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Pubblicità: è ancora quella in tv a funzionare meglio

Pubblicità: è ancora quella in tv a funzionare meglio

Lo studio: maggiore l’attenzione ai messaggi in video rispetto a quelli social. Bene anche gli spot audio

Fu Henry Ford, il fondatore di una delle ancor oggi principali case automobilistiche al mondo, ad affermare, nel 1927, che “la pubblicità è l’anima del commercio”. Da allora è passato quasi un secolo. Un lungo periodo durante il quale la società e la comunicazione sono radicalmente cambiate, con un’evoluzione dalla carta stampata, alla radio, alla televisione, fino ai moderni canali online.

L’importanza dell’attenzione nella comunicazione

In parallelo, si è evoluta anche la pubblicità. Al tempo stesso, in un mondo in cui non è fuori luogo parlare di “sovraffollamento informativo”, l’attenzione, come emerso già dalle ricerche di Herbert Simon degli anni Settanta, è divenuta ormai una “risorsa scarsa”. E anche gli investimenti sul piano mediatico, in un contesto di mercato che muove circa 9 miliardi di euro l’anno, vanno accuratamente valutati, per riuscire a dare massima efficacia al proprio messaggio.

È da queste premesse che muove “Beyond Visual Attention”, il primo progetto di ricerca in Europa per misurare l’attenzione agli stimoli pubblicitari, promosso da Omnicom Media Group in collaborazione con Ainem, Ipsos e Nielsen, che ha portato alla realizzazione di uno studio, mirato a costruire una nuova “metrica” comunicativa e di marketing basata proprio sull’attenzione, di cui sono stati ora presentati i risultati. Tutt’altro che scontati.

Pubblicità in tv: un classico che non tramonta

Un primo dato su cui riflettere è il ruolo di primaria importanza che la televisione continua a giocare nell’ambito della comunicazione pubblicitaria. I ricercatori, al riguardo, sottolineano come, dalle analisi effettuate da Ipsos, emerga che il ricordo di un brand visto in TV è 3 volte superiore rispetto al mobile e solo il 17% dei break pubblicitari risulta essere interrotto dallo zapping.

È curioso notare che l’attenzione alla pubblicità cala notevolmente in camera da letto, dove si registra un 47% di attenzione visiva rispetto al 60% in salotto. Ancora, il ricordo degli spot televisivi è superiore del 75% tra le donne rispetto agli uomini. E, pur con un livello di ricordo uguale, i giovani hanno dimostrato una soglia più bassa rispetto agli adulti per quanto riguarda l’attenzione alla pubblicità.

Attenzione alla pubblicità: televisione vs. web

Quella che viene definita “attenzione attiva” agli stimoli pubblicitari è poi di molto superiore per quelli trasmessi in tv rispetto a chi fruisce dei contenuti su dispositivi mobili. Il tempo dedicato a seguire attivamente gli spot, spiega lo studio, è infatti rispettivamente di 10 e 2 secondi. Va però sottolineato che l’ambiente dei moderni dispositivi risulta più immersivo, portando i fruitori a distogliere meno lo sguardo dallo schermo del cellulare.

Anche all’interno dell’online vanno però fatte delle distinzioni. I messaggi pubblicitari sulle testate web di news, compresi i siti di quotidiani e periodici, fanno registrare un “attention time” superiore del 20% superiore rispetto a quello sui social media. “In generale – è la conclusione – possiamo dire che il contesto influenza l’attenzione: i contenuti presenti sui siti di informazione spingono a una maggiore attenzione anche nei confronti dei messaggi pubblicitari”.

L’importanza del messaggio audio

Se, pur confermandosi la videocomunicazione “una modalità altamente performante”, i ricercatori aggiungono che “andare oltre l’attenzione visiva è imprescindibile per fornire una fotografia reale dell’efficacia di uno stimolo pubblicitario”. In termini di attenzione, il formato audio perde infatti solo il 2% rispetto a quello visivo. Tant’è che 1 persona su 5 ricorda una pubblicità passata in televisione anche se in quel momento non stava guardando lo schermo.

Molto meno efficaci, invece, risultano i messaggi pubblicitari statici, come i banner. In questi casi, il ricordo si dimezza rispetto a quanto avviene per un video. È quanto emerge dagli studi di laboratorio dell’Associazione Italiana di Neuromarketing, che ha monitorato con analisi neuroscientifica le 3 dimensioni dell’attenzione: visiva, della mente e del corpo.

Alberto Minazzi

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