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RUGBY: UNA SCUOLA DI VITA

RUGBY:  UNA SCUOLA DI VITA

La società di Mirano trasmette ai più giovani importanti valori e coinvolge anche i diversamente abili con il gioco della palla ovale


Determinazione, gioco di squadra, senso di responsabilità, impegno ed amicizia. Ma anche lealtà, generosità, altruismo e rispetto: valori di vita che, superato il pregiudizio di considerarlo uno sport violento, il rugby può trasmettere a chiunque lo pratica. A cominciare dai più piccoli. Come i 400 che hanno partecipato al primo torneo di mini rugby organizzato dalla società di Mirano, riservato ai bambini e ai ragazzi tra i 3 e i 12 anni. Tutti a rincorrere felici, sotto i caschetti di protezione colorati, la tanto contesa palla ovale. Un vero spettacolo ed una gioia, poter ammirare questi piccoli, rugbisti e aspiranti tali, correre nel campo da gioco, orgogliosi di poter aiutare la propria squadra a vincere. O anche semplicemente vederli fare il tifo dalle tribune per i loro compagni. Per non parlare dei più piccolini, incuriositi da questo pallone dalla forma un po’ insolita, desiderosi soprattutto di imitare i fratelli o gli amici più grandi.
«Sono sempre più numerosi i bambini che, già a partire dalla più tenera età, intraprendono la pratica di questo sport», spiega Stefano Cibin, presidente del Rugby Mirano.
Nei confronti del rugby sopravvive ancora il pregiudizio di essere uno sport violento eppure le iscrizioni alle società sportive sono in continuo aumento… «Chi pensa che il rugby sia uno sport pericoloso e violento si sbaglia di grosso. Qualche livido sul volto, qualche botta in tutto il corpo sono a volte inevitabili, ma fanno parte del gioco. Nello scontro con l’avversario, infatti, esiste una sorta di rispetto per l’altro. Quindi, anche il contatto tra giocatori avviene in modo che i due non si facciano male. Pertanto, a differenza di quanto si possa pensare, il rugby è uno sport particolarmente adatto ai bambini che iniziano fin da subito ad acquisire il concetto di disciplina. Le regole sono piuttosto semplici a quest’età e gli allenamenti servono, soprattutto, per insegnare ai piccoli a correre con la palla in mano. I bambini imparano a cadere, a scivolare sull’erba e a proteggersi, si abituano a non temere il contatto fisico e giocano prestissimo con molta naturalezza, divertendosi. L’aspetto ludico è chiaramente prevalente rispetto a quello agonistico. I piccoli giocatori comprendono presto che nessuno può essere efficace, se i compagni non fanno la loro parte in ogni fase della partita. Imparano che le sconfitte vanno accettate e servono da stimolo per migliorare il gioco di gruppo. Sperimentano il fatto che per quanto forti si è non ci si può battere da soli contro la squadra avversaria».
Molti definiscono il rugby una palestra di vita: ci può spiegare il perché? «Determinazione, gioco di squadra, senso di responsabilità, impegno e amicizia sono alcuni dei principali valori di questo sport. Il rugby forma il carattere e incita all’intesa, alla solidarietà. È la dimostrazione che alcuni ideali come lealtà, generosità, sacrificio, altruismo, possono resistere nel tempo, anche nello sport. E soprattutto rugby significa rispetto: delle regole, che bisogna assolutamente seguire; di ciascuno dei giocatori, che danno sempre il proprio meglio nelle partite; degli avversari, i quali, se hanno vinto, lo hanno fatto perché sono stati più bravi e non più fortunati o più aiutati dall’arbitro. È il rispetto dello spettatore che ti sta seduto a fianco, che può anche tifare per la squadra avversaria senza che questo sia un buon motivo per scatenare la rissa. Ed è soprattutto un gioco che si fa per vincere ma principalmente per divertirsi».
