Un biosensore indossabile “legge” il sudore e monitora in tempo reale cortisolo, adrenalina e noradrenalina. Un passo verso terapie su misura e diagnosi dello stress quando è ancora invisibile
Viviamo in allerta costante. Non servono incendi o terremoti: basta il traffico all’ora di punta, una riunione a sorpresa, una scadenza improvvisa, dover conciliare lavoro e impegni per farci scattare l’adrenalina.
Lo stress, nato per affrontare pericoli reali, si è infilato ovunque: in ufficio, in casa, persino nei momenti di svago.
E quando l’allarme non smette mai di suonare, il corpo e la mente pagano il conto.
L’ allerta diventa cronica e ci logora silenziosamente fino a farci crollare.
Come intercettare lo stress il prima possibile
Ecco perché è importante riuscire a identificare il prima possibile le situazioni di accumulo di stress.
Il nostro organismo, a livello chimico, può aiutare in tal senso attraverso il rilascio di alcuni ormoni, veri propri messaggeri che comunicano come il fisico sta vivendo una situazione stressante.
A tal fine, per ottimizzare i risultati, servirebbe però un monitoraggio costante dei livelli ormonali, che, chiaramente, non può basarsi solo sui questionari proposti alle persone, che peccano evidentemente per la soggettività delle sensazioni.
E anche l’esame del sangue, metodo pur sempre dotato di un livello elevato di oggettività, non è sufficiente per avere misurazioni più di tanto soddisfacenti in questa prospettiva, in quanto gli esami di laboratorio sono in grado solamente di “scattare una fotografia” di un momento specifico, all’interno però di una situazione per sua natura in continua evoluzione.
Il cerotto che “legge” il sudore
Grazie agli sviluppi della tecnologia, si è provato allora a sviluppare dei sensori da applicare sulla cute per tenere continuamente sotto controllo l’attività ormonale. Le sostanze chimiche rilasciate dall’organismo, infatti, risultano chiaramente presenti all’interno della composizione del sudore. Gli ormoni dello stress sono però diversi. E uno dei limiti dei dispositivi di questo tipo realizzati finora è proprio la loro capacità di concentrarsi su uno solo di questi componenti. Un notevole passo avanti è stato però compiuto ora grazie al lavoro del California Institute of Technology (Caltech), che è riuscito a realizzare un biosensore indossabile, simile a un cerotto, capace di misurare contemporaneamente le fluttuazioni ormonali transitorie dei 3 principali segnali biochimici lanciati dal corpo durante situazioni stressanti: il cortisolo, ovvero l’ormone dello stress cronico, l’adrenalina e la noradrenalina. Tra gli altri vantaggi sottolineati, la capacità di Stressomic (questo il nome del sensore, che funzione come un normale fitness tracker) di rilevare le variazioni ormonali in tempo reale, ma con precisione da laboratorio, grazie alla calibrazione automatica che consente di correggere anche le interferenze ambientali.
I diversi tipi di stress e il monitoraggio delle terapie
Stresstomic utilizza 3 tecnologie: attraverso la ionoforesi, stimola le ghiandole sudoripare a produrre sudore anche quando non lo farebbe naturalmente; con la tecnologia dei cosiddetti “microfluidi” è in grado di catturare il sudore in canali microscopici dotati di valvole che si aprono automaticamente al raggiungimento di un livello di pressione prestabilito; grazie agli elettrodi in grafene, il cerotto è in grado di rilevare concentrazioni di ormoni mille volte inferiori a quelli misurabili con i metodi tradizionali. In attesa di una futura applicazione concreta, test hanno intanto permesso di effettuare alcune importanti scoperte.
La prima è la differenza tra stress fisico e stress emotivo, visto che il sensore ha registrato nel primo caso aumenti significativi di cortisolo e noradrenalina e nel secondo un boom di noradrenalina mentre il cortisolo rimane stabile. La seconda è il tracciamento delle riduzioni ormonali legate all’assunzione di integratori rilassanti, che producono un calo progressivo di cortisolo, riducono solo leggermente la noradrenalina, mentre non agiscono sui livelli di adrenalina. E anche questa scoperta, a cui si lega quella che le modificazioni biochimiche precedono spesso la percezione soggettiva, potrebbe risultare fondamentale nella prospettiva di future terapie sempre più personalizzate.
Alberto Minazzi