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Rosolia: non è più una malattia endemica in Italia

Rosolia: non è più una malattia endemica in Italia

Dopo vent’anni, raggiunto il primo traguardo. Ora tocca al morbillo

Dapprima il vaiolo (1980), poi la poliomielite (2002). Ora la rosolia.
Sono le malattie pericolose eradicate in Italia grazie alla prevenzione.
A dare l’annuncio che anche la rosolia non è più una malattia endemica nel nostro Paese in quanto non si registrano casi da oltre 12 mesi, è stata la Commissione di verifica regionale dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), impegnata dal 2015 nel “Piano d’Azione Europeo per le vaccinazioni 2015-2020 (European Vaccine Action Plan 2015– 2020, EVAP)”. Il primo piano di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita è stato approvato in Italia addirittura già nel 2003, quindi esattamente vent’anni fa.
Tre anni dopo i termini previsti, dunque, l’obiettivo è stato raggiunto. In parte quanto meno, perché il morbillo è l’altra malattia endemica che si intende eradicare.

rosolia

Le vaccinazioni restano fondamentali

Significa che non ci si dovrà più vaccinare per la rosolia?
No. Per il momento le cose non cambiano: per prevenire questa malattia si dovrà comunque fare la vaccinazione con il vaccino vivo attenuato Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR) somministrato in due dosi, la prima a 12-15 mesi di età, la seconda a 5-6 anni.
Questo perché, spiega l’Istituto Superiore della Sanità, “, per dichiarare formalmente l’eliminazione della malattia (in questo caso la rosolia), si richiede documentazione dell’interruzione della trasmissione del virus endemico per un periodo di almeno 36 mesi”.
Di fatto, soprattutto le ultime generazioni, non sono abituate a pensare alla rosolia come a una malattia pericolosa ma lo è.
Se contratta dalle donne in gravidanza, soprattutto nei primi tre mesi, può arrivare al feto determinando aborti, morte intrauterina e gravi malformazioni fisiche. Le conseguenze possono essere anche anomalie congenite come sordità, cataratta, difetti cardiaci e disabilità intellettive.

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La rosolia

Malattia infettiva causata da un virus a RNA che si trasmette per via aerea attraverso le goccioline respiratorie diffuse nell’aria dal malato attraverso secrezioni dovute per esempio a colpi di tosse o starnuti, determinando picchi epidemici circa ogni 7 anni, prima dei vaccini la rosolia infettava prima dei 20 anni circa l’80% della popolazione. Causando spesso complicanze articolari come l’artrite e poliartralgie, più di rado encefaliti (1 caso su 6 mila) o porpora trombocitopenica (1 caso su 3000) che potevano causare anche la morte.
Ancora nel periodo compreso tra il 2005 e il 2018 in Italia sono stati segnalati 173 casi di rosalia in gravidanza e 88 casi di rosalia congenita.

 

L’appello dell’Iss

Che la rosolia non sia più una malattia endemica nel nostro Paese è “un importante traguardo che mostra ancora una volta il valore dei vaccini nel proteggere le persone da malattie pericolose – ha dichiarato l’Iss (Istituto Superiore della Sanità) – Se però in un determinato Paese è stata interrotta la trasmissione endemica di un’infezione – precisano gli esperti – esiste ancora la possibilità che questa possa essere introdotta nel Paese da altre zone geografiche dove non è stata ancora eliminata. Inoltre, se non vaccinata, una persona può acquisire l’infezione recandosi in Paesi dove la rosolia è ancora endemica. Pertanto, finché la malattia non sia eradicata, è fondamentale continuare a vaccinarsi contro la rosolia ed è particolarmente importante che le donne in età fertile conoscano il proprio stato immunitario verso la rosolia prima di iniziare una gravidanza e che si sottopongano alla vaccinazione se ancora suscettibili all’infezione”.

Consuelo Terrin

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