Ambiente +

Le foreste non ci salvano più. Ora inquinano

Le foreste non ci salvano più. Ora inquinano

Incendi, insetti, prelievo del legname: uno studio certifica come il cambiamento climatico stia sempre più cambiando l’impatto delle foreste sull’inquinamento atmosferico. Italia in controtendenza

Un tempo erano le grandi alleate del pianeta, capaci di assorbire anidride carbonica e restituire ossigeno.
Oggi, molte foreste emettono più CO₂ di quanta riescano ad assorbirne, contribuendo all’inquinamento atmosferico invece di contrastarlo.
A lanciare l’allarme, nella Giornata mondiale dell’ambiente del 5 giugno, è Etifor – società benefit certificata B Corp e spin-off dell’Università di Padova – che ha condotto un’indagine dettagliata sulla trasformazione in atto nei nostri ecosistemi forestali.

Il “caso-Canada” e il pericoloso cambio di rotta dei “polmoni verdi” del pianeta

Le cause alla base di questo radicale mutamento, spiega lo studio, si possono in sostanza ricondurre agli effetti prodotti dai cambiamenti climatici sotto forma di incendi, degrado forestale, eventi estremi, epidemie di insetti e aumento delle temperature.
L’esempio più evidente citato da Etifor è quello del Canada, vero e proprio “polmone verde” della Terra con i suoi 361 milioni di ettari di foreste. Come riportano gli stessi dati del Governo del grande Paese nordamericano, l’inversione di tendenza sul fronte dello stoccaggio ha però coinvolto negli ultimi 20 anni ben 225 milioni di ettari soggetti ad azione umana.
Quantificando, si è passati da un assorbimento medio di 30,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica ogni anno a un saldo che parla invece di emissioni medie di 131,2 milioni di tonnellate nello stesso arco di tempo. Un fenomeno legato soprattutto agli incendi, che nel solo 2023 hanno distrutto 15 milioni di ettari di superficie boschiva canadese, ma anche all’aumento esponenziale degli attacchi di insetti. Basti pensare che, nel primo ventennio del nuovo millennio, solo in British Columbia sono stati danneggiati oltre 20 milioni di ettari di foreste a causa di epidemie del coleottero scolitide del pino.

foreste

Un fenomeno globale. Che sembra risparmiare l’Italia

Le cose non vanno però molto meglio spostandosi in altri angoli del Pianeta. Pur se con un’eccezione sorprendente che riguarda il nostro Paese.
In Italia, infatti, la situazione certificata dall’Ispra mostra come, al netto delle perdite di patrimonio boschivo, le nostre foreste assorbano il 14% delle emissioni totali di anidride carbonica del Paese.
Il dato, riguardo al quale Etifor pur sottolineandone la positività auspica però una verifica, è in controtendenza rispetto alle statistiche della Commissione Europea, con numeri più che raddoppiati dal 2022, anche per la disponibilità di nuovi strumenti.
La tendenza globale appare invece generalizzata al negativo.
In Europa, il caso più preoccupante secondo Etifor è quello della Finlandia.
Qui il locale Istituto per le risorse naturali sottolinea la costante progressiva diminuzione dell’assorbimento di CO2 da parte delle foreste, con un bilancio legato alle emissioni che è diventato negativo a partire dal 2021, in primis per l’incremento dei prelievi di legname e per l’aumento delle emissioni da parte dei suoli a causa dell’accelerata decomposizione della lettiera dovuta all’aumento delle temperature.
In Estonia si sta per esempio vivendo dal 2020 la stessa situazione finlandese. In Germania, a causa di siccità e insetti, dal 2017 lo stock di carbonio forestale è calato di 41,5 milioni di tonnellate. E nei Paesi tropicali le aree deforestate o degradate dall’azione umana e da fattori naturali sono emettitrici nette di carbonio.

foreste

Prospettive e possibili soluzioni

Lo studio sottolinea dunque la necessità di continuare un corretto monitoraggio del fenomeno e soprattutto di adottare misure concrete efficaci che consentano di invertire il processo, a partire da quelle relative alla gestione della risorsa forestale esistente. E cita uno studio pubblicato nel 2023 dal Ministero dell’Agricoltura Usa, secondo cui le foreste statunitensi cominceranno a diminuire la loro capacità di fissazione del carbonio nel volgere di pochi anni e potrebbero diventare una fonte rilevante di emissioni a partire dal 2070. Tra i suggerimenti, Etifor, già attiva in 159 aree verdi con l’iniziativa “Wownature”, indica il possibile “supporto alla rinnovazione spontanea tramite la migrazione assistita, l’aumento della biodiversità con enrichment planting e interventi che favoriscano la diffusione di specie autoctone resistenti alla siccità, agli incendi, agli insetti e agli schianti da vento”. Ma andrebbe anche assicurata secondo Etifor una “diversità di sistemi a scala di paesaggio, ad esempio combinando aree forestali con aree umide o praterie naturali” Questo permetterebbe infatti una migliore gestione dei rischi climatici e porterebbe a benefici in termini di biodiversità, favorendo anche la capacità di assicurare prodotti forestali che supportano le economie locali e favoriscono il presidio dei territori”.

Alberto Minazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.