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Tra le Dolomiti e la Laguna: il Veneto in pellicola

Tra le Dolomiti e la Laguna: il Veneto in pellicola

Il Veneto riscopre la forza del racconto cinematografico. Un quarto di secolo di crescita silenziosa, tra produzioni locali, ritorni creativi e sfide globali, fino all’affermazione di una vera identità cinematografica regionale

Un tempo era la stalla il cinema dei nostri nonni: ci si stringeva attorno al fuoco per ascoltare storie, vere o inventate, tramandate a voce come piccoli miti familiari.
Poi arrivò il Carosello, e con lui la televisione in bianco e nero, che radunava fratelli e cugini davanti allo stesso schermo.
E così via, fino a stiracchiare la figura retorica, al grande schermo, nel tempo presente.
Se però fino a vent’anni fa il Veneto era pressoché assente nel panorama cinematografico nazionale, a maggio 2025 ha piantato la propria bandiera nell’internazionalità, con la presentazione de Le città di pianura del regista bellunese Francesco Sossai, al festival di Cannes.
E non è l’unico esempio.
Potremmo citare anche Andrea Segre, con l’incetta di candidature al David di Donatello per Berlinguer – la grande ambizione e, ancora, riportare il caso di Giovanni E. Morassuti, che da New York – dove vive e ha studiato recitazione – è tornato a Padova per raccontare la storia dell’azienda di famiglia e della compagnia teatrale creatasi al suo interno con Memorabilia – Una storia di famiglia.
Tre esempi, non isolati, che raccontano di un contesto regionale pregno non solo di storie, ma di professionisti talentuosi, con la voglia di narrare e di creare relazioni, con il territorio, e con il mondo.

Come si è arrivati, nell’arco di un quarto di secolo, a questa fioritura regionale del cinema veneto?
“I motivi sono abbastanza chiari – spiega il produttore cinematografico e fondatore della casa Jolefilm Francesco Bonsembiante, -.Il primo: la crescita delle società di produzione veneziane, dove Mestiere Cinema è stata capostipite (dal 1986), e poi 360 Degrees Film ne ha seguito il solco (di recente, ha prodotto The Decameron su Netflix). Il secondo: le grandi produzioni americane, come il franchise di Star Wars, hanno permesso di formare una manodopera locale e nazionale. Ciò ha contribuito al risveglio di talenti che non sono migrati a Roma, continuando a lavorare nel territorio. Infine, la ‘terza gamba’, è stata la nascita della Veneto Film commission (nel 2019), che finalmente, dopo 15 anni di richieste, è diventata un volano economico impressionante per attrazione di progetti e conseguente creazioni di lavoro a livello cinematografico, per i locali”.

 

Se dal punto di vista tecnico ed economico le ragioni sono lampanti, il regista veneziano Andrea Segre sottolinea l’importanza sociale di non marcare troppo l’identità regionale:
“È importante che le qualità economiche e artistiche abbiano bisogno di contaminazioni e di confronti -spiega -. Direi che sì, c’è una provenienza veneta interessante, di registi e autori e produttori, fermo restando che le grandi individualità emergono dai grandi gruppi; questo contesto cresce solo dove si dialoga con realtà culturali, sociali ed economiche esterne al Veneto. Se rimane chiuso dentro la singola regione, non respira, e questa è la sfida vera: riuscire a portare ciò che cresce nel territorio a confrontarsi con le sfide complesse oltre di esso, per poi saper tornare a casa”.

veneto in pellicola
Il regista Andrea Segre

Il Veneto: “tensioni umane molto interessanti da raccontare”

Ma cos’hanno di particolare e di diverso le storie “venete”, rispetto a quelle di altri territori?
“Il territorio sociale e culturale in cui siamo cresciuti è particolare per il rapido cambiamento della relazione tra economia e vita, avvenuto nell’arco di due generazioni – approfondisce Andrea Segre – dal nonno che soffriva di pellagra, al padre arricchito, al figlio che se ne va. È un grande cambiamento, incastrato tra la vita materiale e la vita sociale, e determina tensioni umane molto interessanti da raccontare. È la stessa cosa successa ancor più rapidamente negli ultimi 20 anni: sono i luoghi, con queste trasformazioni, a raccontare le storie più intense”.

