Dalla risonanza magnetica all’intelligenza artificiale: le nuove tecniche per decodificare l’attività cerebrale promettono di trasformare pensieri e visioni notturne in immagini e filmati, avvicinando il confine tra immaginato e reale.
I sogni sono uno dei misteri più affascinanti delle capacità del nostro cervello.
Le immagini che vediamo e le situazioni che viviamo mentre dormiamo, anche quando improbabili sono spesso talmente realistiche da lasciarci al risveglio sensazioni vivide che via via si stemperano man mano che riacquistiamo coscienza.
Dal “realistico” al “reale”, il passo è indubbiamente lungo.
Ma grazie ai progressi della ricerca scientifica, questo divario si sta sempre più riducendo.
Le moderne tecnologie, a partire dalla risonanza magnetica e dall’intelligenza artificiale, già da oltre un decennio hanno reso possibile “leggere” cosa accade nel nostro cervello durante i sogni, riuscendo poi a tradurlo in immagini statiche. Ma gli studi proseguono, rendendo sempre meno improbabile l’idea di ricreare il sogno in un filmato, ma anche di interpretare e ricostruire al computer le illusioni che la nostra mente elabora da sveglia.
Dal sogno, all’immagine
Volendo trovare un punto di partenza a questa suggestiva strada che sta provando a percorrere la scienza, il passaggio cruciale risale al 2013, quando un team giapponese guidato da Yukiyasu Kamitani condusse con successo un esperimento per interpretare l’attività cerebrale durante i sogni e poi tradurla, decodificandola attraverso gli algoritmi di intelligenza artificiale opportunamente istruiti nelle immagini che questa aveva prodotto nel subconscio. Partendo dalla considerazione, da tempo acquisita dalla scienza, che il nostro cervello segue un percorso prevedibile quando attivato da stimoli visivi, i ricercatori riuscirono infatti a ricostruire con una percentuale di riuscita del 60% il contenuto dei sogni effettuati da 3 volontari. Durante il sonno, il loro cervello era stato infatti monitorato attraverso elettroencefalogramma, svegliandoli quando i macchinari avevano rilevato una fase in cui stavano sognando. Invitati a descrivere quel che stavano vedendo, l’Ai, ragionando per classi generiche e confrontando le risposte cerebrali con quelle manifestate in precedenza durante la veglia dagli stessi soggetti quando posti davanti a immagini di categorie specifiche, era quindi riuscita a ricostruire attraverso le immagini il contesto sulla base di migliaia di fotogrammi raccolte in rete, riuscendo nella maggioranza dei casi a riprodurlo con buona approssimazione.
La mappa visiva dell’attività onirica
In tal modo, gli scienziati sono riusciti a costruire una prima mappa visiva dell’attività onirica, traendo da questo primo passo concreto verso la possibilità di capire attraverso i segnali prodotti dalla mente ciò che questa sta elaborando lo spunto per proseguire negli studi. Lo stesso Kamitani, lo scorso anno, ha annunciato che il lavoro svolto in questo decennio ha permesso di far progredire la tecnologia, portandola alla capacità di esplorare anche le visioni mentali che immaginiamo anche quando siamo svegli. La sempre maggior possibilità di esplorare il subconscio attraverso dati oggettivi apre dunque nuove prospettive per la comprensione della mente umana, che, oltre che per le neuroscienze, potrebbero tornare utili anche a scopo terapeutico. In parallelo, gli scienziati stanno provando anche a superare uno dei limiti attualmente intrinsechi alla traduzione dei segnali raccolti attraverso l’approfondito imaging cerebrale reso possibile dalla risonanza magnetica funzionale, ovvero la riproduzione del sogno attraverso semplici fotogrammi. Un lavoro pubblicato quest’anno in pre-print su Arxiv.org da un team cinese ha in tal senso proposto un primo tentativo di un nuovo quadro per convertire i sogni in narrazioni video coerenti. Per raggiungere il risultato, gli studiosi puntano su modelli linguistici avanzati di Ai, che consentano di colmare il divario tra le esperienze soggettive di sogno e i dati neurofisiologici oggettivi.
Alberto Minazzi