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Economia circolare: dai porti nuova linfa per l'ambiente. Nuove prospettive

Economia circolare: dai porti nuova linfa per l'ambiente. Nuove prospettive

Vi siete mai chiesti come vengono scavati i fondali di un porto? E se vi dicessimo che una delle due tecnologie ancor oggi in vigore risale addirittura a Leonardo da Vinci? Eppure, per quanto il genio dello scienziato fiorentino sia indiscusso, è innegabile che, dal Quattrocento, anche la tecnologia qualche passo in avanti lo abbia fatto.
Quanto alla rimozione dei sedimenti che si depositano sui fondali non solo dei porti ma anche di fiumi e canali, laghi, dighe e bacini, la leonardiana benna bivalve resta però ancor oggi il mezzo meccanico più usato, insieme agli aspiranti, che però rimuovono indistintamente anche l’acqua insieme ai materiali inquinanti e alla sabbia.

La sabbia: un bene sottovalutato

Queste metodologie, oltre a impedire un possibile riutilizzo all’insegna del rispetto dell’ambiente, si traducono anche in uno spreco. Perché, se vi ha stupito sapere che Leonardo resta un “must” tra chi si occupa di dragaggi, probabilmente resterete ancor più di stucco nel sapere che non è il petrolio la risorsa naturale più importante e ricercata anche dall’industria.

Che al primo posto tra i beni fondamentali ci sia l’acqua, ormai è un dato noto ai più. Ma che, subito dopo, venga la sabbia, di certo in pochi lo sanno. Una risorsa straordinaria e sempre più richiesta e sfruttata, anche dal mondo produttivo.

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Si stima che ogni anno se ne utilizzino 15 miliardi di tonnellate. E non solo nell’edilizia o nell’industria del vetro: la silice serve anche per i chip dei computer e per i pannelli solari, ma anche per i dentifrici e la cura della bellezza, per fare solo alcuni esempi.

Il cambio di prospettiva: dai porti alle coste

In questo quadro, quasi 6 secoli dopo Leonardo, è ancora l’eccellenza dell’ingegno italiano a gettare le basi per un radicale cambio di prospettiva. E lo fa con una tecnologia innovativa che taglia i ponti con il passato, all’insegna dei nuovi fondamentali paradigmi dell’economia circolare.

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La piattaforma multifunzionale “Deco 1” realizzata da Fincantieri. Ai lati, i cassoni della sabbia escavata dai porti e della stessa, ripulita naturalmente

“La soluzione che abbiamo realizzato – sottolinea Davide Benedetti, presidente e Ceo di Decomar – per la prima volta al mondo riesce a mettere insieme la tutela dell’ambiente e il massimo riutilizzo delle risorse nel campo della movimentazione dei sedimenti”.
La tecnologia di eco-dragaggio, sviluppata a partire dal 2010 e che a oggi vanta oltre 30 patent mondiali, compresa la partnership con Fincantieri, che ha realizzato la piattaforma multifunzionale “Deco 1”, si chiama “LimpidH2O” e stravolge la tradizionale impostazione dei rapporti tra porti e ambiente.
“L’idea – riprende Benedetti – è quella di un porto che, da nemico, si faccia alleato delle coste”. Le sabbie ottenute dai processi di dragaggio possono infatti essere riutilizzate virtuosamente, contribuendo positivamente nella lotta all’erosione costiera.

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Insabbiamento dei porti

Come funziona l’eco-dragaggio

Il meccanismo alla base di “LimpidH2O” è semplice. L’esempio più calzante è quello del bicchiere capovolto immerso in una bacinella d’acqua. Se lo si porta sul fondo, la pressione fa sì che, al suo interno, non entri acqua, come invece accade con tutte le altre tecnologie. L’ecodragaggio sfrutta lo stesso principio, consentendo di operare in un circuito chiuso. “Sfruttando questa tecnologia  sottolinea il presidente di Decomar – il corpo idrico non interagisce durante le operazioni di escavo restando imperturbato”.

A differenza dei metodi tradizionali, è così possibile movimentare i materiali separandoli fin dall’inizio. Da questo, in primo luogo, deriva come conseguenza la possibilità di ottenere e selezionare della sabbia con caratteristiche granulometriche in grado di renderle direttamente utilizzabili per la riconsegna nell’ambiente naturale, ad esempio per il ripascimento delle spiagge. Il tutto senza la necessità di processi chimici.
È la natura stessa – spiega Benedetti – a permettere di separare e ripulire la sabbia da fanghi, limo o depositi inquinanti. La silice ha infatti la caratteristica di non trattenere inquinanti”.

I benefici economici

La tecnologia ha ricevuto una serie di riconoscimenti, sia nazionali che europei, che hanno certificato tra l’altro come, oltre a tutelare l’ambiente, si tratti di un esempio di vera economia circolare.
“Non chiediamo e non abbiamo bisogno – rimarca il presidente di Decomar – di contributi a sostegno dell’innovazione, come ad esempio nel caso dei pannelli solari. Quella che proponiamo è infatti competitività vera, che rende di più e costa di meno”.
Un intervento di ecodragaggio nel complesso costa infatti il 30% in meno di un intervento tradizionale. Costi enormi non solo per i porti, ma anche per la collettività, perché il destino dei residui degli scavi ora è solo la discarica o una cassa di colmata.
“Per di più – commenta Benedetti – si spostano acqua e sedimenti senza sapere quanto di una e quanto degli altri finiscono nelle benne. Dove, tra l’altro, insieme ai sedimenti possono esserci anche altre sostanze inquinanti. È solo un mero spostamento di un rifiuto. Mentre, con questa tecnologia innovativa, lo spostamento della risorsa recuperata è solo la fase terminale, più semplice e naturale”.

Il rilancio dei porti

L’eco-dragaggio si presenta infine come soluzione in grado di risolvere alcune delle principali problematiche attuali dei sistemi portuali.
Dopo il boom degli anni ‘50 e ‘60, quando l’Italia era la prima nazione per portualità e ricettività turistica, adesso il nostro Paese è arretrato fino al 55° posto. E questo nonostante il Mediterraneo resti ancora, nel 2021, il cuore centrale dell’economia di sviluppo portuale, racchiudendo il 60% delle attività svolte in mare.
L’arretratezza sopravvenuta si lega alla mancata soluzione di trovare un equilibrio tra sviluppo industriale e naturale negli 8.700 straordinari km delle nostre coste.

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Attraverso le nuove tecnologie, più rispettose dell’ambiente, l’Italia può però ritrovare competitività.
“I porti industriali – conclude Benedetti – sono una sorta di “parcheggio” in cui le navi, per poter ormeggiare in sicurezza, hanno bisogno di una infrastruttura solida che contermini lo spazio e quieti il moto ondoso. Senza energia in sospensione, l’insabbiamento è dunque un processo fisico inevitabile, anche senza considerare le altre attività industriali che incidono sulla porzione di specchio acqueo. Riconsegnare la sabbia alle coste, facendo inoltre venir meno il bisogno di sottrarre all’ambiente altre aree per lo sviluppo portuale, significa iniziare a scrivere un nuovo paradigma. Quello di un porto perfettamente “trasparente” all’ambiente e, anzi, in grado di contribuire alla sua tutela”.

Alberto Minazzi

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