Il governo potenzia le misure di sicurezza interne con 29mila siti sotto sorveglianza. Cresce la tensione geopolitica. La dura condanna di Pechino, Russia e Paesi arabi
Mentre il cielo sopra il Medio Oriente è sempre più affollato e l’escalation di questo ultimo fine settimana rischia di allargare il fronte, il livello di allerta è globale. Anche economico.
Dopo l’attacco statunitense ai siti nucleari iraniani e la risposta di Teheran, che la lanciato missili sulle città israeliane, anche in Italia è allarme rosso.
Già nella giornata di domenica il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha convocato d’urgenza il Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo e successivamente il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Agli incontri, durante i quali sono state tracciate nuove strategie operative per proteggere il territorio italiano da rischi esterni, hanno partecipato i vertici dei servizi di intelligence, delle forze dell’ordine e degli esperti di cybersicurezza.
Risultato: 29mila i siti sono ora sotto stretta sorveglianza nel nostro Paese, di cui circa mille legati direttamente a interessi statunitensi e israeliani.
Ambasciate, consolati e siti sensibili: sorveglianza h24
I presidi diplomatici e le sedi rappresentative di Israele, Iran e Stati Uniti sono posti sotto una sorveglianza straordinaria.
A Roma, la Prefettura ha ordinato un potenziamento della sicurezza nei pressi degli obiettivi americani e rafforzato la protezione dell’ambasciatore Usa.
Gli occhi della sicurezza sono puntati anche sul Vaticano, in vista della seconda giornata del Giubileo dei Governanti, con controlli più rigidi per tutelare le massime autorità religiose.
In tutto il territorio nazionale, da Aviano a Sigonella, sono state incrementate le misure di sicurezza delle basi militari statunitensi, ritenute possibili obiettivi sensibili in caso di un’escalation più ampia.
E anche a Milano e Napoli sono state potenziate le attività di controllo a tutela di sedi diplomatiche, consolari, culturali e commerciali riconducibili agli Stati coinvolti nella crisi internazionale.
Un quadro internazionale che preoccupa
L’attacco Usa è arrivato nella notte (alle 2.00 ora italiana) di sabato : i bombardieri stealth B-2, invisibili ai radar, decollati da Diego Garcia con armi capaci di penetrare bunker profondi, hanno puntato tre siti nucleari iraniani, tra cui l’impianto sotterraneo di Fordow, protetto da montagne di roccia.
Un raid notturno da film, che non a caso ha preso il nome di Midnight Hammer.
Gli Stati Uniti hanno usato le bombe “bunker buster” per colpire tre siti nucleari iraniani, nascosti in profondità sotto terra.
Teheran grida vendetta.
Mentre la tensione resta alle stelle, nel pieno di una guerra tecnologica fatta di velivoli senza pilota e obiettivi – almeno sulla carta- chirurgici, le provocazioni si muovono anche sui social. E in borsa.
Khamenei infiamma i social: “Israele sarà punito”
La Guida Suprema iraniana, Ayatollah Khamenei, ha rotto infatti il silenzio con un post su X annunciando una punizione esemplare per Israele accompagnata da un’immagine inquietante: un teschio in fiamme con la Stella di David.
Ma dopo l’attacco americano anche gli USA sono nel mirino.
Secondo il New York Times, milizie filo-iraniane in Iraq e Siria sono pronte a colpire interessi americani nella regione. L’Iran ufficialmente prende tempo, ma il leader supremo Khamenei promette “una risposta durissima”.
Nel frattempo Donald Trump Trump pubblica il suo slogan MIGA: “Make Iran Great Again”, il vecchio sogno americano di un cambio di regime in Iran.
Il mondo si spacca: la diplomazia frana. E le borse ballano
Mentre le milizie iraniane si attivano al richiamo della vendetta, le reazioni internazionali arrivano a raffica: la Cina si dice contraria all’escalation e invita a evitare il peggio; la Russia denuncia la “grave provocazione americana” definendo la situazione “fuori controllo”.
Iraq, Siria, Algeria e Tunisia condannano fermamente gli attacchi USA, individuandovi una “violazione della sovranità iraniana” e l’ONU, così come tutti i Paesi dell’area UE, ha convocato il Consiglio di Sicurezza d’urgenza per una crisi “profondamente preoccupante”.
Si teme quella che il presidente francese Macron ha definito “una guerra totale”. La terza mondiale.
Lo scontro colpisce anche i mercati: il prezzo del greggio schizza oltre i 78 dollari al barile.
Ma potrebbe capitare di peggio. I mercati tremano.
Occhi puntati sullo Stretto di Hormuz
Con un quinto del petrolio mondiale che passa di lì, lo Stretto di Hormuz è il vero nervo scoperto di questa crisi.
E basta una minaccia di chiusura per mandare le borse in tilt.
Secondo le stime, un blocco reale potrebbe far volare il prezzo anche a 130 dollari al barile.
Non è solo geopolitica: è la pompa di benzina sotto casa che rischia di diventare una roulette russa. Per non andare a sondare quanto il blocco inciderebbe sui costi di riscaldamento.
Se l’Iran decidesse davvero di chiuderlo, le ripercussioni non si limiterebbero al Medio Oriente. Sarebbe un durissimo colpo all’economia globale.
L’Italia invoca la de-escalation e alza il livello d’allerta
Il nostro Paese punta su una soluzione politica.
“Lavoriamo per impedire un’escalation, non a caso abbiamo lasciato aperta la nostra ambasciata a Teheran, stiamo facendo ogni sforzo per convincere l’Iran a non decidere azioni inconsulte, come attaccare ambasciate americane – ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani – La nostra speranza è nella diplomazia».
La Farnesina ha attivato però fin da subito l’Unità di Crisi invitando i cittadini italiani in Iran, Iraq e Libano a evitare spostamenti e a registrarsi su “Dove siamo nel mondo”. E l’ambasciata italiana a Teheran ha rafforzato la sicurezza.
Anche le missioni militari italiane in Libano e Iraq sono in stato di allerta operativa.