La scoperta dei ricercatori: l’eccesso di peso modifica la scrittura chimica del Dna, con conseguenze simili all’autismo
Esiste un legame tra l’obesità della madre e lo sviluppo del cervello del futuro figlio? La risposta affermativa a questa domanda arriva da uno studio condotto sui topi da un team dell’Università delle Hawaii, che ha scoperto un preciso meccanismo. Il fenomeno conosciuto come epigenetica consiste in pratica nella modifica della scrittura chimica del Dna negli ovociti, ovvero le cellule che diventeranno uova fecondate, che avviene proprio a causa dell’eccesso di peso. Questi cambiamenti agiscono su geni importanti per il funzionamento dei neuroni. Nei maschi nati da ovociti con queste alterazioni, gli scienziati hanno osservato comportamenti simili a quelli a quelli autistici quali difficoltà di interazione sociale e gesti ripetitivi.
Tutto succede quando l’ovocita viene fecondato
In particolare l’obesità materna può portare a cambiamenti epigenetici negli ovociti che influenzano lo sviluppo embrionale e aumentano il rischio di malattie metaboliche nella prole. In altri termini, non ne deriva un’alterazione della sequenza del Dna, ma può essere influenzato il modo in cui i geni vengono espressi negli ovociti, causando potenzialmente alcuni effetti duraturi sulla salute. Come spiegano gli esperti, il problema non si verifica durante la gravidanza, ma molto prima quando l’ovocita porta già con sé le istruzioni modificate.
Per arrivare a questa considerazione è stato utilizzato un metodo preciso. Con una dieta ricca di grassi sono state fatte ingrassare alcune femmine di topo dalle quali sono stati prelevati gli ovociti. Successivamente questi sono stati fecondati in laboratorio con spermatozoi di maschi sani e gli embrioni trasferiti in femmine surrogate in buona salute con un peso normale, eliminando così ogni influenza dell’utero e dell’alimentazione durante la gravidanza. Il risultato è stato che negli ovociti delle madri obese, il Dna mostrava cambiamenti nelle zone che controllano il gene Homer1. Gli studiosi hanno rilevato differenze tra maschi e femmine: mentre i primi nati da questo ovocita mostravano meno socialità, vocalizzazioni e comportamento compulsivo, le femmine non avevano comportamenti anomali. Ciò significa che il sesso del nascituro può influenzare la sensibilità a questi cambiamenti.
L’obesità può “programmare” il cervello
Nei maschi dello studio, l’eccesso di Homer1, il gene chiave per la comunicazione tra neuroni, è stato rilevato nella corteccia e nell’ippocampo, vale a dire le aree del cervello che regolano la memoria, le emozioni e le relazioni sociali. E i loro comportamenti sono stati associati a quelli dello spettro autistico, ovvero quell’insieme di condizioni dello sviluppo neurologico che influenzano il modo in cui una persona interagisce socialmente e comunica con il mondo, oltre a presentare comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi. I ricercatori hanno inoltre notato cambiamenti anche in un altro gene già collegato a disturbi mentali. La combinazione di questi effetti mostra che l’obesità può “programmare il cervello in anticipo e con modifiche che non si cancellano facilmente”.
Sempre importante la prevenzione
Se il meccanismo scoperto nei topi dovesse essere valido anche per l’uomo, servirebbero programmi di salute metabolica pre-concezionale rivolti a tutta la popolazione in età riproduttiva. Fino ad ora infatti la prevenzione si è concentrata sulla gravidanza, con controlli prenatali, raccomandazioni dietetiche per le gestanti e screening di rischio e non sul periodo precedente. Due dati dovrebbero far riflettere. Secondo L’Organizzazione Mondiale della Sanità, più del 40% delle donne in età fertile nei Paesi ad alto reddito è in sovrappeso o obeso e parallelamente le diagnosi dello spettro autistico sono in aumento. Come dire: “a buon intenditore, poche parole”.