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Troppo smog: sanzioni Ue, l’Italia ripensa la mobilità

Troppo smog: sanzioni Ue, l’Italia ripensa la mobilità

La Corte di giustizia ci punisce per il biossido di azoto, il Mims studia i dati per un modello sostenibile

Dopo il Lussemburgo, con 646 auto ogni 1.000 abitanti l’Italia è il secondo Stato d’Europa per tasso di motorizzazione. E, visto che, nel 2018, la Corte dei conti europea ha stabilito nel 39% la quota di emissioni di ossidi di azoto dovute ai mezzi a motore, ben si capisce perché, adesso, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato l’inadempimento del nostro Paese per un mancato rispetto dei limiti annuali di NO2 nell’aria definito “sistematico e continuativo”.
La nuova infrazione ambientale, che va ad aggiungersi, secondo un rilevazione di Openpolis, alle 25 già rilevate dall’Europa nei confronti dell’Italia tra il 2003 e l’inizio del 2021, arriva a breve distanza dalla pubblicazione, da parte del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, del rapporto “Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile”, con cui, partendo dall’analisi dei dati della situazione attuale, si propone di fissare alcuni obiettivi strategici da conseguire entro il 2030.

Troppo smog: il pronunciamento della Corte

L’inadempimento rilevato dalla Corte di giustizia europea si basa sul superamento dei limiti di biossido d’azoto in numerose zone d’Italia, a partire delle metropoli Roma e Milano, ma, tra le altre, anche nelle aree metropolitane di Torino, Firenze e Genova e in città del nord come Brescia e Bergamo.
Dalla corte lussemburghese è arrivata anche la constatazione che gli obblighi imposti dalla direttiva del 2008 sulla qualità dell’aria sono stati violati ininterrottamente dal 2010, senza che siano state introdotte misure per limitare le emissioni.
Oltre alle pesanti multe da versare all’Europa, il nostro Paese sta però già pagando serie conseguenze legate allo smog.
Nel continente, l’Italia è prima per morti premature dovute al biossido d’azoto: secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, i decessi per questa causa nel 2019 sono stati 10.640. E questo nonostante l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale abbia riscontrato una diminuzione di emissioni di ossidi di azoto del 58,5% tra il 1990 e il 2019.

Il report del Ministero

Anche per questi motivi, il Mims ha provato a descrivere la situazione della mobilità locale in Italia, stabilendo possibili obiettivi con cui confrontarsi
Tra questi, una riduzione dei tempi di spostamento locali, in particolare nelle aree metropolitane, l’aumento del 10% della ripartizione degli spostamenti in favore di mobilità sostenibile, la riduzione dei divari territoriali e della quota di persone che dichiarano di avere difficoltà di accesso ai mezzi pubblici.
Tra gli strumenti individuati a tal fine, incentivi monetari all’uso del trasporto pubblico, disincentivando in parallelo l’uso di quello privato, campagne comunicative e strumenti integrati di pianificazione degli insediamenti.

smog
autobus urbano

I dati della mobilità in Italia

Lo studio riporta innanzitutto i dati dell’indagine Istat del 2019 “Aspetti della vita quotidiana”.
Riguardo all’uso dei mezzi pubblici, le persone con almeno 14 anni che hanno dichiarato di averli utilizzati erano quasi 13 milioni, ma solo 5,8 milioni (il 13% della popolazione di riferimento) gli utenti abituali, solo l’8% del totale al sud. La quota di studenti utenti abituali del tpl è del 42%, tra i lavoratori occupati è sotto il 10%.
Per contro, i dati dell’Osservatorio “Audimob” evidenziano come, sempre nel 2019, gli spostamenti medi nei giorni feriali sono stati effettuati in auto per il 62,5% dei casi, a piedi per il 20,8%, con mezzi pubblici per il 10,8%.
Secondo i dati di Google, l’utilizzo dei mezzi pubblici nel 2021 si è mantenuto inferiore di circa il 25% rispetto al periodo pre-pandemia.

Piste ciclabili e mobilità condivisa

L’indagine Istat quantifica al 3,3% l’uso della bici per gli spostamenti feriali.
Una percentuale ancora limitata, nonostante, dal 2015 al 2019 sia aumentata del 15% l’estensione complessiva delle piste ciclabili, che hanno superato i 4.700 km, con una densità anche in questo caso maggiore al nord (57,9 km per 100 km quadrati) e decisamente più bassa (5,4 km) al sud.
Torino
(166,1 km per 100 km quadrati) è al primo posto, seguita da Milano (123,3).

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In crescita anche l’offerta per quel che riguarda il bike sharing, con 53 capoluoghi (di cui 8 al sud) che propongono il servizio. Il numero di bici disponibile è cresciuto da 6 a 19 ogni 10 mila abitanti tra il 2015 e il 2019, con una forbice che va dalle 32 delle regioni settentrionali alle 2 di media in quelle meridionali.
Il car sharing è invece presente in 37 comuni capoluogo con una media di 4,6 veicoli per 10 mila abitanti e un dato decisamente più alto nelle realtà metropolitane (8,4). Lo scooter sharing si ferma invece a 2,7 mezzi ogni 100 mila abitanti.

Il confronto europeo

Nel 2019, la Commissione europea ha confrontato un campione di circa 80 città dell’Unione, rilevando che l’Italia, con il 18%, è all’ultimo posto tra i principali Paesi per numero di persone che indicano la mobilità collettiva come prima opzione per gli spostamenti.
Sotto media, ed esattamente inferiore al 25%, quanto agli spostamenti a piedi e in bici. Confermato invece il dato sull’uso del mezzo privato: l’Italia supera del 5% la media europea, attestandosi al 57%, con Roma al 60% rispetto al 45% di Berlino, Londra e Parigi.
In Italia, inoltre, c’è una netta prevalenza del trasporto su gomma (il 57% dell’offerta complessiva di posti per km quadrato), con un incremento di offerta per tram (+11% nel confronto 2019/2013) e metropolitane (+20%) che però non basta a colmare il gap. Il rapporto del Ministero evidenzia infatti che l’estensione complessiva della rete di metropolitane nel nostro Paese è poco più della metà di quella della sola città di Londra.

Alberto Minazzi

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