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Trapianti: un’eccellenza veneta alla guida in Italia

Trapianti: un’eccellenza veneta alla guida in Italia

Lucrezia Furian, eletta presidente della Società italiana Trapianti d’organo, dirige l’attività di trapianto di rene, pancreas e insule presso l’Azienda Ospedale Università di Padova

Nell’ambito dei trapianti d’organo, Padova è non è solo il centro di riferimento per il Veneto, ma a tutti gli effetti un’eccellenza non solo a livello nazionale, avendo ottenuto un riconoscimento in tal senso anche dalla Società europea del settore.
Non è dunque un caso che la Società italiana Trapianti d’organo abbia puntato per la sua presidenza su un’eccellenza all’interno dell’eccellenza, la cui elezione è stata salutata dal presidente del Veneto, Luca Zaia, sottolineando come la dottoressa rappresenti “uno dei punti di riferimento più prestigiosi a livello internazionale”.
Parliamo di Lucrezia Furian, professore ordinario e chirurgo che opera all’Azienda ospedaliera dell’Università patavina, dove ricopre il ruolo di direttore dell’Uoc che si occupa in particolare di trapianti di rene, pancreas e insule pancreatiche, ereditato da Paolo Rigotti, di cui è stata allieva.
Inoltre, come guida del Centro regionale per la terapia cellulare del diabete, istituito dalla Regione nel 2022, sta seguendo in particolare anche un importante progetto che mira a sperimentare nuove cure per la malattia di tipo-1 basate sul trapianto di insule pancreatiche che riescano finalmente a superare il grande limite attuale legato alla necessità di accompagnare il follow-up dopo l’intervento con terapie immunosoppressive.

Trapianti: l’Italia deve puntare sui giovani

Accogliendo il nuovo incarico con piacere, Lucrezia Furian tiene però a sottolineare come, nella sua attività, terrà ben distinte le diverse posizioni, ritenendo che “il presidente della Società debba essere rappresentativo di tutta Italia”.
Così, il primo punto della sua espressione di intenti presentata quando è iniziata a circolare la possibilità della sua nomina, è stato quello di provare ad affrontare “una problematica che è tanto italiana in generale quanto veneta nello specifico: la fidelizzazione dei giovani medici nell’ambito della trapiantologia”.
“Dobbiamo riuscire a essere più attrattivi per i giovani chirurghi e professionisti di questa specialità – spiega –. La medicina rigenerativa è infatti sicuramente molto impegnativa, ma dà al tempo stesso dà enormi soddisfazioni. Lavorando in ambito accademico, ho molto a che fare con gli studenti e vorrei riuscire a coinvolgere anche le scuole di specializzazione, di modo che i giovani medici fin da subito di innamorino della trapiantologia”.

L’importanza della donazione di organi

C’è poi un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione, riassumibile nel concetto “non c’è trapianto senza donazione”. Il prelievo di organi avviene grazie al dono di una persona deceduta. Ed è per questo che il medico invita caldamente a “informarsi, credere in questo sistema e quindi esprimere la propria volontà al momento del rinnovo della carta d’identità”.
“In tal senso – aggiunge – il Veneto è molto generoso. Ed è anche grazie a questa generosità che abbiamo potuto raggiungere gli attuali livelli dei nostri Centri trapianto”.
Quando possibile, inoltre, è importante considerare anche il trapianto da donatore vivente: un ambito in cui proprio Padova può contare su una delle maggiori esperienze in assoluto in Italia. “Questo tipo di donazione – riprende Furian – va sostenuta, perché è sicura e migliora la qualità della vita di tutta la famiglia, anche perché permette per esempio di effettuare il trapianto di rene prima dell’inizio della dialisi, azzerando i tempi delle liste d’attesa”. Un problema di non poco conto, visto che proprio il rene (l’insufficienza renale cronica è un problema generalizzato, senza differenze di incidenza tra le varie zone del Paese) è l’organo che più spesso necessita di essere sostituito: sono circa 6 mila gli italiani che ne stanno aspettando la disponibilità, su un totale di 8 mila in lista d’attesa considerando tutti gli organi.

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Padova: i segreti di un’eccellenza

A livello personale, Furian rimane intanto un fondamentale punto di riferimento all’interno della realtà ospedaliera padovana, che ormai ha effettuato quasi 3.500 trapianti.
“L’eccellenza di Padova per quanto riguarda i trapianti – analizza – nasce dall’impegno e dalla massima disponibilità dell’Azienda ospedaliera e della Regione Veneto nei confronti di questa specialità. La strategia di mantenere sempre al centro dell’attenzione la trapiantologia si è tradotta nel mettere a disposizione tutte le risorse necessarie per far funzionare al meglio una macchina complessa”. “Un trapianto – prosegue il chirurgo – ha un iter complesso che parte dal prelievo, passa attraverso la gestione delle liste d’attesa, arriva alla fase chirurgica vera e propria, ma non si conclude qui. Il cosiddetto follow-up, cioè il continuare a seguire il paziente nel tempo, è fondamentale per il buon esito del trapianto”.

