono nata c’erano due persone molto brave in questo sport: oggi sono il mio fisioterapista e il mio allenatore. In più a 12 anni ho lanciato 13 metri, quindi diciamo che non ho avuto molta scelta».
Da quel momento è diventata l’atleta da battere. Nelle categorie giovanili non ha mai avuto rivali in campo nazionale: Bronzo ai Mondiali allieve ’99, quarta ai Mondiali juniores nel 2002, un altro bronzo agli Europei under 23 nel 2005 dopo il quarto posto del 2003. Dopo aver militato nella Libertas Padova è entrata nelle Fiamme Azzurre nel marzo 2004 ed è diventata primatista italiana all’aperto con 19.15 nella Coppa Europa di Milano nel giugno 2007 (misura eguagliata anche nel 2009, al Meeting Istaf di Berlino).        Ha raggiunto la finale nei Mondiali indoor e outdoor nonché alle Olipiadi  di Pechino 2008.
Qual è il momento della tua carriera al quale sei più affezionata? «Sicuramente i Campionati italiani di Padova del 2007. Quando si gareggia davanti alla propria gente è sempre più difficile, ci sono mille aspettative. In più gareggiavo davanti ai miei genitori e ai miei amici che si erano tutti vestiti di rosa in mio onore. Vincere e non deludere è stato per me unico. Allo stesso livello metto la mia prima Olimpiade per le sensazioni che mi ha dato: è come entrare in una centrifuga di emozioni. È il sogno di una vita che si realizza».
Come ci si prepara per un’Olimpiade? «Diciamo che la base degli allenamenti resta più o meno la stessa, solo che tutto viene amplificato. In questo periodo mi alleno 11 volte alla settimana»
Qual è la tua giornata tipo? «Il mio modo di allenarmi cambia a seconda delle due stagioni, inverno ed estate. Durante l’inverno mi sottopongo ad una preparazione che definirei generale. Il corpo si adatta ai diversi ritmi sottoponendosi a stress diversi, dalla corsa al sollevamento pesi, dal nuoto al salto. L’estate serve a scaricare e a finalizzare il lavoro invernale: i ritmi aumentano notevolmente fino ad arrivare al top in prossimità della gare. In entrambi i periodi non smetto mai di lanciare. Il gesto tecnico è difficilissimo: la tecnica va affinata e perfezionata giorno per giorno. Sono anche seguita costantemente da un gruppo di professionisti: un nutrizionista, uno psicologo e un fisioterapista, senza il quale sarei morta. Inoltre ho il costante sostegno del mio gruppo sportivo, le Fiamme Azzurre».
Cosa ti auguri per la tua carriera e per l’atletica più in generale? «Per quanto mi riguarda mi auguro sempre di gareggiare alla pari con tutti. Più in generale una riflessione dedico al doping: un problema che sembra non risolversi mai, e chi, come me, ha fatto e continua a fare sacrifici spera sempre che chi vince non stia imbrogliando. Per quanto riguarda un aspetto positivo dell’atletica di oggi rispondo: Usain Bolt. Le sue prestazioni hanno regalato grande visibilità al nostro sport, anche se le mie gare difficilmente trovano spazio in televisione».
Se dovessi scegliere un personaggio che oggi rappresenti il mondo dell’atletica quindi sceglieresti Bolt? «Assolutamente sì. Ero in pista quando nel 2009 ha corso i 100 metri in 9”58. Tutti i presenti si sono immediatamente resi conto che stava succedendo qualcosa di eccezionale, di unico. Ancora oggi penso che  in quel momento ha anticipato una cosa che in atletica doveva succedere 10 anni dopo: io lo metto sullo stesso piano sullo sbarco dell’uomo sulla luna. Lo guardavo, guardavo la naturalezza del suo gesto e pensavo: quello è un extraterrestre vestito da Bolt».

In questo momento lo sport per eccellenza, ovvero il calcio, non sta attraversando un gran periodo tra scandali e intemperanze dei tifosi. Dalla tua prospettiva come si vive tutto questo? «Alcune scene viste sui campi da calcio mi fanno cadere le braccia. Mai in uno stadio di atletica, ma anche di molte altre discipline si assistono a fatti simili. Io amo il calcio, sono juventina e “Delpieriana” ma allo stadio non ci vado, non mi sento tranquilla. Eppure l’Italia è calciocentrica. Pensare che a noi basterebbe solo un po’ di visibilità in più».
Come finisce una lanciatrice di peso a fare la suora in un film? «Sono stata contattata dalla produzione di “100 metri dal paradiso”, uscito l’11 maggio scorso nelle sale di tutta Italia, che aveva visto alcuni miei video su YouTube. Mi hanno sottoposto la sceneggiatura che era un po’ pazzoide, passatemi il termine, e ho subito accettato. È la storia di Tommaso, un velocista che si vuole fare frate e che, proprio per questo, salterebbe i Giochi Olimpici. A quel punto uno dei protagonisti, monsignor Angelo, ha l’idea di organizzare una nazionale del Vaticano per portarlo comunque a Londra. Inizia così un’operazione di reclutamento tra i religiosi di tutto il mondo per formare una squadra che possa cimentarsi nelle varie discipline. Ho visto l’anteprima qualche giorno fa ed è davvero un film che ti fa uscire dal cinema con il sorriso, un film scacciapensieri».
Non si smetterebbe mai di parlare con Chiara Rosa per il suo entusiasmo contagioso, per la sua sonora risata, per la sua semplicità, per il suo essere uno dei punti di forza della nostra nazionale olimpica. Non si può fare non fare il tifo per lei. Non si può non sperare che l’Italia sia piena di sportivi così.

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