Talenti che tornano

Il già citato Giovanni E. Morassutti è l’esemplificazione di intensità, contaminazione, e del ritorno a casa.
Dagli USA a Padova, dalla globalizzazione al racconto di famiglia.
Memorabilia
è un documentario, racconto personale e collettivo, contestualizzato nel boom economico degli anni Sessanta, dove all’interno dell’azienda Paolo Morassutti si creò, per volontà dei dipendenti, una compagnia teatrale.
“Ho deciso di raccontare questa storia per esplorare i valori della mia famiglia d’origine – racconta il regista -. Questo progetto è una sorta di psicoterapia e mi sta consentendo di liberarmi da quei pregiudizi che ho avuto nei confronti della tradizione imprenditoriale di famiglia, che ho sempre creduto orientata solo al profitto”.
Ne è uscito un docu-film che dipinge un affresco vivido dell’Italia del boom economico, con uno sguardo inedito sul welfare aziendale italiano e su una tradizione teatrale unica.

veneto in pellicola
Sergio Bovo e Antonio Rampin in un frame del docufilm

Lorenzo Pezzano: il talento dietro la telecamera

Se il ritorno si fa occasionale per alcuni, per altri invece è una questione di stabilità, di scelta di vita.
Lorenzo Pezzano rappresenta la componente tecnica nel lavoro cinematografico, come direttore alla fotografia e operatore di camera, e prossimo vicepresidente dell’associazione di professionisti Veneto Troupe (la presidenza sarà affidata alla costumista Ilaria Marmugi).
La prima che nasce in Veneto per non disperdere i professionisti del territorio.
L’obiettivo è quello di collaborare con Veneto Film Commission perché questo non accada.
Pezzano è un talento veneto che intende portare avanti la “causa veneta”.
Il suo nome è apparso in due produzioni presentate alla Festa del Cinema di Roma rispettivamente nelle sezioni Freestyle e in quella autonoma e  parallela alla kermesse “Alice nella Città”.

Lorenzo Pezzano
Lorenzo Pezzano durante le riprese di “La Zima del Signor”

Nel primo caso come operatore di macchina e steadicam del documentario “Aspettando Re Lear”, diretto da Alessandro Preziosi; nel secondo come direttore della fotografia nel cortometraggio “La Zima (cima) del Signor” del regista, anch’esso veneto, Alessandro Padovani.
Ancora come direttore della fotografia, nel mediometraggio “The Reach” del regista veneto Luca Caserta che si è appena aggiudicato il titolo di Best Short Film al Buffalo Roots Film Festival.

“The Reach” di Luca Caserta

“The Reach” è un altro importante esempio dell’internazionalità del cinema veneto.
Il mediometraggio, girato tra Verona, la Lessinia e il Lido di Venezia, prodotto e distribuito da Nuove Officine Cinematografiche con il contributo del Comune di Verona, è stato tratto da un racconto di Stephen King, che l’ha definito “opera incantevole”.
Ha per colonna sonora “Moonlight Motel” di Bruce Springsteen, per gentile concessione del grande cantautore statunitense e di Sony Music e affronta con delicatezza il tema dell’amore che resiste e supera i confini dello spazio e del tempo.
La trama ruota attorno all’attraversamento del braccio di mare congelato che separa Goat Island dalla terraferma.
Protagonista è la donna più anziana dell’isola, Stella Flanders, interpretata con notevole intensità da Jana Balkan. La donna in tutta la sua esistenza mai ha voluto compiere quel viaggio ma, spinta dalle visioni delle persone che ha amato in vita, comprende che per lei è forse giunto il momento di partire.

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Luca Caserta

Le professionalità non mancano

Il cinema fatto e prodotto in Veneto sembra avere insomma tutte le carte in regola per continuare il suo lancio, lungo ormai 25 anni, nel panorama internazionale.
Creatività, talenti e competenze non mancano.
Ma neppure le difficoltà: dalle forme con le quali vengono scritti i bandi per l’assegnazione di fondi regionali (“mancano sufficienti incentivi al coinvolgimento di professionisti locali, senza che queste si spostino da Roma, per esempio”, sostiene Pezzano) alla legge sulla Tax credit, la cui modifica nel biennio 2023-24 ha bloccato finanziamenti e pagamenti a numerose produzioni, senza un ritorno reale nel territorio nazionale.

Si può fare di più

“La soluzione è primariamente politica, e poi pratica – spiega Francesco Bonsembiante – e deve innanzitutto fermare i finanziamenti americani, per favorire i produttori locali. Questo passa da un metro di giudizio differente: non si può valutare un film dal risultato economico del box office: chi vive già nel territorio sarà meno interessato a guardare un film locale. In Francia, per esempio, si valuta in base al numero di spettatori; i prodotti italiani si devono valutare in base alla loro distribuzione internazionale, in festival, eventi, e cinema. Poi, bisogna rafforzare un sistema-cinema: istituire un fondo di sviluppo che incentivi la scrittura delle sceneggiature: bastano poche migliaia di euro per assicurare la tranquillità a un autore di poter lavorare bene. Serve anche un supporto alla formazione tecnica avanzata, altrimenti continueremo ad avere migrazioni verso l’esterno. Infine, bisogna creare una logica di marketing nuova, che guardi a una strategia su misura del prodotto filmico; altrimenti si continuerà ad avere una spartizione sbilanciata tra pochissimi, tra case di distribuzione e sale”.

 Damiano Martin

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