A testimoniare come il percorso di cura dei pazienti possa essere molto lungo, a Padova è attivo anche l’unico centro di trapianto del rene pediatrico del Veneto, con un passaggio dell’assistenza del bambino all’adulto che deve essere valorizzata. E la regione può contare, in materia, anche sui centri di Verona (per i trapianti di rene e fegato), Vicenza e Treviso (entrambi specializzati nel rene). “È un patrimonio – fa notare Lucrezia Furian – a cui possono attingere tutti i cittadini del territorio e non solo. La cosa bella della trapiantologia in Italia è che si basa su una rete all’interno della quale il malato può scegliere la struttura a cui affidarsi, facendo riferimento anche alle strutture regionali, sovraregionali e del Centro nazionale trapianti, diretto tra l’altro dal veneto Giuseppe Feltrin”.

Il trapianto di insule pancreatiche e il diabete di tipo 1

A Padova, Furian ammette di aver “acquisito esperienza in anni di lavoro multidisciplinare”. Ed è proprio da questo percorso che nasce anche il profilo specifico ricoperto all’interno del Centro per la terapia del diabete, unico in Italia insieme a quelli del Niguarda e del San Raffaele di Milano.
Qui è possibile prelevare, processare e utilizzare le cellule pancreatiche da destinare al trapianto, al fine di prevenire, fermare o addirittura far regredire le complicanze della malattia.
Il diabete, definito dall’Oms un’emergenza sanitaria a livello mondiale, in Veneto interessa almeno 300 mila persone su poco meno di 5 milioni di residenti, con una stima attorno alle 100 mila unità di persone che hanno la malattia senza saperlo.
Nel totale, sono circa 20 mila i veneti malati di diabete di tipo 1, malattia autoimmune in cui, per cause ancora sconosciute, il sistema immunitario attacca, distruggendole, le cellule beta del pancreas, che rilasciano l’insulina per abbassare i livelli di zucchero nel sangue. E se, fa notare il medico, in Italia sono oltre 200 le persone in lista d’attesa per il trapianto di pancreas o di insule pancreatiche, il numero di candidabili all’intervento potrebbe crescere in maniera esponenziale, includendo potenzialmente tutti i diabetici di tipo 1, se si riuscissero a eliminare rischi legati alla necessità di terapie immunosoppressive dopo l’intervento.

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Nuove prospettive per la cura del diabete

Il trapianto di insule pancreatiche, tecnica ormai consolidata da almeno un quarto di secolo, viene effettuato a Padova già da fine 2023. Ma un cambio deciso di prospettiva, proprio nel senso del superamento degli effetti dell’immunosoppressione, potrebbe essere possibile se sarà confermata, attraverso la sperimentazione triennale avviata nel Centro veneto a gennaio 2025, l’efficacia anche sull’uomo, dopo i test positivi sui modelli animali, di una strategia che utilizza capsule realizzate con un polimero realizzato dal Mit.
Questo sarebbe infatti in grado di evitare la reazione dell’organismo all’introduzione di un corpo estraneo, coprendo gli antigeni che evocano la risposta di rigetto. “Il progetto – fa il punto Furian – sta procedendo, avendo ricevuto i finanziamenti necessari. Siamo ancora in fase preliminare, ma la speranza è quella di procedere al primo trapianto di insule incapsulate il prima possibile, forse già il prossimo anno”.
Le strade per “nascondere” le insule che sta seguendo la ricerca sono sostanzialmente due e la seconda, applicata in alcuni studi scandinavi, punta sulla terapia genica. Quella al centro della sperimentazione padovana, comunque, è ritenuta dal chirurgo “assolutamente compatibile” con un nuovo farmaco, presentato in uno studio clinico a giugno, formato da cellule di isole pancreatiche ottenute dal differenziamento di cellule staminali pluripotenti. “È un’enorme, meravigliosa opportunità – commenta Furian. – A breve dovrebbe iniziare la fase-3 della sperimentazione e, una volta ottenute le necessarie conferme, questa tecnica potrebbe fornire una fonte potenzialmente inesauribile di cellule senza bisogno delle donazioni. Resta il fatto che, anche in questo caso, serve sempre una terapia immunosoppressiva. Ed è proprio qui che si potrebbe combinare questa strada con la nostra. I tempi? È sempre difficile fare delle previsioni, ma faccio una considerazione: per moltissimi anni, siamo rimasti fermi senza sviluppi, ma adesso, rispetto a 20 anni fa, ci sono tutti i presupposti per pensare a un’accelerazione”.

Alberto Minazzi

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