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Lavoro e futuro. Storie di italiani all'estero. La Francia di Monia Mestriner

Lavoro e futuro. Storie di italiani all'estero. La Francia di Monia Mestriner
Arco di Trionfo Francia

Quante volte avrete sentito nella vostra vita che gli italiani sono cugini dei francesi. Innumerevoli.
E davvero le somiglianze sono molteplici. Ci legano arte e cultura. Apparteniamo allo stesso ceppo linguistico. Molte volte nella storia le strade di Italia e Francia si sono incrociate. La fine della Repubblica di Venezia è stata decretata da Napoleone; l’unità d’Italia è stata possibile anche grazie a Napoleone III e alla guerra del 1859 contro l’Austria.
Ma cosa ci rende uguali e cosa “diversi”? Lo abbiamo chiesto a un’italiana trapiantata a Parigi da ben sei anni: Monia Mestriner.

Monia Mestriner Francia
Monia Mestriner

Parigi, mon amour

Prima che per il marito Baptiste, la passione per la Francia è scattata per la lingua, studiata dall’età di nove anni e perfezionata poi all’Algarotti di Venezia (istituto per il turismo).
«Dopo un’esperienza di nove mesi a Disneyland, nel 2008, sono rientrata in Italia, dove ho anche trovato un lavoro che mi piaceva. Ma sul piano dello stipendio non mi sarei mai davvero stabilizzata e non avrei coronato i miei sogni».
Così, è maturata l’intenzione di ritornare in Francia. Dove ha deciso di rimanere.
«In Francia mi sento al sicuro sul piano economico. È un paese felice, dove vivere e tra i più assistenzialisti al mondo, che non lascia indietro nessuno – spiega – Ad esempio: in pochi anni ho ottenuto un alloggio sociale. Le università pubbliche sono gratis e offrono l’opportunità di entrare subito nel mondo del lavoro con un impiego di due giorni alla settimana (retribuito) e in linea con il tuo percorso di studi».

La Tour Eiffel Francia
La Tour Eiffel Francia

Il primo scoglio della Francia: la burocrazia

Nel Paese dei cugini, Monia si è integrata anche con l’aiuto e le dritte date dai membri di diversi gruppi Facebook di italiani in Francia.
“Uno dei problemi è stata la burocrazia –dice- Aprire un conto in banca, per esempio, è fondamentale, perché senza quello non si può firmare alcun contratto. Ma in quale banca? La risposta l’ho cercata tra i connazionali, così come a qual compagnia telefonica legarmi, quali documenti era opportuno avere. Mi sono iscritta al “Pole Emploi” – il centro per l’impiego – per trovare lavoro, ho fatto la tessera sanitaria, fondamentale per i rimborsi delle spese mediche e infine, la Carte Vitale. Se però non sai il francese –conclude- tutto diventa difficile e le pratiche tirano per le lunghe. Ci ho messo sei mesi per ottenere la Carte Vitale”.
Cugini, i francesi. Pure in questo. Ma anche diversi. Per esempio per la laicità.

Il ruolo dello Stato nella vita quotidiana

In Italia un ruolo importante viene giocato dalle istituzioni cattoliche e dalle parrocchie. I ragazzi vanno a catechismo fino ai 13 anni circa. La parrocchia mette a disposizione campi da calcio e altri ricreativi, i volontari organizzano attività culturali, sportive ed educative di ogni tipo. In Francia invece fa tutto lo Stato.
Ogni comune, anche minuscolo, ha la propria “Sala delle feste”, un grande salone con cucina che viene affittato per battesimi, compleanni, matrimoni. È il comune a organizzare attività per i giovani, uscite in piscina, in montagna, visite culturali della città, atelier artistici.

La Cattedrale di Notre Dame Francia
La Cattedrale di Notre Dame

Festività religiose e tradizioni culinarie

Anche le festività natalizie si trascorrono in modo diverso.
Natale si festeggia il 24 sera e il 26 non è festivo.Qui il 6 gennaio non arriva la befana –racconta Monia – ma si mangia la “GalettedesRois”, un buonissimo dolce alle mandorle, per festeggiare il nuovo anno. Ecco, forse un’altra cosa che ci differenzia molto dai francesi è la pasticceria: quella francese è superba!»
Monia non pensa lo stesso della cucina, che si propone con molto burro e panna, così come della pizza.
«Non se ne trovano di classiche ma pizze al pollo, con carne macinata, o con cipolle, patate e formaggio. Per esempio non esiste la pizza diavola, mettono un salame strano. Morale della favola: prima di scegliere una pizzeria, verifico puntigliosamente prima le recensioni degli italiani. Mancano molti prodotti della nostra dieta: le mozzarelline fritte, le olive ascolane, i pocket coffee, certi tipi di prodotti per la colazione. Ecco: questo mi manca particolarmente e lo stesso lo sentono anche gli altri italiani. Su Facebook sono iscritta ai vari gruppi di italiani a Parigi e spesso ci comunichiamo quando in un supermercato troviamo alcuni prodotti nostrani».

La pandemia in Francia

Centri commerciali e grandi supermercati sono aperti anche in questo momento di pandemia e non mancano i clienti.
«La situazione sembra peggiorare e si vede in lontananza un terzo lockdown, ma non totale come quello di marzo. Il timore è che la situazione ci metterebbe molto tempo a migliorare. La gente comincia davvero a essere stanca. Il virus circola ancora ma ora ha meno paura e vuole la normalità. La domenica c’è molto traffico. Le persone vivono la vita come possono considerato che ristoranti, cinema e teatri sono chiusi. Ma sono iniziati i saldi e si possono fare feste private in casa. Il distanziamento sociale ormai non lo segue più nessuno, la gente porta la mascherina col naso scopertosenza che nessuno dica nulla, i controlli sono pochissimi».

Il timore del domani

La crisi morde. «La situazione economica è molto difficile. Come l’Italia, anche la Francia ha deciso di bloccare i licenziamenti e la cassa integrazione è pagata dallo Stato al 100%. Ho paura però che quando questa situazione sarà sbloccata ci saranno licenziamenti a cascata. Tra un paio di anni la crisi sarà ancora più forte. Le analogie tra Italia e Francia esistono anche nelle difficoltà del settore turistico e io stessa ne ho pagato le conseguenze: lavoravo per un’agenzia viaggi che a causa del Covid ha chiuso i battenti. Sono a casa da maggio scorso. A settembre ho effettuato una breve formazione per diventare assistente commerciale web e questo mese ho già avuto due colloqui… incrociamo le dita!»

Ivan Bruno Zabeo

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