Lo studio pubblicato su The Lancet evidenzia un calo della mortalità per cancro, malattie cardiache e diabete tra il 2010 e il 2019. Ma i progressi frenano rispetto al decennio precedente
Soprattutto dopo il Covid, a occupare grande spazio nelle cronache sanitarie di tutto il mondo sono le malattie trasmissibili.
In realtà, la principale causa di morte a livello globale restano ancora le patologie croniche, dal cancro, al diabete, alle malattie cardiache.
Nel 2019, hanno rappresentato 42 milioni (tra i quali 27 milioni sotto gli 80 anni) dei 57 milioni di decessi totali.
Non a caso, l’Onu ha fissato tra i suoi obiettivi quello di ridurre entro il 2030 di un terzo il numero di decessi legati a queste malattie. Notevoli passi avanti in tal senso, comunque, già si sono potuti riscontrare. A evidenziarli è il primo studio, i cui risultati sono appena stati pubblicati su The Lancet, che si è occupato di indagare, partendo dai dati Oms, sul cambiamento della mortalità per malattie non trasmissibili in 185 Paesi tra il 2010 e il 2019.
Il calo della mortalità per le malattie croniche
In generale, il rapporto rileva che, nel periodo preso in considerazione, la probabilità di morire prima degli 80 anni a causa di una patologia cronica è scesa per le donne in 152 Paesi (dove vive il 72% della popolazione femminile mondiale) e in 147 (che ospitano il 73% dei maschi) per gli uomini, pari a una percentuale tra il 79% e l’82% di tutti gli Stati del mondo.
Una percentuale che sale al 100% considerando i 25 Paesi occidentali ad alto reddito, tra i quali la diminuzione più significativa si è registrata in Danimarca, mentre sono gli Stati Uniti ad aver fatto segnare il progresso più contenuto, preceduti di poco dalla Germania.
Va inoltre evidenziato che la frenata dei miglioramenti rispetto al decennio precedente ha riguardato circa il 60% dei Paesi, con addirittura una tendenza contraria in India e Papua Nuova Guinea. In valori assoluti, le più basse probabilità di morire per una malattia non trasmissibile sono attualmente quelle delle donne della Corea del Sud (15,4%) e le più alte (79,9%) riguardano gli uomini di Eswatini. Al contrario, i maschi di Singapore (29,1%) e della Svizzera (30,3%) hanno fatto registrare la possibilità percentuale più bassa e le femmine dell’Afghanistan (71,4%) quella più alta riguardo al proprio genere.
Le possibili spiegazioni dei trend
Alla base della diminuita mortalità per malattie non trasmissibili, a cui ha contribuito soprattutto il calo dei decessi per malattie cardiocircolatorie, gli scienziati evidenziano una serie di fattori, tra cui le politiche di sanità pubblica che limitano il fumo, il miglioramento dei trattamenti e della prevenzione all’interno dei sistemi sanitari, la sempre maggior diffusione di statine e ipertensivi per la riduzione del rischio di infarto e ictus e lo sviluppo di vaccini per epatite e cancro cervicale.
Anche per spiegare i motivi in base ai quali i progressi non hanno in molti casi mantenuto lo stesso ritmo del primo decennio del terzo millennio ci sono numerose cause potenziali. Sottolineando, per esempio, i dati sul cancro al fegato e al pancreas, che hanno contribuito a una maggiore mortalità nella maggior parte dei Paesi, si punta il dito sullo slancio perso in molti casi dalle politiche restrittive sull’alcol. Ma sotto accusa finiscono anche sottofinanziamento, scarso targeting delle popolazioni vulnerabili e mancanza di chiarezza nelle priorità di salute pubblica che hanno inciso su una serie di interventi come i trattamenti per l’ipertensione e gli screening di diabete e cancro. Per i casi di Usa e Germania, invece, una delle principali cause individuate è l’aumento delle condizioni neuropsichiatriche, come Alzheimer e demenze.
Alberto Minazzi