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ORO GRANATA E BRONZO

ORO GRANATA E BRONZO


Da Londra ’48 ad Atene 2004: è lunga la lista di atleti ed atlete, che hanno fatto la storia della Reyer e hanno preso parte ai Giochi. Portando in dote ben quindici medaglie.
Venezia non è solo la porta da dove fece il suo ingresso in Italia nel 1909 la pallacanestro, una delle discipline di squadra più importanti dei giochi olimpici. E Venezia non è solo la città che ha dato origine nel 1872 ad una delle società sportive più antiche d’Europa, la Reyer. Venezia è anche una città che, grazie anche agli allori dei grandi talenti che hanno indossato la casacca orogranata, ha diffuso e moltiplicato lo spirito olimpico.
AZZURRO REYER
Il filo rosso tra la Reyer e le Olimpiadi inizia più di sessant’anni fa. È Sergio Stefanini il primo cestista reyerino a partecipare ai giochi olimpici. Il lungo veneziano è all’apice della sua carriera, quando nel 1948 prende parte alla prima edizione del secondo dopoguerra. Dell’eroica spedizione azzurra che raggiunge Londra in treno, fanno parte figure storiche del basket italiano come Tracuzzi, Primo e Ranuzzi. Dopo Stefanini, è un veneziano-mestrino “doc” a diventare un olimpionico dei canestri. È “Toni” Vianello, che partecipa a ben tre Olimpiadi. La prima risale all’indimenticabile edizione di Roma ’60, tra le fila di una delle nazionali di basket più forti di sempre (con Riminucci, Lombardi, Gamba, Vittori, Masini), che onora la partecipazione chiudendo con uno storico quarto posto. Vianello è protagonista anche della spedizione del ’64 a Tokyo, dove l’Italia si conferma cogliendo la quinta piazza sempre sotto la guida di Paratore. Non è un’Olimpiade come le altre neppure quella di Città del Messico. Quella del ’68 è l’edizione del massacro di Piazza delle Tre Culture, del pugno chiuso di Smith e Carlos, del salto nel tempo di Beamon. In quell’occasione l’ormai “Nane” nazionale, che l’anno prima era ritornato a vestire la maglia orogranata, fa parte dell’Italia che si classifica all’ottavo posto nel torneo vinto ancora una volta dagli USA. Ma c’è un altro futuro reyerino accanto a Vianello in quelle avventure olimpiche: è il pisano Bufalini. Il monumentale Sauro, che arriverà a Venezia nel ’71, è una delle colonne della nazionale azzurra sia a Tokyo che a Città del Messico. Altri due olimpionici italiani ad indossare la maglia azzurra e quella orogranata, sono stati Gigi Serafini e Fabrizio Della Fiori. Serafini partecipa a Monaco ‘72 e a Montreal ‘76; “Ciccio” Della Fiori, è presente all’edizione canadese, ma soprattutto a Mosca nel 1980, quando l’Italia conquista la sua prima medaglia olimpica, cogliendo l’argento dietro la Yugoslavia di Dalipagic.
LE PRIME MEDAGLIE.
A nobilitare la “galleria olimpica” reyerina, sono stati anche alcuni tra gli stranieri più forti arrivati in laguna. Il primo reyerino a cogliere una medaglia fu il fenomenale Maciel “Bira” Ubiratan, che nel ’64 a Tokyo, alla sua seconda partecipazione, conquistò uno storico bronzo con il Brasile. La terza olimpiade della leggenda del basket brasiliano, quella del ’72 a Monaco, arriverà al termine della sua seconda stagione in orogranata. Nel ’60 a Roma fa il suo esordio olimpico con la Yugoslavia il primo straniero della Reyer, Nemanja Djuric, che finisce al sesto posto e parteciperà anche all’edizione di Tokyo ’64 (settimo posto), prima di vestire la divisa orogranata nel 1965. Nel ’64 esordisce anche il grande Trajko Rajkovic, che nel ’68 a Città del Messico conquisterà la medaglia di bronzo, nello stesso anno in cui vestirà la maglia della Reyer nella sua unica stagione a Venezia. Il protagonista della finale di Città del Messico, però, è un altro giocatore destinato diversi anni più tardi a vivere una stagione tanto fugace, quanto travolgente in laguna. In quel torneo infatti, a soli 19 anni, Spencer Haywood rivela al mondo tutto il suo enorme talento. L’esito dello scontro diretto sotto le plance in finale contro l’esperto Rajkovic (allora trentenne) è impietoso: lo slavo si ferma a quota 4 punti, contro i 21 della nascente stella del basket americano, dominatore dell’intera competizione. Dodici anni più tardi Haywood arriverà a Venezia, dopo aver fatto, nel bene e nel male, la storia della pallacanestro americana.
LA “TRIPLA” DI PRAJA.
