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Turismo in quota, allarme del Soccorso Alpino. Responsabilità

Turismo in quota, allarme del Soccorso Alpino. Responsabilità
Messa in sicurezza e recupero di un ferito da parte di volontari del Sasv in ambiente montano

Con l’arrivo dell’estate, il Soccorso Alpino e Speleologico del Veneto si prepara a una stagione di emergenze in crescita. Tra  escursionisti sprovveduti, social e pericoli nascosti, il presidente Sasv richiama tutti alla responsabilità

Il conto alla rovescia è iniziato e le 27 stazioni del Soccorso Alpino e Speleologico del Veneto (Sasv, che fa capo al Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, Cnsas) si preparano ad affrontare una nuova stagione estiva di grande lavoro e impegno.
«Concretamente per noi il conto alla rovescia è sempre attivo -ci dice da quella che è la sua “sede” ad Auronzo di Cadore, Giuseppe Zandegiacomo Sampogna, presidente del Sasv- siamo sempre pronti alle emergenze e alle chiamate. Ognuno dei nostri oltre 750 volontari». E questa è già una specificità di questo “servizio salvavita” che opera sull’intero territorio regionale: gli operatori sono tutti su base volontaria suddivisi geograficamente ma anche per specializzazione.
Zandegiacomo, da poco in pensione ora può dedicare anche più tempo a questo impegno “manageriale”, ma pure lui, volontario,  pronto ad accorrere esattamente come tutti quegli uomini e donne super-preparati che si mobilitano ogni volta che in montagna o in grotte, sifoni, cavità naturali, forre scatta l’emergenza.

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«E purtroppo sono sempre di più, sempre più frequenti, se possibile anche con una calendarizzazione che non segue più la stagionalità, sebbene sia proprio l’estate a mettere sotto pressione l’intero sistema con l’arrivo di migliaia di turisti, tanti inesperti e sprovveduti o anche semplicemente non preparati fisicamente ad affrontare la montagna. E quindi con il moltiplicarsi delle emergenze». Una quota che da sola vale il 30% del totale.

Numeri in crescita: l’allarme del 2024

I numeri parlano da soli: il 2024 ha visto un aumento degli interventi (1081) e delle persone soccorse (9,2% del totale nazionale), in montagna oltre milleduecento. Quasi 500 di queste (460) compongono la schiera di quelle “a rischio”, le etichetta Zandegiacomo, che sembrano voler fare di tutto per mettersi nei guai.
Si va dalla scarpe da ginnastica per inerpicarsi su sentieri e ghiaioni all’abbigliamento decisamente inadatto a salire a 2000 metri («Per un cittadino che fa l’escusione in giornata, anche 1000 metri possono diventare un pericolo»), all’attrezzatura carente o inesistente, fino all’impreparazione nel gestire situazioni di difficoltà prima che diventino critiche.
«La risorsa più semplice è sempre il telefonino, dare l’allarme perché non si riesce più a tornare indietro, perché si è perso l’orientamento, per crisi di panico». Sì succede anche questo, elenca il capo del Sasv. Ma non può essere il cellulare a metterci al riparo dai guai.

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Squadra del Soccorso-Alpino in partenza per un’operazione di recupero

Escursionismo di massa: il pericolo è in agguato

Semmai questo significa mettere in moto una macchina complessa e costosa: elicotteri, squadre automontate ognuna mediamente di 3/4 operatori, personale, cani da valanga e molecolari. Naturalmente ci sono le emergenze vere, ma chi si avventura preparato e da esperto in arrampicate o trekking d’alta quota o scialpinismo solitamente si affida al Soccorso alpino come ultima risorsa, «Ovvero cerca di risolvere in autonomia un’emergenza. Certo se ci sono feriti magari per una scarica di sassi o il quadro è di vera criticità, anche le persone più competenti fanno richiesta di soccorso. Il vero problema è l’escursionismo di massa (55,7% di individui soccorsi), esattamente come il turismo di massa ma non in piazza San Marco a Venezia o sul Ponte Vecchio a Firenze, bensì in un ambiente sconosciuto e ostile. Basti pensare ai repentini cambiamenti meteo in alta montagna. Tutte persone impreparate». Paradossalmente, anche il riconoscimento Unesco dal 2009 delle Dolomiti patrimonio mondiale ha alimentato flussi turistici sempre più consistenti anche questi fonte di nuove problematicità per il Soccorso Alpino considerando inoltre che l’ambiente dolomitico richiede procedure e manovre di ricerca e soccorso molto specialistiche, praticamente uniche per la caratteristica delle pareti rocciose.

