Le Gallerie dell’Accademia ospitano dal 19 settembre al 18 gennaio 2026 una mostra dedicata al pittore bresciano che lavorò nel capoluogo lagunare per la maggior parte della sua carriera
Le Gallerie dell’Accademia a Venezia rappresentano uno dei tanti fiori all’occhiello nel panorama culturale della città.
Nelle sue sale è infatti custodita la più importante collezione di pittura veneta esistente al mondo, in un percorso espositivo che spazia dalla pittura del Trecento a quella del Settecento. Si possono ammirare capolavori assoluti come, solo per citarne alcuni, “La tempesta” di Giorgione, “La Pietà” di Tiziano, “Il Ciclo delle Storie di sant’Orsola” di Carpaccio e “Il convito in casa di Levi” del Veronese. In questo contesto si inserisce un’altra figura di spicco, quella del pittore bresciano Pietro Bellotti (1625-1700) al quale è dedicata la mostra “Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia” che prenderà il via il prossimo 19 settembre.
Bellotti: una personalità difficile da ricostruire
Chi fu il talentuoso pittore bresciano? Pietro Bellotti, forse sono ancora in pochi a conoscerlo, è stato attivo a Venezia a partire dagli anni Quaranta del Seicento e per lungo tempo realizzando opere apprezzate dalle più autorevoli voci del tempo, a cominciare dal celebre critico militante Marco Boschini, con cui strinse una particolare amicizia. La sua raffinata produzione tuttavia ha lasciato poche tracce documentarie e difficoltà cronologiche e attributive sulle quali la storiografia continua a confrontarsi. Rende ancora più complicata la situazione il fatto che il pittore oltre a Venezia, suo principale centro operativo, lavorò anche in Lombardia, tra la Milano spagnola e la Mantova dei Gonzaga, in baviera, nella Roma di Papa Alessandro VIII e, quasi certamente nella Firenze dei Medici.

Tra stupore, realtà, enigma
Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia racconta come, a metà del Seicento, nacque un nuovo modo di interpretare i temi barocchi.
In questo stile, l’interesse per immagini insolite si unisce a un’attenta osservazione della realtà, creando un affascinante equilibrio tra meraviglia e verità. Questi due aspetti caratterizzano le opere di Bellotti, ricche di fantasia, giochi di luce e ombra, cura dei dettagli e un realismo quasi caricaturale.
Una “firma” che emerge in due importanti dipinti a lui riferibili, recentemente acquisiti dalle gallerie dell’Accademia. Si tratta di “Autoritratto come allegoria dello Stupore” e dei “Popolani all’aperto”, prototipo della “pittura di realtà”. Questo dipinto, capolavoro della scena di genere, costituisce un ponte con la celebre produzione del milanese Giacomo Ceruti di inizio Settecento.
La mostra che svela e mette a confronto l’universo pittorico di Bellotti
L’esposizione è la prima che la città dedica alla pittura del Seicento veneziano, dopo la grande rassegna del 1959.
Come sottolinea il direttore delle Gallerie dell’Accademia Giulio Manieri Elia, è un lavoro di studio e ricerca oltre che di valorizzazione delle opere delle collezioni.

Il percorso espositivo offre la possibilità di compiere un viaggio attraverso la pittura veneziana d’età barocca anche grazie ai prestiti eccezionali concessi da musei internazionali e italiani come il Museo Nacional del Prado di Madrid, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Staatsgalerie di Stoccarda, il Dallas Museum of Art, le Gallerie degli Uffizi di Firenze e il Castello Sforzesco di Milano.
Un insieme di opere che consentono di conoscere l’evoluzione pittorica di Bellotti e importanti confronti con alcuni tra i massimi protagonisti del tempo, tra cui Ribera, Giordano, Cagnacci, Langetti attivi o legati a Venezia.