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“Mini” basket, “maxi” importanza

“Mini” basket,  “maxi” importanza

Col minibasket dell’Umana Reyer, 225 bambini imparano sport e socialità

L’ aspetto tecnico comincia a contare solo alla fine di un percorso lungo sette anni. «Per noi – spiega Pino Ciccarello, responsabile del minibasket dell’Umana Reyer – la cosa più importante è che questi bambini imparino a stare in gruppo, perché non sono più abituati a farlo. Oltre all’aspetto ludico, specie per i più piccoli, a noi sta moltissimo a cuore la loro crescita, la formazione del loro comportamento e della loro educazione, specie nei confronti degli avversari. La crescita sociale è quel che riteniamo fondamentale, perché, nelle nuove generazioni, manca assolutamente la cultura di fare giochi semplici tutti insieme. È da qui, invece, come avveniva un tempo in campetti e patronati, che il bambino cresce a livello di fantasia, senza diventare un piccolo robot».

Il minibasket orogranata è dunque non solo e non tanto la prima fucina dei futuri campioni. «La scuola, nella nostra visione di educatori, è l’aspetto più importante. Da quando i nostri mini atleti compiono dieci anni, vogliamo vedere le loro pagelle, prima ancora di valutare quel che fanno in campo. E poi vorrei sfatare un falso mito: il minibasket dell’Umana Reyer non è assolutamente riservato ad un’elite, ma è aperto a tutti».

La maggior parte dei mini atleti dell’Umana Reyer, com’è logico, vengono da Mestre. «Ma non mancano anche quelli provenienti dai confini della provincia, ad esempio da Mirano, Mogliano e non solo. È tutta l’area metropolitana ad essere coinvolta e questo ci fa molto piacere, perché significa che il discorso sta andando avanti. L’ultimo anno abbiamo avuto 225 bambini, organizzando a volte due gruppi per annata, e ci siamo fermati qui, a fronte di un numero ben superiore di richieste, solo per rimanere all’interno dei limiti di disponibilità delle palestre. Cosa da non sottovalutare, siamo riusciti a portare tutti fino a fine anno».

«Poter fare tutto questo sotto il “marchio” della Reyer – conclude Ciccarello – aiuta anche ad affezionare le nuove generazioni nei confronti di questa società. Un aspetto che, per i più piccoli, è ancora marginale, ma che, andando avanti con gli anni, fa sentire i bambini parte di un insieme più grande, anche iniziando a frequentare il Taliercio e le tante attività, come feste e manifestazioni, sia all’aperto che al chiuso, che l’Umana Reyer organizza. Se poi, un domani, i nostri bambini diventeranno tifosi, dirigenti o magari anche giocatori di altre società, vuol dire che abbiamo fatto bene il nostro lavoro».

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