Fedele alle sue doti balistiche, Drazen Dalipagic fa centro in tutte le edizioni delle olimpiadi a cui partecipa. Tre medaglie in altrettante partecipazioni: questo lo straordinario bottino olimpico del campione di Mostar (tra i primi dieci cestisti più medagliati di tutti i tempi). A Montreal nel ‘76 è argento. Nell’80 a Mosca arriva invece la medaglia d’oro, dopo aver infierito sui favoritissimi sovietici (28 punti e 5 rimbalzi). In finale contro l’Italia ne infila 18, prima di salire sul gradino più alto del podio, da cui ridiscende per prendere direttamente la via di Venezia. Nell’84 a Los Angeles c’è tempo per stupire ancora: affiancato dal giovane Drazen Petrovic, trascina la Yugoslavia alla medaglia di bronzo. Fatale in semifinale l’incrocio con la Spagna di Juan Epifanio. Ma nella finale per il terzo posto non ha pietà del Canada a cui infligge 37 punti, congedandosi dalle competizioni olimpiche con un altro alloro. Al fianco di Dalipagic, nei trionfi più gloriosi dei “plavi”, come nelle vittorie più memorabili con la maglia orogranata, c’è sempre Ratko “Rascio” Radovanovic. È tra i protagonisti sia a Mosca nell’80, sia a Los Angeles nell’84, dove disputa un torneo di livello assoluto, chiudendo con 14 punti di media e oltre 7 rimbalzi a partita. Due anni più tardi, raggiungerà Dalipagic proprio in laguna.
TUTTI AD ATENE.
La galleria degli olimpionici del basket, che hanno legato le loro sorti a quella della Reyer, non è esclusiva di un passato più o meno remoto, ma anche storia recente. L’impresa più inaspettata è senz’altro quella di Aramis Naglic che, complice la frammentazione dello squadrone yugoslavo, trova posto in fondo alla panchina della Croazia che alle Olimpiadi del ’92 è argento dietro al “Dream Team”. Dalla metà degli anni ’90 in poi la maggior parte degli allori olimpici arriva dalle campionesse arrivate a Venezia per difendere i colori della formazione femminile. A cominciare dalla russa Ana Arkhipova. La sua esperienza veneziana (2001/’02) cade proprio tra le due edizioni delle Olimpiadi a cui prende parte con la Russia. Nel 2000 a Sidney esce ai quarti contro il Brasile, mentre nel 2004 ad Atene festeggia la medaglia di bronzo, superando proprio la nazionale carioca. Ad arrivare a Venezia con una lunga storia olimpica alle spalle, è il capitano della nazionale verdeoro Alessandra Dos Santos De Oliveira. Quando veste la maglia orogranata, Alessandra ha già all’attivo due partecipazioni e due medaglie olimpiche. Ad Atlanta ‘96 coglie un sorprendente argento dietro agli Stati Uniti, mentre a Sidney arriva la medaglia di bronzo contro la Corea del Sud. Nel 2004 ad Atene sfiora l’impresa di conquistare con il Brasile la sua terza medaglia olimpica consecutiva. Atene 2004 è un vero crocevia per i destini orogranata. Oltre ad Arkhipova e Alessandra, prende parte a quella edizione dei giochi olimpici anche Shannon Johnson. La playmaker statunitense, che arriverà a Venezia nel 2007 portando la Reyer alla conquista della Coppa Italia, è una delle protagoniste del quinto oro olimpico della nazionale di basket stelle e strisce. Nei quarti di finale mette a referto 21 punti, contro la Grecia guidata da un’altra futura reyerina: Anastasia Kostaki, attuale regista della squadra veneziana, che nella stessa sfida è la migliore delle sue con 25 punti personali. Né la Russia in semifinale, né l’Australia in finale possono impedire a Johnson e compagne di conquistare l’oro, ancor più lucente se confrontato al bronzo spento racimolato dai favoritissimi colleghi uomini. Ma lo strano incrocio di destini che ad Atene si intreccia con la storia orogranata, non si ferma qui. Infatti, tra gli azzurri a salire sul secondo gradino più alto del podio nel torneo maschile di quella magica edizione, c’è Rodolfo Rombaldoni. L’attuale guardia della Reyer porta a casa una medaglia d’argento sorprendente, lasciandosi dietro gli Stati Uniti e inchinandosi solo in finale all’Argentina. Nella squadra guidata da Basile, Galanda e Pozzecco, Rombaldoni parte dalla panchina, ma è una preziosa risorsa per il reparto esterni, sempre pronto a dare minuti di qualità ed equilibrio al gioco. Ma è soprattutto un dato, a dare la misura di quanto i giochi olimpici siano nel destino della Reyer: dal ‘64 al 2004, in tutte le edizioni, fatta eccezione per Monaco ‘72 e Seul ‘88, almeno un reyerino è andato a medaglia. E forse, anche per questo, è lecito sognare che Venezia e le Olimpiadi, finalmente, salgano sullo stesso podio.
DI ALESSANDRO TOMASUTTI
 

 
 

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