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Partita Iva: tasse “fisse” per 2 anni col concordato preventivo

Partita Iva: tasse “fisse” per 2 anni col concordato preventivo

La novità introdotta con decreto legislativo potrà interessare una platea di circa 4 milioni di contribuenti

Si chiama “concordato preventivo biennale”, ma concretamente si traduce in una sorta di “scommessa”.
Per il contribuente, ma anche per lo Stato, che conta in questo modo di ridurre il fenomeno dell’evasione, facendo potenzialmente emergere redditi sommersi ma anche semplificando i rapporti con i contribuenti.
Con il decreto legislativo appena approvato dal Consiglio dei ministri, il settimo di attuazione della delega sulla riforma fiscale attribuita al Governo, viene data possibilità ai titolari di partita Iva (e ad altri soggetti come imprese individuali, soggetti Ires, società personali e alcuni forfettari) di decidere in anticipo di pagare, nei 2 anni successivi, la quota di tasse determinata dai calcoli dell’Agenzia delle Entrate.
Se poi, nel secondo anno fiscale, il reddito sarà superiore, l’eccedenza rispetto a quanto indicato nel concordato sarà esente da imposte (tranne l’Iva, che continuerà a basarsi sulle operazioni realmente effettuate), senza alcuna sanzione.
Al tempo stesso una volta accettata la proposta dell’Agenzia, la base imponibile non sarà più modificabile, né sono previsti controlli, anche se restano gli ordinari obblighi contabili e dichiarativi, come libro giornale o dichiarazione dei redditi.

Il meccanismo del concordato preventivo biennale

Quella che si preannuncia come una possibile rivoluzione per i lavoratori autonomi, traducendosi nel contempo in un aumento del gettito fiscale stimato dal Governo in 1,8 miliardi in 2 anni da destinare soprattutto alla riduzione delle aliquote dell’Irpef, entrerà in vigore già dal 2024.

concordato preventivo
Entro aprile, l’Agenzia delle Entrate invierà una lettera contenente il calcolo delle tasse effettuato per il biennio, tramite un monitoraggio anticipato di imposte sui redditi e Irap, ai titolari di partita Iva e alle piccole e medie imprese.
Con la lettera, sarà proposto quindi il concordato preventivo biennale (previsto all’articolo 15 della delega fiscale), a cui il contribuente potrà liberamente decidere se aderire o meno, sottostando però a controlli nel caso di un rifiuto. Per il 2024, l’accettazione della proposta dovrà essere comunicata entro il 15 ottobre.
Per facilitare la valutazione dell’opportunità, saranno messi a disposizione del contribuente e degli intermediari, come per esempio i commercialisti, appositi software per l’acquisizione dei dati.

Il calcolo e il contraddittorio

La formulazione della proposta impositiva avverrà dopo l’analisi da parte del Fisco dei dati già in suo possesso relativamente all’attività dei soggetti interessati dal concordato preventivo. A tal fine, le informazioni potranno derivare, per via deduttiva, anche da fatture elettroniche e scontrini telematici, utilizzando anche l’intelligenza artificiale. Che, sempre nel rispetto della privacy, potrà servire anche per individuare i possibili evasori.
Come ha spiegato il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, illustrando la misura, l’atto dell’amministrazione finanziaria non potrà essere emesso in mancanza di un “previo confronto con il contribuente, che potrà formulare le sue osservazioni”. In caso di mancata condivisione di quest’ultime da parte del soggetto pubblico, al titolare di partita Iva potranno quindi essere chieste adeguate motivazioni, nella logica della massima collaborazione tra fisco e contribuenti.

Le scadenze e i soggetti interessati

Le scadenze per i vari adempimenti previsti nella procedura sono diverse tra il primo anno e la successiva entrata a regime del concordato preventivo.
In questa seconda fase, la lettera di proposta arriverà entro marzo e l’adesione dovrà avvenire entro il 30 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi invece che il 15 ottobre, data a cui è stata prorogata per il 2024 la scadenza del periodo valido per la dichiarazione rispetto all’ordinario 30 settembre.
Il decreto ha allargato, rispetto alle prime previsioni, la platea degli interessati dal concordato preventivo, facendo in pratica saltare la clausola di affidabilità.
Potranno accedere infatti allo strumento non solo le partite Iva con “indice di affidabilità fiscale” (Isa) superiore a 8, né i soli 2,5 milioni di autonomi che già applicano il regime Isa, ma anche gli 1,7 milioni in regime forfettario con flat tax al 15%, per i quali il concordato avrà però cadenza annuale.

Gli esclusi, la sospensione e la decadenza del concordato

Se, ai fini del concordato, non si terrà conto del voto di affidabilità fiscale, è però previsto, come requisito necessario, l’assenza di debiti tributari e contributivi accertati da 5 mila euro in su, comprendendo nella cifra interessi e sanzioni, ma con l’esclusione dei debiti sospesi o rateizzati. È infine previsto che il concordato si fermi nel caso in cui il contribuente modifichi o cessi l’attività, con invece la conseguenza della decadenza qualora emergano irregolarità.

Alberto Minazzi

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