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Intervento di soccorso con l’elicottero in hovering in montagna

Tra i selfie ad alto rischio e i falsi miti dei social

Zandegiacomo dalla sua esperienza e da quella dei colleghi ricava anche una lezione che val la pena tenere a mente.
«Quel rifugio o quella cima postati su Instagram e che sembrano così facili da raggiungere spesso non lo sono affatto. Quel fuoripista nel cuore delle Dolomiti, vietato ma così bello e immacolato, che gira su TikTok val la pena di provarlo. E invece no, se poi non siete preparati, attrezzati e senza avere esperienza e dimestichezza con procedure di emergenza, tutto diventa più drammatico».
Ma allora anche i social contribuiscono a mettere in pericolo le persone? «Non solo in montagna, a dirla tutta -insiste Zandegiacomo- In questi ultimi tempi e in particolare in certi periodi dell’anno come Soccorso Alpino interveniamo sempre più frequentemente per chi pratica il parapendio. Una disciplina che richiede abilità non indifferenti e che invece troppo spesso vale per il blitz adrenalinico che comporta, la spettacolarità e i selfie che ancora una volta vanno girati sui social. In primavera le nostre stazioni della fascia pedemontana sono quelle più allertate e specializzate per questi soccorsi».

Addestramento continuo e tecnologia: così si salvano vite

Formazione. Essere soccorritori implica non solo accurata conoscenza dei luoghi, ma anche un’adeguata e aggiornata preparazione: per salvare bisogna saper salvare, quasi scherza Zandegiacomo ricordando anche il fondamentale contributo dato dalla collaborazione e sinergie operative con il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza (Sagf) con cui esiste una specifica convenzione a livello regionale, le varie Ulss e naturalmente il Suem. Per questo in Veneto sono attive scuole di formazione del Sasv in cui i volontari (tra cui i tecnici speleosubacquei) apprendono e specializzano le proprie conoscenze ma che hanno anche il ruolo propedeutico per avvicinare i giovani a questi compiti e responsabilità. Un esempio che sembra marginale è l’uso della pala, attrezzo tipico negli interventi antivalanga. Già solo saperla affondare in sicurezza nella neve, spiega a Metropolitano.it, può salvare una vita «Perché lo scavo generico rischia di svuotare quella bolla d’aria che magari sta permettendo a una persona sommersa dalla massa di neve di sopravvivere. Richiede altrettanta conoscenza tecnica anche l’uso della sonda. E questo per quanto riguarda la montagna. Ma pensiamo anche agli interventi in ambiente sotterraneo, materia per i nostri esperti speleologi. Sono situazioni altamente complesse che possono richiedere anche giorni se non settimane di impegno». Come effettivamente è accaduto anche di recente in casi nazionali o all’estero, in cui si sono distinti proprio i volontari del Cnsas del Veneto.

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Una macchina che funziona grazie ai volontari (e ai fondi)

E naturalmente mantenere in piedi un apparato disponibile h24, 7/7, 365/365 , che non è una cabala, costa.
In termini di impegno e dedizione delle risorse umane ed economico.
«La nuova convenzione triennale firmata giorni fa in Regione Veneto con il presidente Zaia, dotata di 3 milioni di euro, per noi è una manna -spiega il numero uno del Sasv- che ci permette di affrontare con maggiori garanzie tutti i nostri impegni a cominciare dalle coperture assicurative per i nostri volontari che operano in situazioni di alto rischio. E poi ci sono le attrezzature, tutta la mobilità e le scuole di formazione, aspetto decisivo per potere mantenere un alto livello di capacità operativa e affidabilità del personale». Un piccolo esercito, spiega Zandegiacomo che nel suo ruolo è affiancato da una struttura organizzativa anche a livello delle tre delegazioni regionali, che il Soccorso Alpino e Speleologico regionale vuole ulteriormente incrementare con l’inserimento di nuovi giovani perchè il turnover nell’ambito del sodalizio non sia traumatico o incida negativamente ancora una volta sulle funzionalità dei team.

Dietro il soccorso: rispetto, consapevolezza e responsabilità

Il conto alla rovescia non si ferma. Ma ora che il Soccorso Alpino e Speleologico del Veneto si è fatto conoscere, è bene non dimenticare cosa e chi si muove dietro la macchina dei soccorsi quando scatta l’emergenza.
Pensiamolo quando vediamo un fuoristrada posteggiato nei pressi di qualche strapiombo o fiume con uomini e donne che scaricano corde e zaini o attivano verricelli. Pensiamolo quando in cielo vediamo passare un elicottero giallo.
Pensiamolo quando per domenica prossima vogliamo cimentarci in qualche escursione in montagna e poi lanciare una raffica di post per guadagnarci un bel po’ di like da far sballare gli amici. Pensiamolo, ricordando le parole di Zandegiacomo che parla con la voce dei suoi 757 volontari: «La montagna esige rispetto e va affrontata con consapevolezza e responsabilità».
Non è esagerato aggiungere che ne va della nostra sopravvivenza.

Agostino Buda

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