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Sorpresa "depressione": la causa non è solo psicologica

Sorpresa "depressione": la causa non è solo psicologica
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La scoperta degli scienziati americani: dalla causa biologica la via per una più efficace cura

La depressione maggiore, l’ansia e gli altri disturbi dell’umore non hanno solo un’origine psicologica, ma i processi neuronali fondamentali si legano anche a meccanismi biologici.
Non è una conclusione di rilevanza esclusivamente scientifica, quella alla quale è arrivato un gruppo di ricercatori dell’Herbert Wertheim UF Scripps Institute for Biomedical Innovation & Technology di Jupiter, in Florida.
I risultati del loro studio, pubblicati sulla rivista “Science”, aprono infatti la strada allo sviluppo di nuove terapie più rapide ed efficaci per il trattamento di disturbi sempre più diffusi ma ancora estremamente difficili da trattare.
“Ci sono – ha sottolineato Kirill Martemyanov – farmaci limitati per le persone con depressione. La maggior parte di questi impiega settimane prima di entrare in azione, se mai lo fa. Se possiamo mirare a ciò con qualcosa di specifico, ha senso che lo studio possa essere d’aiuto. E ci stiamo lavorando”.

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Kirill Martemyanov (@https://scripps.ufl.edu/)

Il recettore GPR158 e la depressione

Il risultato al quale sono arrivati gli scienziati è frutto di anni di lavoro, partiti con l’obiettivo di capire come i sensori sulle cellule cerebrali ricevono e trasmettono segnali al loro interno, modificandone l’attività.
Il primo passo, 15 anni fa, è stato quello dell’individuazione di un “partner di legameper le proteine, che ha portato, nel 2018, alla scoperta del coinvolgimento del nuovo recettore (chiamato GPR158) nella depressione indotta dallo stress.
I topi che erano privi del relativo gene sono infatti risultati sorprendentemente resistenti allo stress cronico.
Nel 2021, attraverso la definizione della struttura del GPR158, simile a quel che si riscontra in alcuni batteri e non nelle cellule umane, Martemyanov ha quindi dedotto che si trattava di un recettore di amminoacidi.
A questo punto, visto che in natura sono solo 20 gli amminoacidi che costituiscono le proteine, si è provato a individuare quale fosse quello che si adattava perfettamente al recettore. E l’unico con tali caratteristiche era la glicina.
Da “recettore orfano”, ovvero privo di segnalatori noti, GPR158 è stato così ribattezzato mGlyR, ovvero “recettore metabotropico della glicina”.

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Le strutture degli amminoacidi

Il ruolo della glicina nella depressione

La glicina è un importante neurotrasmettitore coinvolto in diversi processi neuronali fondamentali ed elemento costitutivo di base delle proteine. Amminoacido comune, viene venduta come integratore alimentare che, tra gli effetti, può migliorare l’umore.
L’interazione della glicina con le cellule può essere estremamente diversa e talvolta molto complessa. In alcuni casi, la glicina invia alle cellule segnali di rallentamento, in altri invece segnali eccitatori. E alcuni studi hanno collegato l’amminoacido alla crescita del cancro alla prostata invasivo.
L’ipotesi su cui si sta lavorando è quella secondo cui la glicina sarebbe in grado di fornire un segnale forte di rallentamento al cervello, probabilmente aiutando così ad alleviare la depressione maggiore, l’ansia e altri disturbi dell’umore in alcune persone.
La ricerca, che procede, cercherà quindi ora di capire come sia influenzata dalla glicina l’attività delle cellule cerebrali, oltre a provare a individuare in che modo il corpo riesca a mantenere il giusto equilibrio dei recettori mGlyR, per arrivare al risultato finale di accelerare i tempi di sviluppo di nuovi farmaci.

Il modello che mostra l’interazione delle molecole di glicina con i recettori GPR158 per influenzare il sistema nervoso (https://scripps.ufl.edu/)

La depressione, fenomeno in crescita

Nella società moderna, la depressione maggiore è uno dei bisogni sanitari che risultano più urgenti, soprattutto tra i giovani adulti, tra cui si è registrato negli ultimi anni un deciso aumento del numero di persone interessate.
Come ha evidenziato uno studio degli Ecdc statunitensi, le conseguenze della depressione si traducono inoltre in un parallelo aumento anche di disabilità, di casi di suicidio e delle spese mediche. Nel 2021, la stima dei costi, negli Usa, è arrivata così a 326 miliardi di dollari l’anno.
Una delle cause alla base della recente diffusione della depressione sono state sicuramente anche le restrizioni pandemiche.
Uno studio dell’Ocse sui giovani europei tra 18 e 29 anni ha riscontrato un vero e proprio boom dopo il Covid. Il maggior incremento è quello della Norvegia, passata per quanto riguarda i giovani con sintomi depressivi dal 9,5% del 2019 al 42,5% del 2021.
I dati sull’Italia sono relativi alla fascia tra 16 e 24 anni, con oltre il 24% dei giovani e il 14,4% con sintomi di questo tipo nel 2021. L’Italia è sotto media (39 dosi ogni 1000 persone e un +14%) anche per quanto riguarda l’altro studio Ocse sul consumo degli antidepressivi. In Europa, dal 2000 al 2020, la crescita è stata del +147%, con l’Islanda al primo posto per uso di questi farmaci: 153 dosi per 1000 persone.

Alberto Minazzi

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