“Rugby, una scuola di vita” è anche il nome di un vostro progetto. «Mirano e Roma sono le uniche società di rugby in Italia che hanno all’interno della propria squadra dei ragazzi down. Il nostro, che ha dodici anni, ha esordito in campionato lo scorso anno e per noi è stata la vittoria più bella. Per favorire l’inserimento di questi ragazzi nella squadra, è nato dunque questo progetto, che, alle proposte tecnico sportive, integra delle importanti attività psico-educative. Al fine di aumentare le situazioni di aggregazione, spirito di gruppo e di sperimentazione alla ricerca di risorse e limiti propri e della squadra, la nostra società si avvale della presenza di un’equipe costituita da educatori (allenatori) e da una psicologa evolutiva».
Quali sono i principali obiettivi che la vostra società si prefigge? «Una squadra e, ancora di più, una società di rugby ha come primo obiettivo quello di formare grandi uomini e non grandi campioni, e questa crescita non si sviluppa solo nel campo da gioco ma anche fuori. La nostra società dedica molto tempo al volontariato: facciamo spesso visita per esempio ai ragazzi disabili della parrocchia e ci rechiamo periodicamente nel reparto di pediatria dell’ospedale di Dolo per portare un po’ di allegria ai piccoli pazienti. Sosteniamo inoltre l’ADMO (Associazione donatori midollo osseo) e l’AVIS, cercando di sensibilizzare i nostri ragazzi a diventare donatori».
Nel rugby si parla tanto di “terzo tempo”: può spiegarci di cosa si tratta? «Il terzo tempo è un’antica tradizione, che nasce nell’ambito dei piccoli club. È una delle caratteristiche più importanti del rugby ed incarna perfettamente uno dei principi fondamentali di questa disciplina: la sportività. Inizia da quando l’arbitro fischia per concludere la partita. Da quel momento, le due squadre non sono più rivali e vanno a festeggiare insieme. È sempre stato visto come un momento di socializzazione tra i giocatori, nel quale spesso partecipano anche le famiglie e, talora, anche i tifosi; il luogo presso il quale si svolge questo momento di incontro collettivo viene chiamato “Club House”. Si mangia e si beve birra in compagnia, dimenticando il risultato. È un appuntamento imperdibile, una grande festa per tutti».
RUGBY MIRANO, UNA STORIA LUNGA QUASI 60 ANNI
L’Associazione sportiva rugby Mirano viene fondata nel 1957 da Ferruccio Bianchi. Vede i primi successi nella stagione 1958/59, quando, a fine campionato, guadagna il secondo posto nel proprio girone. La serie B arriva nei primi anni Sessanta e solamente dopo vent’anni il Rugby Mirano riesce a raggiungere quegli obiettivi che, fin dalla sua fondazione, si era proposto: quello di confrontarsi con i massimi vertici del rugby nazionale. Nel 1984 arriva infatti la prima promozione in serie A. E, nel 1995, la società viene insignita dal CONI della Stella D’Argento al Merito Sportivo. Diversi sono stati i giocatori del Rugby Mirano che, a vario titolo, hanno vestito la maglia della Nazionale. Attualmente, sono due i ragazzi miranesi che stanno difendendo i colori Azzurri: Francesco Minto e Michele Campagnaro. Cinque anni fa, la società ha deciso di iniziare un progetto tecnico partendo dalla base, cioè dai ragazzini, e a tal proposito è stato chiamato l’ex tecnico della Nazionale Italiana, Bertrand Fourcade. Il progetto, a distanza di qualche anno, comincia a dare i propri frutti, sia a livello di gioco che di numeri: la società conta infatti ora più di 350 tesserati e vede in campo, oltre a dieci squadre maschili (assolutamente da vedere gli under 6), anche tre femminili, di cui una lo scorso anno si è classificata quarta a livello nazionale. Negli ultimi anni, la prima squadra, che partecipa al campionato di serie B, si è sempre mantenuta nella parte alta della classifica. (F.Z.)


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