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Solastalgia: quando il caldo fa male anche alla mente

Solastalgia: quando il caldo fa male anche alla mente

Con le temperature che in questi giorni toccano i 40 gradi, la crisi climatica non è più solo una questione di ghiacciai e siccità: colpisce anche la mente. C’è chi soffre di solastalgia: ecco di cosa si tratta

Si può piangere per il buco dell’ozono, sentirsi persi davanti al riscaldamento globale, soffrire per la desertificazione. Sono reazioni della psiche che possono innescarsi – e si innescano più di quanto pensiamo -quando il territorio che amiamo è colpito da una crisi ecologica contro la quali ci sentiamo impotenti.
Si chiamano eco-emozioni e in questi giorni di caldo torrido, con punte di 40 gradi in molte città italiane e notti tropicali in cui il termometro non scende sotto i 25, trovano terreno fertile. Una di loro ha un nome poetico e crudele: solastalgia.
Ma non ha direttamente a che fare con il sole. O quanto meno non solo.

Quando “casa” non è più casa

Il termine è stato coniato già nel 2003 e unisce solace (conforto) e nostalgia.
Indica la mancanza di conforto e il dolore causati dai cambiamenti nell’ambiente immediato, vissuti in tempo reale.
Non è la malinconia di un luogo lasciato, ma il malessere di restare in un posto che non si riconosce più.
L’ha coniata il filosofo australiano Glenn Albrecht per descrivere l’umore cupo degli abitanti di una valle deturpata dall’estrazione mineraria. Oggi il concetto si è allargato: può nascere davanti a incendi, siccità, inondazioni, disboscamenti, gentrificazione, ondate di calore estremo.

solastalgia

I numeri della ricerca

Un’ampia revisione scientifica pubblicata su BMJ Mental Health ha passato al setaccio vent’anni di studi — dal 2003 al 2024 — selezionando 19 ricerche su un campione iniziale di 80. I lavori provengono da Australia, Germania, Perù e Stati Uniti e coinvolgono complessivamente oltre 5.000 partecipanti.
Le conclusioni sono chiare: la solastalgia è costantemente associata a depressione, ansia, disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e somatizzazione, cioè sintomi fisici aggravati dal disagio psicologico.
Alcuni studi qualitativi mostrano anche pessimismo diffuso e minore resilienza nelle popolazioni colpite.

Più forte nei cambiamenti continui

Gli esperti hanno notato che la solastalgia è più intensa nei casi di distruzione ambientale continua — come siccità cronica o deforestazione — che non dopo disastri naturali isolati.
Il motivo? Qui entra in gioco la teoria dell’“impotenza appresa”: quando i cambiamenti sono lenti, costanti e fuori dal nostro controllo, si rafforzano rassegnazione e perdita di speranza, alimentando i sintomi depressivi.

Il legame con il caldo estremo

Oggi questo meccanismo riguarda anche le ondate di calore.
Non parliamo solo di disagio fisico, ma di un impatto emotivo: città surriscaldate, parchi secchi e ingialliti, mari e laghi con temperature record.

solastalgia
Per chi vive in luoghi fortemente legati alla propria identità, assistere a questi cambiamenti può generare un senso di lutto per l’ambiente, pur continuando ad abitarlo.

Eco-ansia, eco-lutto, eco-vergogna

La solastalgia è una delle tante eco-emozioni individuate dalla psicologia ambientale, insieme all’eco-ansia, all’eco-lutto e all’eco-vergogna. Tutte riflettono l’impatto del cambiamento climatico sulla psiche, un fronte ancora poco considerato ma sempre più urgente.

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