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L'UNDICESIMO IN CAMPO

L'UNDICESIMO IN CAMPO


IN 30 KM UN FLASHBACK LUNGO 30 GIORNI.
È lunedì. Brutto giorno, inizia la settimana. E oggi iniziare è ancora più dura. Ieri lo scudetto è volato a Taranto. Questa volta non basterà aspettare una settimana per tornare in un Palasport e rivivere emozioni forti, cercare una rivincita. Dovrò aspettare dopo l’estate.  Il destino, che sembra voler continuare a giocare, mi dice che oggi pomeriggio dovrò andare a Schio per un appuntamento di lavoro.  Non serve impostare sul navigatore la direzione. Ormai conosco bene la strada. Sono i trenta chilometri che mi hanno fatto sognare nelle ultime settimane. In realtà non è passato poi molto e l’emozione delle due trasferte in terra vicentina è per me ancora molto forte. E non può essere cancellata dall’esito della finale. Pensavo di aver smesso di emozionarmi così per lo sport. Non ho più 18 anni. Adesso si pensa alla vita reale: al lavoro, alla famiglia, alla crisi. E invece…non gridavo, non mi appassionavo, non mi arrabbiavo e non gioivo così da anni; non più per il Calcio Venezia o la Juventus, neanche per la Nazionale campione del mondo.  Invece la Reyer negli ultimi anni mi ha fatto risorgere istinti che pensavo sopiti. Dai 3000 del Taliercio per gara 5 contro Trento per salire in B1 ai 200 pazzi che insieme a me hanno preso l’aereo per scendere a Brindisi per il ritorno in Lega2, alle centinaia di persone con le quali ho festeggiato la coppa Italia a Schio delle ragazze.
Questa Reyer mi ha fatto tornare indietro di oltre vent’anni; quando si viveva di scuola, pane e nutella, cartoni animati e pallacanestro. Dopo la scuola nei campetti dei patronati, la domenica all’Arsenale. Sono alla guida e ho rivisto il primo viaggio di andata. Ho risentito il mitico Gino raccontare i suoi aneddoti dal passato. Le stesse emozioni e gli stessi sogni che ti regalava la favola della buona notte. Ho rivisto il Palacampagnola, lo stesso impianto nel quale avevamo festeggiato la Coppa Italia e la Supercoppa: il nostro ritorno sulle pagine della Gazzetta dello Sport, il nostro ritorno nello sport che conta. Ho rivisto la nostra curva cantare.  Ho rivisto le emozioni di una partita magari non spettacolare ma di un’intensità unica. Mi sono rivisto sporto dalla balaustra a salutare le nostre eroine vittoriose in gara 1. Ho rivisto il viaggio di gara 3. Le nostre speranze e le nostre paure. Ho rivisto la nostra curva piena. Ho risentito i cori. Mentre la strada passava sotto la mia auto ho rivisto il film della partita. Il + 19. Il 50-50. La nostra spallata vincente e quel cronometro che sembrava non voler arrivare a zero. Immense tutte le ragazze. Immenso lo staff. Cori per tutti. Anche per noi.  Ho rivisto il viaggio di ritorno. La gioia per una finale in parte sperata, in parte insperata. Ho rivisto Gianni sciorinare le formazioni Reyer, e non solo, degli anni ‘70 e ‘80. Sembrava un album di figurine: nomi, cognomi, ruoli e addirittura altezze!
Ho rivisto i nostri autobus fuori dal Taliercio a mezzanotte e Gino arrivare con un carretto della spesa pieno di bottiglie di prosecco per festeggiare. Si, è qui la festa. Sono 60 anni che aspettiamo. È il nostro momento. Ho rivisto gara 1 con Taranto. Ho rivisto la nostra rimonta e il nostro trionfo. Ho rivisto il mio abbraccio con Mery Andrade a fine partita. Emozioni su emozioni. Mi dice “grazie ragazzi del vostro supporto”…grazie a te Mery per tutto quello che dai in campo. Un esempio di sport. Un esempio di vita. Ho rivisto il mio dilemma: vado o non vado. Dove? In Puglia! Martedì non posso andare, ma se vinciamo gara2 non posso perdermi il match ball. Così ho rivisto anche la delusione per le due partite a Taranto. Partite che si potevano vincere. Ma nello sport, come nella vita, con i se e con i ma non si scrive la storia. Ho risentito i brividi lungo la schiena che ho provato quando i bandieroni granata sono saliti su per le gradinate in gara 4. Mi hanno ricordato il bandierone che saliva sullo spicchio di gradinata all’Arsenale quando entravano Dalipagic e compagni. Cicli e ricicli storici. Siamo tornati indietro al tempo della grande Reyer? No. Siamo nel 2009. Non è la solita storia. È una nuova pagina di storia quella che si sta scrivendo.
Ho rivisto una città che, nonostante il menefreghismo dei propri politici, vuol tornare a vivere di emozioni proprie e nuove; non solo di turismo o di uno splendore passato. Ho rivisto una città, spesso frastagliata, divisa, indifferente, individualista, ricompattarsi numerosa in un Palasport. Ho rivisto tutti gli amici che ho conosciuto sulle gradinate in questa stagione. Ho rivisto i nostri discorsi all’intervallo, le nostre gioie e le nostre incazzature. Ho rivisto mia moglie al mio fianco in tutti questi momenti. Persona sempre pacata e tranquilla ma scatenata, forse più di me, quando arriva al Palasport.  E pensare che fino a pochi anni fa non sopportava il basket. Adesso mi parla di tattica, di pick ‘n roll, di attacco a triangolo, cerca spasmodicamente una partita da guardare in televisione, viene in trasferta. Cala il sipario e si apre la festa dei cento temerari che per la seconda volta in una settimana hanno risalito l’Italia in pullman. Bravi. Ho rivisto le lacrime di Mery Andrade e l’abbraccio di Brugnaro, idealmente l’abbraccio di tutti noi. C’è stata battaglia e le battaglie si vincono e si perdono. Ok, meglio vincerle ma arrivare a combattere e uscire a testa alta è pur sempre una vittoria.
Ho visto la nostra maglia che per anche per il prossimo anno non sarà ornata di un triangolino tricolore ma che con il suo splendido color granata e con il suo oro sfavillante resta una maglia unica. Non avremo vinto lo scudetto ma sicuramente tutti quanti abbiamo vissuto un’emozione che vale un campionato. Mi sono rivisto infine al computer a scrivere sul blog della Reyer e conoscere così tanti nuovi amici. Amici con i quali è stato bello trovarsi in accordo e trovarsi in disaccordo. Tante persone con le quali condividere la stessa passione. Amici virtuali ma anche amici reali. Solo a fine stagione ho capito che uno dei blogger più accaniti è un mio vecchio compagno di classe che non sentivo da quasi vent’anni e che ho ritrovato al Palasport. Ecco l’abbraccio (reale) con lui di qualche settimana fa è un altro dei ricordi più belli di questa stagione. Cicli e ricicli storici. Ma non siamo alla fine degli anni ’80. Siamo nel 2009. Certo che al basket come “carramba che sorpresa” non ci avevo mai pensato e invece la Reyer è anche questo. Grazie a tutti.  Nell’albo d’oro della mia memoria la stagione sportiva 2008-09 è già segnata con lettere indelebili.
di Federico Rossi
Da BLOG.REYER.IT

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