Un nuovo studio dimostra che i neonati sono in grado di creare ricordi e spiega scientificamente l’amnesia infantile.
Se vi chiedessimo di raccontarci un episodio dei vostri primi 3 anni di vita, sareste in grado di farlo?
Non preoccupatevi, se la vostra risposta è no. Perché, in genere, gli esseri umani non sono in grado di ricordare gli eventi che si sono verificati all’inizio della loro esistenza.
Tant’è che Sigmund Freud ha dato anche una definizione scientifica a questo fenomeno, chiamandolo “amnesia infantile”. Da oltre un secolo, il tema incuriosisce gli scienziati, che si sono posti la domanda: le persone non ricordano le esperienze dell’infanzia perché il cervello è troppo immaturo per formare ricordi o questi ricordi si formano e poi dimenticano?
Questioni che, adesso, sembrano aver trovato delle risposte in uno studio pubblicato sulla rivista “Science”.
Il cervello dei bambini può codificare i ricordi
A giungere a una conclusione, positiva, riguardo al primo quesito è stato lo studio “Codifica ippocampale dei ricordi nei neonati umani” che vede come primo firmatario Tristan S. Yates, del Dipartimento di Psicologia della Columbia University di New York. La ricerca è partita da una scansione, effettuata utilizzando la risonanza magnetica funzionale, del cervello di 26 bambini di età tra 4 mesi e 2 anni mentre stavano svolgendo un compito che coinvolgeva la memoria, come la visualizzazione di un nuovo volto, oggetto o scena per una durata di 2 secondi.
È stata in tal modo misurata, sia nel momento della visualizzazione che quando è stata riproposta al bambino la stessa immagine circa un minuto dopo, l’attività dell’ippocampo, la cui parte posteriore è l’area maggiormente associata al richiamo della memoria negli adulti. Ed è emerso che quanto più attivo era stato l’ippocampo nella codifica avvenuta durante la prima fase, tanto più a lungo i bambini si sono poi soffermati ad osservarla nella seconda, suggerendo così che agissero in base a un ricordo, visto che in questa età c’è la tendenza a passare più tempo a guardare cose familiari.
Svelato il mistero dell’amnesia infantile
Lo studio ha insomma concluso che anche i neonati sono in grado di codificare i ricordi.
Considerazione a cui Yates, come riporta la rivista “Nature”, ha aggiunto che “anche se lo abbiamo visto in tutti i bambini nel nostro studio, il segnale era più forte in quelli di età superiore ai 12 mesi, suggerendo una sorta di traiettoria di sviluppo per la capacità dell’ippocampo di codificare i singoli ricordi”.
I ricercatori hanno allora provato a dare una spiegazione sul perché non siamo in grado di richiamare alla mente questi ricordi più avanti nella vita. Arrivando alla conclusione che, come spiega l’abstract dello studio, “la disponibilità di meccanismi di codifica per la memoria episodica durante un periodo della vita umana che viene successivamente perso dal nostro record autobiografico implica che i meccanismi di postcodifica, per cui i ricordi dell’infanzia diventano inaccessibili per il recupero, possono essere più responsabili dell’amnesia infantile”. In altri termini, tutto ciò si verifica probabilmente non per la difficoltà di creare i ricordi, ma per quella di ricordarli. “Una possibilità davvero interessante – conclude Yates – è che i ricordi siano ancora lì in età adulta. È solo che non siamo in grado di accedervi”.
Alberto Minazzi
Mi sembra logico che riescano a codificare i ricordi altrimenti come farebbero ad imparare a parlare ad esempio o a sapere dove sono le loro cose. Il perché ci sia questa specie di filtro su cosa ricordare e per quanto ricordarlo che è un mistero. Se io ritiro i loro giochi in una stanza e li li lascio si ricorderanno sempre dove sono ma se cambio casa prima dei 3 anni non sono più in grado di ricordare
La natura è perfetta. Nei primi tre anni del bambino si sviluppa il linguaggio. L’impegno di svilupparlo per apprendere le parole e i segnali volti ad ottenere l’attenzione altrui per le necessità legate ai bisogni individuali è fondamentale e non lascia spazio ad altro. A linguaggio appreso si sviluppa l’aspetto critico dal momento in cui si percepisce la consapevolezza di essere compresi. Ad esempio all’età di tre anni si manifesta la gelosia di un bambino nei confronti di un fratello, di un genitore, delle cose, che comporta richiami da parte degli educatori tali da suscitare il ricordo di azioni precedenti a scopo di suscitare riflessioni e risposte adeguate. Così nel caso di situazioni che suscitano emozioni e sentimenti anche negativi. I primi tre anni sono idilliaci e avulsi dalla realtà. La magia della vita si materializza nell’osservare il buio, la luce, i colori, i suoni, le parole.
Ho numerosi vividi ricordi di quando avevo circa un anno di vita e mi ricordo vagamente qualcosa anche di un po’ prima..
Io ricordo tutto da quando avevo 1 anno, ho chiesto ai miei genitori se i ricordi fossero veri e loro mi hanno confermato.